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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/21/11 in tutte le aree
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In effetti il CNI classifica per Filippo III (1598 - 1621) le emissioni elencate nella scansione da te postata. Sulla base del CNI, l'ultimo anno di emissione per Filippo III è il 1617, ma, sempre secondo il CNI, non è stato emesso alcun quattrino con questo millesimo; nel 1618 non pare siano state emesse monete datate con il millesimo (nè quattrini nè altre tipologie), il CNI non ne riporta alcuna. Da ciò mi pare assai improbabile che il tuo esemplare sia datato 1618 e, considerato che l'ultimo anno di emissione catalogato è il 1614, direi che la tua prima conclusione è quella corretta....si tratta di un 1614. Ora verifico anche altre pubblicazioni Ciao Mario1 punto
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Ecco un A ....;......scoperto oggi in spolverendo il tireto del officio.................. ..............0,9 g ..........................URL=http://imageshack.us/photo/my-images/46/a002h.jpg/][/url] ...........à...prosima1 punto
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Entro solo adesso e noto con piacere l' interesse che l' argomento ha suscitato... per chiarire, forse non ero stato chiarissimo inizialmente, l' argomento era "Monete in tomba, rito o casualità?"... tutto il resto era una aggiunta per riassumere un po' quanto detto Sabato e portare qualche parte saliente del dibattito Io (parere personale) credo che di casualità non si possa parlare... a mio avviso la moneta è inserita volontariamente (non so se monbalda potrà chiarire meglio, specificando la posizione in cui si trovano solitamente queste monete scavando) comunque, ad esempio, la tesi di Adolfos che dice "A mio parere sono monete o moneta che hanno seguito il defunto perchè il relativo borsello era cucito ed occultato nelle sue vesti e quindi non reperito prima della sepoltura" non è sempre vero, ad esempio, per un periodo dell' età in questione, si hanno notizie di sepolti completamente nudi in cui figurano comunque monete... il movimento di terra contenente monete non viste che finisce proprio sulla sepoltura, mi pare quantomeno improbabile.... ma anche altre ipotesi sembrano spesso improbabili... Anche la tesi del rito, di per se non è qualcosa di testato (potrebbe essere forse vera ma....) per rito si intende infatti, secondo me, qualcosa che ha un significato e che viene più o meno sistematicamente ripetuto (il battesimo è un esempio di rito cristiano, poichè è sempre uguale e ripetuto ritualmente su tutti)... in sostanza, l' atto che talvolta è ancora attuale di mettere una monetina in tasca del defunto, non è definibile rito (secondo me), infatti non ha un significato vero e proprio, e poi non è qualcosa di sistematico... si mette la moneta in tasca della persona che vi era particolarmente attaccata, o che si trovava in imbarazzo a girare senza soldi, ma non è qualcosa di sistematico, per cui a tutti i defunti viene messa la moneta in tasca. io credo che si possa parlare di una via di mezzo... le parole "costume" ed "usanza" forse si avvicinano... alla morte, poteva accadere che qualcuno inserisse la moneta per vari motivi mitologici, di credenza, di superstizione, religiosi o anche di semplice rispetto per il defunto...1 punto
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Grazie Meja per gli interessanti articoli! :) La tavola a cui mi riferivo io e' proprio quella conosciuta come la tavola alimentaria di Velleia (o Veleia o Velia o Velcia come viene riportata nella letteratura anglosassone). Ho rintracciato sul sito da te segnalato archeobo.arti.beniculturali.it la descrizione del ritrovamento e la spiegazione di quanto viene riportato su questa tavola. Riporto qui i testi perche' molto interessanti. Scoperta: Nota alle fonti antiche, della città romana di Velia e del luogo ove sorgeva si era persa, nei secoli, memoria. Solo il caso volle che, nel 1747, Giuseppe Rapaccioli, Arciprete della Pieve di S. Antonino in località Macinesso, trovasse, ad ovest della chiesa, i frammenti di una grande tavola di bronzo iscritta. Ignorando il valore dell’iscrizione e nell’intento di ricavarne una buona somma di denaro, i frammenti di bronzo furono venduti, com’era usanza dell’epoca, a diverse fonderie della zona. La tavola sarebbe andata, pertanto, inesorabilmente perduta (e probabilmente fusa, secondo le notizie del tempo, per dotare la Cattedrale di Fidenza di una nuova campana) se un frammento non fosse venuto fortuitamente in mano ad uno studioso dell’epoca, il conte Roncovero, che, riconosciutane l'antichità, propose al conte Antonio Costa, Canonico della Cattedrale di Piacenza, di acquistare insieme i pezzi dispersi. Due anni dopo, gli studiosi Lodovico Muratori e Scipione Maffei pubblicarono, separatamente, l’iscrizione, riconoscendovi la Tabula Alimentaria traianea, contenente le disposizioni del prestito fondiario ipotecario voluto da Nerva e Traiano, i cui interessi venivano devoluti per il sostentamento dei fanciulli indigenti della città. Il Muratori intuì anche, dalla lettura della Tabula, che il sito della scoperta, nonché luogo beneficiato dal prestito ipotecario, doveva corrispondere a quello ove sorgeva l’antica città di Veleia. La Tabula Alimentaria: La grande tavola di bronzo (m 1,38 x 2,86) rinvenuta nel 1747 a Veleia costituisce un documento di eccezionale valore che testimonia l’istituzione per la città degli alimenta, ossia di un prestito ipotecario offerto ai proprietari fondiari della zona, i cui interessi erano destinati al mantenimento dei fanciulli e delle fanciulle indigenti. L’episodio faceva parte di una più grande operazione finanziaria, ideata dall’imperatore Nerva (96-98 d.C.) e sviluppata poi da Traiano (98-117 d.C.), che doveva contribuire a incoraggiare il sostentamento dei giovani, al fine di assicurare future generazioni di soldati e di funzionari di condizione cittadina e di nascita italica. Il tentativo era quello di arrestare la decadenza demografica ed economica dell’Italia che, all’inizio del II secolo d.C., a causa della concorrenza delle vicine province, della pressione fiscale che aumentava di pari passo con l’espandersi dell’impero e delle sempre nuove necessità di guerra, era tale da farla divenire una regione secondaria dell’impero. Spiegazione del meccanismo finanziario del prestito e della distribuzione degli interessi ai giovani di Velleia: La Tabula alimentaria contiene le disposizioni dell’imperatore (ex indulgentia optimi maximique principis) per l’istituzione di un prestito ipotecario (obligatio praedorium) concesso direttamente dal patrimonio personale dell’imperatore (il fiscus). Il prestito, probabilmente a fondo perduto, era suddiviso in due blocchi di obbligazioni, rispettivamente di 1.044.000 (tra il 106 e il 114 d.C.) e 72.000 sesterzi (del 101 d.C.). Gli interessi, calcolati nella misura del 5% annuo, erano convogliati in sede municipale e distribuiti, in contanti o in natura (frumento), a 245 figli e 34 figlie legittimi, cui si aggiungono un figlio e una figlia illegittimi. Il sussidio corrispondeva all’incirca al minimo vitale di mantenimento: i figli legittimi ricevevano ciascuno 16 sesterzi mensili, le legittime 12 sesterzi come l’unico maschio illegittimo, mentre l’unica femmina illegittima prendeva 10 sesterzi. I fanciulli dovevano essere minorenni, presumibilmente inferiori ai 18 anni se maschi e ai 14 se femmine. Quanto al prestito fondiario, di esso potevano beneficiare oltre ai proprietari veleiati anche quelli delle città vicine, Piacenza, Parma, Libarna e Lucca; la somma del prestito era distribuita in proporzione ai possedimenti. I proprietari sono elencati in oltre sei colonne, secondo uno schema regolare: per ogni obbligazione sono riportati il nome del proprietario contraente il prestito e quello dell’eventuale intermediario incaricato della dichiarazione (descriptio), la stima delle proprietà date in pegno (aestimatio) e la somma corrisposta dall’amministrazione per conto dell’Imperatore. Del terreno offerto in garanzia è indicato il nome (vocabulum) del fondo e di almeno due proprietà confinanti, l’uso del suolo, le eventuali pertinenze (fattorie, ovili, fornaci), la localizzazione topografica nel distretto (pagus) e, nel caso, nell’ambito più ristretto del vicus. La Tabula Alimentaria offre uno spaccato unico della situazione dell’Appennino piacentino agli inizi del II secolo d.C.: rivela, in particolare, la progressiva costituzione di grandi proprietà fondiarie, sebbene resistano ancora appezzamenti più piccoli e l’alta percentuale di terreni lasciati a pascolo e a bosco, a riprova della preponderanza delle attività silvo-pastorali rispetto a quelle agricole. I dati toponomastici e onomastici tradiscono, infine, il persistere delle popolazioni locali: accanto ai nomi latini figurano, infatti, cognomi quali Ligurinus e Ligus e toponimi quali Bagiennus e Statiellus (dal nome di due popolazioni liguri note dalle fonti antiche), di chiara origine ligure, nonché elementi di ascendenza celtica, come Noviodunos (dal celtico novio = nuovo e dunos = fortezza), a ricordo delle invasioni galliche.1 punto
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Dato che alcuni utenti hanno richiesto dei chiarimenti relativo all'inserimento dei ritrovamenti nei diversi osservatori vi fornisco le seguenti indicazioni : - Tutte le monete con millesimo 2011 Italiane e delle altre Zecche Europee dovrebbero essere postate esclusivamente nella discussione "Monitoraggio Ritrovamenti su base Regionale". http://www.lamoneta....base-regionale/ - Tutte le monete che hanno le caratteristiche richieste dal file di Skaterghost dovrebbero essere postate esclusivamente nella discussione "Osservatorio Rarità" http://www.lamoneta....vatorio-rarita/ - Tutte le monete rimanenti dovrebbero essere postate esclusivamente nella discussione "Osservatorio Ritrovamenti" http://www.lamoneta....o-ritrovamenti/1 punto
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Molto belle queste banconote di dollari.. Quella delle Hawaii ce l'hai? O del Puerto Rico.. :) Sul tuo sito ho visto una banconota Palestinese: quanto quota piu o meno? Complimenti per quella della Groenlandia... ;) Ma tutte queste sono presenti sul wpm?1 punto
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Il contenitore, sembra che potesse essere l'alloggiamento di una molla ,(!?) - o di un carillon??1 punto
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Dopo la moneta del bellum sociale l'Italia torna su di una moneta del periodo repubblicano in questo denario della gens Fufia Q. Fufius Calenus & Mucius Cordus. 68 a.C. AR Denario Serrato. ne l rovescio che allego si legge ITAL in monogramma a sinistra e RO a destra , CORDI in esergo, Italia e Roma si stringono la mano.1 punto
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Leggo soltanto adesso e purtroppo devo rispondere in modo "coinciso". Ma è necessario, perchè forse avendo parlato nella discussione finale in modo assai informale e costruttivo di più argomenti riguardanti le varie relazioni, si può essere ingenerata un poco di confusione tra i vari temi affrontati, che si potrebbe ripetere anche qui. In realtà il caso che io ho presentato dagli scavi di Piazza del Duomo di Pisa non entrava in merito, almeno per quanto riguardava le monete e la parte di scavo tardo-antica ed altomedievale (V-VII secolo d.C.), alla questione delle monete nei contesti tombali. Per quelle cronologie lo scavo ha restituito numerose monete, ovvero quasi 190 nummi (sui 286 totali) soprattutto di IV e V e più raramente di prima metà VI secolo rinvenuti in strati d'uso di strutture in materiale deperibile (tramezzi per dividere le grandi stanze originarie, o veri propri edifici tipo capanna, in legno e paglia etc..) ricavate sui livelli di abbandono di domus romane, databili tra fine V e fine VI secolo, o in riempimenti per il livellamento ovvero l'obliterazione di buche per palo per gli elementi portanti di queste strutture stesse e in altre buche non meglio definite quanto a funzione, nelle fasi successive di fine VI-inizi VII secolo, e così via, ma senza alcuna connotazione funeraria o cultuale. Solo nel caso di un settore di scavo (area 8000) circa 80 monete erano in buche abbastanza vicine e riempite con sedimento simile e per queste ho ipotizzato facessero parte di un ripostiglio disperso (anche per caratteristiche delle monete qui rinvenute, almeno di quelle leggibili...). Ponevo però il problema interpretativo sulle cause del mancato recupero di queste monete al momento in cui è stato prelevato il terreno per riempire le buche stesse ed anche sui possibili motivi di immobilizzazione delle numerose altre trovate negli strati d'uso o di livellamento, anche visto il numero elevato di esemplari per porzioni di scavo abbastanza ridotte (decine di nummi in in pochi metri quadrati d'uso all'interno di capanne, o in buche di 30-40 cm di diametro, etc...). Invece, quando in quest'area di lì a poco si comincia ad inumare, non abbiamo monete in tomba, tranne che in un caso (una moneta della zecca di Roma della metà del VII sec. ai lati del capo di un inumato in una tomba di epoca longobarda, ma dagli scavi del 1998, già pubblicati sulla rivista "Archeologia Medievale" del 1999), ed in generale tra pieno VII e XI secolo quasi non ci sono monete in stratigrafia, se non rari residui di età romana imperiale (quattro o cinque pezzi). Le monete ricompaiono quando questa zona è diventata l'area cimiteriale più ambita della città perchè disposta intorno alla cattedrale, ma sono monete sempre ritrovate nei riempimenti terrosi delle tombe e come singolo reperto. Tra questi ho notato però la presenza di mezzi denari di Pisa e di Lucca di XII secolo in numero leggermente superiore alla media, anche perchè in genere si trovano assai raramente. Diversa e molto interessante è stata la casistica illustrata da Angelica De Gasperi, che riguardava in effetti il tema annunciato in questo post, e sul quale magari vorrà intervenire anche Andreas, che ha presentato una relazione di analogo argomento al workshop internazionale di Roma, avendola per altro già studiata ed affrontata anche in vari scritti. Spero di essere stata chiara, altrimenti fatemi sapere (ma per una settimana ancora riuscirò ad intervenire assai di rado). Un caro saluto a tutt* MB1 punto
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Grazie Darioelle. Anche questo è un dato interessante che si riferisce naturalmente al quarto di riyal (e non al mezzo come stavamo discutendo sopra) ed è anch'esso discutibile. Il Krause 2006 riporta la tiratura di 2.500.000 pezzi e personalmente la ritengo più attendibile, visto che si accorda (fatte salve le varie semplificazioni) con quanto riportato da Eustache nel corpus di cui sopra. Ora qualcuno potrebbe dirmi che il lavoro di Eustache, del 1984, è stato superato da ulteriori ricerche. Ok, può essere. Ma può anche darsi che qualche redattore o segnalatore, armato di tutti i cataloghi-prezziario del mondo, abbia trasmesso i dati proposti da uno di questi prezziari e il Krause abbia di conseguenza corretto ciò che in realtà era esatto! Ci lamentiamo spesso degli errori del World Coins, ma teniamo conto che quando vediamo dei cambiamenti, purtroppo non è detto che siano per il meglio. In ogni caso, è bene citare sempre la fonte dei nostri dati. Per quanto riguarda l'esemplare, chiederei ne sia postato il peso, giusto per scrupolo.1 punto
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se può aiutare riporto la tiratura fornita dal Gadoury coloniale edizione 2007 : 4.319.776 pezzi coniati per il 1/2 rial 1331. Grazie DONATELLO. Può darsi che Krause abbia accolto la lezione del Gadoury, magari attraverso la segnalazione di qualche lettore. Da quanto ne so io i 4.319.776 pezzi sono stati coniati nel 1917 ovvero tra il 1335 e il 1336 Egira, alcuni con la data 1331 altri con la data 1336. Non sono noti i quantitativi esatti che riportano l'una o l'altra data. Nel 1913 invece sono stati coniati 1.503.364 pezzi (i 1.500.000 del Krause) con la data 1331. La fonte di tutto questo è il "Corpus des monnaies Alawites" di Daniel Eustache che tenderei a ritenere di gran lunga più autorevole del Gadoury o del Krause (non me ne vogliate), ma chiaramente io non sono in grado escludere che il dato proposto dallo stesso Gadoury sia frutto di ulteriori ricerche e possa essere ritenuto veritiero.1 punto
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