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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/20/11 in tutte le aree
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E per concludere, tra il serio ed il faceto, tuttora i simboli di Roma hanno oltrepassato le nebbie del tempo e spesso, senza quasi che ci si renda conto di quanta Storia rappresentino e della loro grandiosità, vengono portati dai romani sui loro vessilli… Spero di non avervi annoiato... e talvolta di avervi fatto sorridere! Ciao Illyricum :) PS: gran parte del testo sulla simbologia dell'aquila è tratto da Julius Evola - Il simbolismo dell'aquila2 punti
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Ciao, l’idea per questa ricerca mi è venuta qualche giorno fa. In una zona semi-periferica di una città di mare come quella dove risiedo io, capita talvolta di udire il verso degli uccelli, in condizioni di traffico veicolare limitato. Quelli più comuni erano, fino a qualche anno fa, i versi dei gabbiani (i “cocai”,in vernacolo) ma da qualche anno si sentono più comunemente quelli delle cornacchie, introdotte per limitare le nascite dei primi, ormai urbanizzati e in incontrollato “boom demografico”. Pensando al passato, ho rivisto mentalmente la realtà portuale di 100 anni fa, e poi mi son chiesto se restasse qualche testimonianza “ornitologica” nella mia zona riferibile all’epoca romana. L’unica che mi è venuta a mente è la presenza di una stele ritrovata a Elleri, sopra Muggia, cittadina costiera a pochi chilometri da Trieste e sede di un abitato d’altura attivo fin dal Bronzo Medio. http://www.benvenuti...id=15&Itemid=10 Nel 1995 fu rinvenuta una stele mitraica raffigurante l’uccisione del toro e un banchetto con un personaggio con testa di corvo. Segnalo che si tratta del secondo Mitreo nella provincia (l’altro è ipogeo) e che nel rituale avevano parte alcuni animali e personaggi che rappresentavano anche i sette gradi degli iniziati: il corvo (corax), un essere misterioso (gryphus), il soldato (miles), il leone (leo), il persiano (perses), il messaggero del sole (heliodromos) e infine il pater. Per cui il corvo in questione è un adepta del mitraismo al livello “iniziale”. Purtroppo non ho trovato documentazioni fotografiche. Tra i Celti, il Corvo (Badb, Rocas) era trattato con rispetto. Il corvo era un auspicio di conflitto e di morte, associato alle divinità Macha, Badb, e Morrigan. La parola irlandese per il corvo è badb, che è anche il nome di una dea celtica della guerra. Il corvo era anche ritenuto abile, scaltro, e portatore di conoscenza. Insegna il valore dell’inganno quando questo è necessario. Insegna anche ad imparare dalle lezioni del passato, senza però aggrapparsi ad esso. E qui permettetemi una divagazione personale ma pensando al corvo dispensatore di sapienza ho avuto un deja vu: nei fumetti Disney della metà anni ’60 Archimede indossava il cappello pensatore… con su i corvi!!! Il volo degli uccelli aveva rilevanza nella divinazione. L’auspicio era una delle principali funzioni del collegio degli auguri, sacerdoti pubblici, incaricati di stabilire il consenso o il dissenso divino per un’azione intrapresa dallo Stato o dai suoi rappresentanti. Ma non ho trovato monete romane con iconografie connesse ai temi presentati sopra… Quindi ho ripensato ad altre specie viarie che potessero esser rappresentate a livello numismatico. E, oltre alla civetta, simbolo di Minerva, ma già abbondantemente discussa in altre sezioni (quella sulla Repubblica, se non erro…) e al pavone, del quale ricordo una discussione di qualche tempo fa nella Sezione, mi son accorto di quanto sia comune, ma spesso trascurata, l’immagine dell’aquila, collegata alla più grande divinità del Pantheon : Giove/Iupiter.1 punto
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La 2° ("a triangoli") potrebbe essere un riconio fatto nel 1957 in zecca ciao1 punto
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Posso portarvi la mia esperienza. Se ricordate bene ho fatto la razzia di tutto il giro dei 2 euro emu, la cosa è stata molto impegnativa. La razzia è iniziata a fine novembre e si è protratta fino a maggio se non ricordo male, alla fine il prezzo è stato contenuto a circa 2,60/2.70 a moneta, ma erano altri tempi. Io ho avuto la fortuna che il commerciante mi ha consegnato le monete mano a mano che venivano emesse ed ha voluto i soldi solo all'emissione dell'ultima moneta. Ora ci si mette la speculazione e come abbiamo visto ci sono state diverse sorprese quest'anno. Chi se la sente di rischiare un'operazione del genere??? Io sono certo di trovare quasi tutte le monete a prezzi non superiori ai 2,70 euro ma le incognite sono sempre le stesse, quale saranno le monete comuni e quali saranno quelle speculate???? E' veramente un'impresa difficile da affrontare Auguro quindi ad Antony di riuscire ad arrivare in fondo nel migliore dei modi.1 punto
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Augurissimi a tuttiiiiiiiiiiii. Per me tanti regali perchè sono stata un :angel: per tutto l'anno... :blum: Giò1 punto
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Salve, è stato pubblicato sulla G.U. di oggi, il decreto di emissione della moneta da 2 euro del "10° Anniversario dell'Euro " 2002-2012. Tiratura: 15.000.000 ex; Corso Legale: 2 gennaio 2012 Saluti http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2011-12-19&task=dettaglio&numgu=294&redaz=11A16240&tmstp=13243258888251 punto
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Faccio un piccolo passo indietro rispetto al cammino seguito dal discorso per puntualizzare che con il termine “ufficiale di zecca” – da me adoperato, e non solo per il caso di specie – non intendo e non va inteso il (solo) “maestro di zecca”, cioè colui che su nomina regia o pubblico appalto dirigeva la zecca, bensì il titolare di un “ufficio” della zecca; solo per citarne alcuni effettivi all'Aquila nel XV secolo: il “maestro di prova”, il “maestro del conio e delle stampe”, il “credenziere”. Validissima, quindi, appare la tesi della stellina riconducibile a colui che dirigeva l'incisione dei coni o, magari, saggiava la bontà della moneta. Data l'attribuzione alla zecca di Napoli, cui seguito a propendere per l'assenza di fonti dirette e contesti archeologici volti a testimoniare questo discusso processo di monetizzazione, ritengo utile mettere un accento su quel filo artistico-dirigenziale – in auge proprio nell'età aragonese – tessuto su binari paralleli – e a volte, addirittura, incrociati – proprio fra le zecche di Napoli e l'Aquila. La documentata mobilità delle maestranze lungo la “Via degli Abruzzi”, l'atavico asse stradale che univa la seconda città più importante del Reame alla sua capitale, sembra essere – sempre a sindacabile giudizio personale – una valida chiave di lettura per quell'alterna evoluzione-involuzione stilistica delle matrici monetarie che servirono a liberar moneta proprio nelle due zecche più fiorenti. Per quanto lo standard qualitativo delle monete aquilane, dimostrabile non ultimo dai lungimiranti tentativi – di chiara matrice politico-finanziaria, qualora si esca dalla miope veduta numismatica – di soffocare l'impulso autonomista degli Aquilani e della sua scomoda zecca civica (si ricordano, in tal senso, le fallite azioni repressive messe in atto da Ladislao d'Angiò e, a più riprese, da Ferdinando I d'Aragona, ma riuscita, invece, al governo dei Viceré nella prima età Spagnola), non giustifichi assolutamente la fraudolenta abrasione (o presunta tale) dell'aquiletta: chiara garanzia di bontà da e verso l'autorità emittente, la classe mercantile e, particolare niente affatto trascurabile, il popolino. Saluto e ringrazio gli amici intervenuti o che interverranno per compiere nuovi passi verso la ricerca della verità. A.G.1 punto
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Rispolvero questa discussione perchè mi è venuto un dubbio. ...ma sarà poi vero? In una ricerca alla caccia di immagini di monete votive, mi sono imbattuto in questa moneta di Valentiniano III, dove lo scudo, secondo la descrizione del RIC, viene sorretto oltre che dalla Vittoria, anche da un Genio. Infatti la piccola figura in basso a destra sembra proprio un piccolo Genio alato, e questo mi lascia piuttosto perplesso. Valentiniano III RIC X 2050, semisse aureo, Ravenna 455 d.C. D: DNPLAVALENTINIANVSPFAVG V: VICTORIA AVGVSTORVM , Vittoria seduta a destra ed un "piccolo Genio alato" reggono uno scudo con inscritto VOT X MVLT XX esergo COMOB, RV in campo Su questa moneta di Zeno invece, con iconografia "simile", databile al 476-491 d.C., il "Genio" non c'è sicuramente più, al suo posto si trova uno staurogramma. RIC X 913 (Zeno II regno), semisse aureo, zecca di Costantinopoli 476-491 d.C. D: DN ZENO PERP AVG V: VICTORIA AVGG, Vittoria seduta a destra regge uno scudo con inscritto VXX, in campo una stella sinistra ed uno staurogramma a destra. esergo CONOB Mi sorgono quindi alcune domande, e spero che qualcuno possa illuminarmi. Siamo in piena Cristianità ufficiale, come testimonia evidentemente l'iconografia monetale, la Croce è infatti un elemento dominante, come si nota su questa moneta di Valentiniano III: RIC X 506, solido, zecca di Costantinopoli 450-457 d.C. D: DN VALENTINIANVS PF AVG V: VICTORIA AVGGG S, Vittoria sorregge una croce di gioielli esergo CONOB quindi la figura del Genio non dovrebbe esserci. Non vorrei dire un'eresia, ma potrebbe forse rappresentare il passaggio dal Genio alato alla figura di un Angelo come lo intendiamo oggi? Altrimenti cosa potrebbe essere?1 punto
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Complimenti davvero Exergus, è un approfondimento che offre moltissimi spunti di approfondimento. Mi riallaccio quindi alla parte iniziale del tuo laovoro... Genii, Lares e Penates. C'è molta confusione circa queste figure, le loro forme, i loro ruoli e le loro funzioni spesso si intrecciano, portando ad un groviglio apparentemente difficile da sciogliere. Intendiamoci, Exergus ha affrontato il discorso in perfetta ottica "imperiale" e non è lui ad essere stato "poco chiaro". Dall'età augustea in poi, la figura del Genio aveva assunto tratti che, anche per i romani stessi, risultavano poco chiari, soprattutto se confrontati con quelli di Lari e Penati. Ma come si è arrivati a questa caotica situazione? In estrema sintesi potremmo dire che si è giunti a tanto per via: - di un'eccessiva contaminazione greca, che ha generato una sovrastruttura a tratti inadeguata al tessuto religioso romano preesistente. - del prevalere delle ideologie assolutistiche, che portarono il singolo a prevalere sugli ideali della res pubblica. Non è semplice, ma è possibile risalire alle forme ed ai concetti arcaici che hanno dato vita a Geni, Lari e Penati. Il Genio è il dio che è presente in tutto ciò che è nato e che è vivo. Il Genio è la personalità divina, è l'ego immateriale. Il Genio non può appartenere a ciò che è inanimato. La redice è gen, ma la derivazione va intesa in senso attivo o passivo? Circa questa problematica il dibattito è acceso , ma non mi dilungherei troppo sulla questione. E' generato e/o può generare solo un qualche cosa che è vivo e che è costituito non solo da carne e sangue, ma anche da un qualcosa di inspiegabilmente spirituale. Questo è il Genio originario ed appartiene solo all'uomo, non è un essere distinto da quest'ultimo ma è la sua componente intangibile. Non appartiene alle cose, non appartiene ai luoghi. Un essere umano ha un Genio, più esseri umani, uniti in collettività, danno vita ad un'entità morale comune che può farli muovere in una medesima direzione. Un'unione di uomini può quindi essere inspiegabilmente animata da un'essenza che la guida. Nasce il concetto di Genio delle entità morali (vive in quanto costituite da esseri vivi). In epoca arcaica la religione romana era aniconica (ma non per questo primitiva!), non si veneravano divinità antropomorfe, gli dei non avevano una mitologia... esistevano, si percepivano, erano quindi reali... ai romani delle origini bastava questo. E' facile intuire che a tale concetto di divinità non poteva essere associato un genio, non vi era una mitologia che ne illustrava la nascita... un uomo nasce ed è quindi generato, sia nella carne che nello spirito, un dio romano arcaico semplicemente c'è, il "da dove" e il "da quanto" non erano contemplati. Gli influssi greci portarono poi a Roma il concetto di divinità antropomorfe, il dio assume forma umana, la mitologia ne illustra la nascita, all'essenza si associa sostanza, la divinità può materializzarsi tra gli esseri umani... il distinguo tra carne e spirito può divenire proprio anche del dio... il dio ha quindi un Genio. I concetti di Genio di collettività e di Genio delle divinità appartengono però a fasi evoluzionistiche successive, a cui purtroppo non siamo in grado di dare un inquadramento cronologico preciso. E' però probabile che tali concetti siano propri del periodo tardo repubblicano, in quanto la prima iscrizione che cita un Genius Iovis ed un Genius Victoriae è del 58 a.C. (si noti che alla Vittoria si associa un Genius e non una Iuno... anche il concetto di Iuno quale "genio femminile" potrebbe quindi essere piuttosto tardo). Spendiamo ora due parole sui Penati e sui Lari. Il nome corretto dei primi non è semplicemente Penati, ma Dei Penati. Sono le divinità del penus, dispensa ma anche luogo interno ed intimo della casa ove trovano posto le immagini dei capostipiti della famiglia. Il penus è il cuore dell'abitazione. I Dii Penates sono propri della famiglia, del padrone di casa, vigilano sul benessere della dimora, proteggono padrone e parenti, sono parte dello status della famiglia. I Dii Penates non hanno caratteristiche iconografiche ben delineate e definite, sono "quelli del penus". E' la successiva fase antropomorfista che portò ciascun capo famiglia a scegliere, nel ricco phanteon, le divinità che preferiva, al fine di donare un volto ed un aspetto agli Dei Penati della propria gens. Per quanto riguarda i Lares il discorso è piuttosto semplice: c'è un lare di riferimento in ogni parte del terreno di cui l'uomo, o gruppi di uomini, o la società nel suo complesso, fanno uso durevole e regolare. Campi, strade, crocicchi, case, quartieri e anche il campo di battaglia (vedremo alla fine perchè): il Lare è sempre collegato ad un luogo conosciuto dall'uomo (ma non all'uomo in sé), in antitesi ai territori selvaggi e sconosciuti che appartengono a Fauno e a divinità non sempre ben definite. Essendo proprio del luogo e non dell'uomo, la protezione del Lare ricade su qualsiasi individuo che entri nel suo raggio d'azione, compresi schiavi e persone appartenenti ai ceti più bassi. In ambito privato il quadro è piuttosto semplice quindi. Io, uomo romano, avverto di non essere costituito solo da carne ed ossa, ho in me una componente misteriosa e divina, il Genio. Io, uomo romano, faccio parte di una famiglia ed il mio status è tale grazie ad essa e grazie ai miei antenati. Il centro del mio potere è la mia casa, il medesimo luogo dove onoro i Dii Penates, quelle divinità che hanno concesso a me ed alla mia famiglia di essere ciò che siamo. La mia casa sorge su una porzione di terreno, su quello stesso terreno ove, qui come altrove, vigilano preposte figure soprannaturali, i Lari. I problemi iniziano a sorgere quando i culti privati riferiti a tali divinità vengono adottati anche in contesto pubblico. Gli "dei troiani" (con sede a Lavinium) sono i Penati pubblici di Roma, in quanto Dei Penati della stirpe di Enea. Roma, in quanto città, sorge su una vasta porzione di territorio. Anche su tale porzione vigilano dei Lari, pubblici in questo caso. Quale entità morale, nasce anche la concezione di Genio del Popolo di Roma. Ciascuna di queste figure governava sull'Urbe, o meglio su un determinato aspetto che la caratterizzava e/o che era parte integrante della sua formazione: entità morale (Genio), entità territoriale (Lari) ed entità sociale (Penati). Tuttavia, se applicati in ambito pubblico, i tratti caratteristici di queste figure risultano piuttosto diluiti. Si consideri poi il fatto che, sempre in ambito pubblico, esistevano figure divine i cui culti, sicuramente ben radicati, meglio si adattavano alla sfera collettiva. In ambito privato poi Lari e Penati non avevano concorrenti (Vesta è "promossa" in epoca assai remota) mentre, in ambito pubblico, la piazza era decisamente più affollata (vedi, non a caso, i Dioscuri). Sono i primi passi verso la perdita di identità e verso il "caos funzionale". Durante il periodo repubblicano la figura del Genio rivestiva scarsa importanza (il Dumézil dice: "contava più la disciplina dell'anima che la sua conoscenza"), i Penati ed i Lari erano le figure più rilevanti. Sul finire della repubbica, quando i bagliori autocratici illuminavano la strada degli uomini di potere, vi è una netta inversione di tendenza, l'assolutismo politico e sociale si ripercuote sulla religione ed il Genio amplia a dismisura la propria sfera d'influenza, a discapito di Lari e Penati che, in tal modo, iniziano a perdere identità. La figura dell'Imperatore darà, per così dire, "il colpo di grazia". Padre della patria, fulcro dell'Urbe, suo sommo rappresentante e sua stessa essenza... se era così importante un uomo figuriamoci il suo Genio! Presumibilmente anche il concetto di Genius Loci nasce in tale transitoria fase, ovvero quando la funzione e l'identità dei Lari viene pressoché dimenticata. Un cittadino della Res Pubblica non sarebbe probabilmente riuscito a comprendere il concetto di Genius Loci, l'avrebbe trovato assurdo. Iane, Iuppiter, Mars pater, Quirine, Bellona, Lares, Diui Nouensiles, Di Indigetes, Diui, quorum est potestam nostrorum hostiumque, Dique Manes, uos precor ueneror, ueniam peto feroque, uti populo Romano Quiritium uim uictoriam prosperetis hostesque populi Romani Quiritium terrore formidine morteque adficiatis. Sicut uerbis nuncupaui, ita pro re publica populi Romani Quiritium, exercitu, legionibus, auxiliis populi Romani Quiritium, legiones auxiliaque hostium mecum Deis Manibus Tellurique deuoueo. Formula del rito della Devotio enos Lases iuvate enos Lases iuvate enos Lases iuvate neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber semunis alterni advocapit conctos semunis alterni advocapit conctos semunis alterni advocapit conctos enos Marmor iuvato enos Marmor iuvato enos Marmor iuvato triumpe triumpe triumpe triumpe triumpe Carmen Arvale In entrambe i casi, quando si devono chiamare in causa le divinità proprie del territorio, si invocano i Lari (Lases è la forma arcaica di Lares) non vi è traccia di alcun Genio. In tali contesti i romani erano estremamente attenti e prudenti... meglio invocare una divinità in più piuttosto che una in meno, questo era in sostanza il loro costume, ampliamente attestato e sottolineato da più fonti. Il Genius Loci rappresenta quindi una concezione piuttosto tarda ed è uno dei frutti del grandissimo cambiamento portato a compimento da Augusto, per Roma e con Roma. Ripeto, l'approfondimento di Exergus ci fornisce moltissimi spunti di discussione :)... e non dimentichiamo che il serpente è una figura decisamente polivalente ;).1 punto
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