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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/18/11 in tutte le aree

  1. Io invece penso proprio che si dovrebbe vergognare un bel po' per il suo comportamento, sono contenta che la moneta sia falsa, ben gli sta :angry: ...e spero vivamente che il suo amico ne fosse consapevole, così avrebbe perso anche lui e non solo la moneta, che sarebbe la cosa peggiore. Fare il furbo questa volta non ti ha pagato caro Ezequel, una volta tanto c'è stata giustizia... spero ti serva da lezione. Giò
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  2. Siamo d'accordo (in realtà più sopra si parla del "fratello di un amico"), però visto che qualcuno ha parlato addirittura di "frode", allora è frode anche il comprare al mercatino la moneta che vale 100 pagandola 1? Oppure è frode solo se la si fa con un amico o conoscente e invece va tutto bene se la si fa ai danni di uno sconosciuto? Chiariamo, per me quella di Ezequel è una ragazzata, una furberia, se vogliamo essere cattivi. Ma se fatta a puro scopo di collezionismo non la vedo una cosa così da additare (più grave se l'avesse fatto con lo scopo di rivendere la moneta per lucrarci). Diciamo che se fatta ad un amico è un pò un colpo basso, ma da qui a chiamarla frode direi che ce ne passa. Certo, il termine frode è esagerato, per me non è frode se al mercatino trovo una moneta da un euro poi in realtà ne vale 100, la pago un euro, quello che mi viene chiesto, posso interpretare come frode il fatto se la moneta invece di pagarla la rubo...., oppure se punto la "pistola" al venditore e lo costringo a farmi 99 euro di sconto.... Per me non è frode se un amico-conoscente mi chiede se m'interessa una qualche moneta in suo possesso poi la valuto molto meno del suo valore, ma ovviamente, il mio amico ha riposto in me una fiducia, che non gli è stata contraccambiata..... quella di Ezequel, per me, è una ragazzata, davanti ad un facile "guadagno" non ha saputo invece interporre il rispetto per un suo conoscente, poi è anche vero che a giudicare siamo tutti bravi, ma poi bisognerebbe trovarsi nella situazione. Io mi son permesso di dare il mio parere, perchè anche a me è capitato di dover consigliare e valutare alcune monete di amici. Non tutti siamo eterni e alcuni miei "maestri" collezionisti sono passati a miglior vita. Soprattutto uno che mi ha seguito molto insieme al mio bisnonno durante i miei primi anni di collezionismo ero molto legato a costui. Purtroppo un anno fa trapassò. La famiglia composta da madre e figlio, non sapeva niente di Numismatica, non sapeva neanche cosa volesse dire Numismatica, perchè non gli interessava il collezionismo. Questi mi chiesero di dare un'occhiata alla collezione del padre (che già conoscevo in parte). Questo collezionava ori del Regno e monete del Granducato di Toscana, ebbene per gli ori, quelli si erano già rivolti a dei compra oro, ma per fortuna gli fermai in tempo, nella collezione di ori c'erano ben 2 e dico 2 5 lire del 1865 in qFDC - FDC. Gli dissi di rivolgersi ad una casa d'aste, la stessa cosa per le monete Toscane gli dissi di rivolgersi ad una casa d'aste, perchè c'erano alcune monete rare. Io avrei potuto dire benissimo che a parte gli ori non c'era niente di valore e farmi regalare o pagare a poco prezzo alcune monete rare, ma così non fu, per il semplice fatto che non tollero e non penso minimamente di prendere per il culo o truffare gente che non sa niente di Numismatica. Forse frode è una parola grossa per quello fatto da Ezequel, ma è troppo poco definirla ragazzata. Ha tentato di fare la volpe, ma come detto da Giovanna per fortuna la giustizia ha vinto alla fine.
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  3. quindi questa moneta, quella postata nella discussione è un falso del '78, e quella del 1981 cosa ha per riconoscerlo? grazie maxxi :) quella del 81 presenta un graffio obliquo sul 5 ed un altro segnetto è dietro alla bocca del delfino. Inoltre sul retro sono pressochè assenti i chiodi e le cerniere. Altro particolare da notare è la leggera differenza di materiale, hanno usato una lega diversa e il colore appare leggermente più scuro. Ai suoi tempi ha fatto vittime a non finire. Ciao.
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  4. Non per difendere Ezequel, ma non mi pare che passi poi sta gran differenza con chi al mercatino trova la moneta rara nella ciotola da 1 Euro e se la porta a casa sfruttando l'ignoranza del venditore....
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  5. Zecca di Rimini,quattrino, dovrebbe essere stato battuto sotto Sigismondo Pandolfo Malatesta,(1432 -1463), Biaggi,1359.- Ciao Borgho.
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  6. Ciao Forni. Se guardiamo il diritto dei tuoi 10 tornesi, l'esemplare di sinistra è del 1° tipo, gli altri del 2° (o se guardi il Catalogo, appartengono rispettivamente al tipo a) e b) per i restanti due). Fin qui direi che non c'è alcunché di anormale a meno della presenza del ben raro millesimo 1839 testa imberbe che, sebbene molto usurato, rimane pur sempre un'esemplare rarissimo. Le tue perplessità si addensano invece sull'aspetto dei caratteri del rovescio i quali, da quel che è possibile notare, sono tutti riconducibili alle consuete legende utilizzate fino al 1839. La posizione dell'esergo non è di per sè rappresentativa di tipologia inedita come pure le differenze rilevabili nei caratteri utilizzati per il millesimo. Guarda il posizionamento di lettere e caratteri in questi esemplari postati per avere un'idea sui rovesci del '39: caratteri pressoché uguali ma linea dell'esergo molto distante. Nel 1840 invece comparvero invece i caratteri della scritta "TORNESI" in grassetto spaziati che s'alternano con frequenza paragonabile a quelli usati precedentemente nel periodo 1839-40. Dopo il 1840 infine, troverai solo caratteri grandi e spaziati ciao. M --
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  7. Riprendo questa discussione un pò remota per aggiungere qualche piccola nota biografica sull'imperatrice Aelia Eudossia sulla quale si possono già leggere, nei precedenti scritti, degli interventi molto chiari e preziosi. Aggiungo anche il link di quest'altra discussione: dove gli amici del Forum hanno condiviso le immagini di alcune monete dell'augusta. Aelia Eudoxia era figlia del franco Bautone, magister militum dell'esercito romano d'Occidente che morì nel 388, e di una romana della quale si ignora il nome. La madre di colei che diverrà l'imperatrice consorte di Arcadio, educò la figlia secondo le tradizioni delle famiglie potenti romane; ciò non le risparmiò comunque la definizione di "barbara" da parte dei suoi innumerevoli nemici. La comparsa di Aelia sulla scena della storia avvenne alla morte dell'imperatore Teodosio I che divise l'impero ai due figli Onorio ed Arcadio. Al primo spettò il potere sulla parte Occidentale mentre al secondo quella Orientale. I due augusti erano entrambi molto giovani e, nonostante già da tempo Teodosio li avesse educati al ruolo politico che avrebbero dovuto ricoprire dopo la sua morte, le due parti dell'impero erano gestite e governate da Stilicone in Occidente e da Rufino (successivamente dall'eunuco Eutropio) in Oriente. Rufino che era molto scaltro ed intrigante, voleva approfittare del suo immenso potere e del carattere molto semplice e suggestionabile di Arcadio per dargli in moglie sua figlia, ma qui subentrò l'astutissimo eunuco Eutropio che portò con sè un ritratto di Eudoxia che mostrò al giovane imperatore e lusingò a tal punto l'avvenenza e le capacità della ragazza che Arcadio se ne innamorò e la sposò in pochissimo tempo. Eudoxia, infatti, era una donna bellissima ed estremamente astuta, determinata ed arrivista oltre che cinica. Teodosio I morì il 17 gennaio 395 ed Arcadio ed Eudoxia si sposarono il 27 aprile dello stesso anno. Con Arcadio ed Onorio la separazione tra Occidente ed Oriente divenne totale tanto che molti studiosi considerano Arcadio il primo imperatore bizantino. Tutto ciò, però, solo a livello formale in quanto sappiamo che in realtà coloro che ebbero il potere effettivo furono Eutropio ed Eudoxia. Rufino, infatti, morì nel novembre successivo al matrimonio dell'imperatore ed a lui subentrò Eutropio che aveva un occhio di riguardo per l'imperatrice. Ella, però, non aveva un grande bisogno dell'appoggio del potente ministro e cortigiano visto che con la sua incantevole bellezza e le sue doti politiche innate, manipolava il consorte a suo piacimento e lo lasciava occuparsi esclusivamente di pie pratiche ecclesiastiche. Autonomia e desiderio di potere questi che di lì a poco fecero scaturire nell'augusta il desiderio di liberarsi di Eutropio che accusò di lesa maestà e lo mandò in esilio per un giorno. Nel giorno successivo lo fece ritornare a Costantinopoli, ma solo per processarlo e mandarlo a morte. "Erodiade è di nuovo furiosa: Erodiade nuovamente bella, essa un'altra volta richiede il capo del Battista". Queste sono le parole con le quali S. Giovanni Crisostomo, arcivescovo metropolita di Costantinopoli, in una delle sue memorabili omelie attacca Eudoxia. Leggiamo negli scritti del Crisostomo di un'Eudoxia estremamente ambiziosa ed impulsiva, bellissima e crudele. Era sempre alla ricerca di ricchezze eccessive ed aveva un gusto smodato per il lusso per ottenere il quale era capace di macchiarsi di crimini ed appropriazioni indebite soprattutto ai danni dei più deboli. Divenne proverbiale la caparbietà che l'augusta dimostrò nell'intento di rubare un vigneto ad una povera vedova che non possedeva altri averi. Tra il Crisostomo ed Eudoxia non poteva correre di certo buon sangue e l'imperatrice lo condannò all'esilio. La notte successiva alla partenza dell'arcivescovo, però, Costantinopoli venne colpita da un forte terremoto e una certa attitudine alla superstizione consiglio alla donna un gesto di riconciliazione verso il sant'uomo che fece così ritorno. Armistizio che durò però ben poco visto che l'arcivescovo prese durissime posizioni verso la statua in argento sulla colonna di porfido che di sè stessa Aelia fece innalzare nei pressi della Basilica di Santa Sofia. Il Crisostomo venne, quindi, esiliato di nuovo, ma di lì a poco Eudoxia ebbe una complicazione della gestazione e morì tra atroci tormenti che ci descrive Giorgio Cedreno e che lei pensava le provenissero dalla maledizione dell'arcivescovo, era il 6 ottobre del 404. Dopo la morte di Eutropio, Eudoxia aveva saputo tenere in modo molto audace ed efficace le redini dell'impero muovendo il marito e gli alti ufficiali dello Stato secondo le sue opinioni e necessità. Seppe trarre vantaggio dagli eventi e lasciava che i suoi nemici si esponessero per poi colpirli facendo leva sulle loro responsabilità che riusciva a ribaltare facendole apparire delle colpe. Il suo governo si attenne al concetto di restaurare l'autorità imperiale nello Stato, lo spirito e la disciplina romani nell'esercito e di tenere alto il potere civile di fronte a quello religioso. L'iconografia delle monete fatte coniare da Eudossia sono principalmente quelle che possiamo vedere nella discussione già trattata ed in quella del link. Il solido che segue (RIC 14) ci riporta al Dritto la legenda AEL EVDO-XIA AVG con il busto diademato e drappeggiato dell'augusta che viene incoronata dalla mano di Dio. Al Rovescio: SALVS REI PUBLICAE e Vittoria seduta a destra su corazza mentre scrive un Cristogramma Chi-Rho su uno scudo retto da una colonna. Altro motivo differente di rovescio lo notiamo nel seguente AE3 (RIC 46) che presenta al Rovescio: GLORIA ROMANORVM e l'imperatrice seduta frontalmente sul trono con le mani giunte mentre viene incoronata dalla mano di Dio. In esergo CON. Enrico :)
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  8. Belli questi bottoni! Peccato che fanno parte di oggetti che "scompaiono" progressivamente dalla nostra vita. .... e pensare che questo "accessorio" puo' raccontare la storia sociale, culturale e di costume di una società. I primi bottoni sono nati almeno 3000 anni fa anche se l'utilizzo come elementi di fissaggio nell'abbigliamento avvenne solamente intorno al 1200, prima era usato soprattutto come ornamento ,come motivo di ostentazione, potevano indicare lo status sociale, tanto che molti nobili, se li facevano fare con pietre preziose e le donne ornavano le loro camicette con bottoni di perla. Si dice che il Papa Clemente VII (1478-1534) se li facesse fare addirittura con ceselli di Benvenuto Cellini!. I bottoni in argento o in altro materiale prezioso erano considerati anche un buon investimento economico e peraltro facile da nascondere in caso di predazioni o fughe improvvise oltre ad essere usati al posto del denaro. In molti luoghi ( es. Liguria, Alto Adige, Sicilia..) nei secoli passati,un set di bottoni in filigrana faceva sempre parte di un buon corredo o dote delle spose. La produzione di massa de questi oggetti inizio' nel XVIII - (e qui troviamo i tipi postati da Jagd -) venivano usati materiali come: ottone, metalli ferrosi placcati d'argento o d'oro, successivamente -ceramica,, conchiglie, osso,avorio, tessuto. Questo fino alla metà del secolo XX , con l'avvento della Rivoluzione Industriale l'uso del bottone costoso venne meno e si utilizza materiali comei -plastiche, celluloide,bachelite,corno, legno,vetro, gomma dura- ecc-- e dalla produzione manuale si passa alla produzione in serie. Ora si trovano quasi esclusivamente nei mercatini e sono oggetto di collezione. IN MEMORIAM !
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  9. Complimenti, Illyricum, per questo tuo lavoro estremamente utile e molto chiaro! :) Gli approfondimenti che proponi, corredati da una limpida antologia numismatica, sono estremamente fruibili ed un'ottima guida per lo studio numismatico e per la catalogazione. :good: L'iconografia del soldato romano che prende per mano un bambino tirandolo fuori da una capanna è davvero molto suggestiva. Un'ipotesi interpretativa che personalmente suggerirei prendendo però in considerazione interpretazioni iconologiche riguardanti per lo più l'Alto e Medio Impero, è quella di leggere l'intera immagine come un'allegoria dell'opera civilizzatrice di Roma che non si pone come potenza militare tesa esclusivamente alla sottomissione ed alla dominazione politica, ma anche come fonte del diritto e della civilizzazione dalla barbarie. Siamo spesso abituati a vedere la raffigurazione della Spes come una donna che reca in mano il bocciolo di un fiore ad indicare le potenzialità di quanto si auspica possa esprimersi fiorendo. L'immagine dei bambini (quando non esprimono chiaramente i "delfini" della famiglia imperiale o gli ostaggi offerti all'imperatore in gesto di sottomissione dalla personificazione di località geografiche conquistate) esprimono di solito un concetto simile a quello della Spes: il tempo ed in particolare il futuro verso il quale l'imperatore si pone in modo benevolo e paterno come dispensatore di benessere e miglioramento. Può venirci in mente quanto Augusto affermava quando proclamava di aver trovato una Roma costruita in mattoni e di averla restituita fatta di marmo. L'esercito portava nelle province città, ponti, strade, templi, teatri, cultura e diritto; proprio letteralmente tirava fuori i barbari dalle capanne per dare loro città e civiltà. La legenda stessa proclama un auspicio sotteso alla propaganda e se noi, dopo il Rinascimento, siamo abituati a vedere dipinte le stagioni in persona di allegorie adulte, mature ed in piena espressione dei loro frutti, per i romani l'allegoria prevedeva un'ottimistica aspettativa. Visto che abbiamo parlato delle emissioni di Commodo proprio in questi giorni, possiamo dare un'occhiata al seguente medaglione (Cohen 1) dove al rovescio troviamo l'allegoria di quanto la legenda esprime essere TEMPORVM FELICITAS dove troviamo quattro bambini che giocano allegramente e rappresentano le stagioni. Enrico :)
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  10. In risposta alla discussione iniziata da Fabione191 sul suo bel sesterzio di Commodo, propongo una biografia di questo imperatore che prende come particolare punto d’analisi l’identificazione che egli ha fatto di sé stesso con Ercole. Elemento, questo, che vediamo celebrato in modo sistematico sulle monete che a loro volta presentano in modo magistrale una perizia tecnica delle incisioni ed una bellezza formale indubbiamente molto preziose. Lucio Aurelio Commodo nacque a Lanuvium nel 161 ed era il primogenito dell’imperatore Marco Aurelio e dell’augusta Faustina Minore. In associazione con il padre ricevette i titoli di Imperator, Germanico, Sarmatico e nel 177 ebbe la potestà tribunizia ed il titolo di Augusto. Nel 178 sposò poi Bruttia Crispina che era nipote di un amico degli imperatori Adriano ed Antonino Pio. Nel 180, alla morte di Marco Aurelio, Commodo divenne imperatore unico ed assunse i nomi di Marco Aurelio Commodo Antonino e regnò sul trono di Roma fino al 192. Dopo un’iniziale dichiarazione in contrario, Commodo si lasciò convincere dal suo ciambellano di corte che si chiamava Saotero e che proveniva dalla Bitinia, ad abbandonare la politica di espansione territoriale che era stata portata avanti da Marco Aurelio con grande dispendio per le casse di Roma. Il nuovo imperatore concluse così un accordo con i Marcomanni e tornò improvvisamente e Roma dove proclamò di aver scoperto una congiura che vedeva coinvolti la propria sorella Annia Lucilla ed il cugino Marco Ummidio Quadrato; entrambi furono messi a morte dopo non molto tempo dopo. Insieme ai due congiunti, l’imperatore Commodo fece uccidere il marito della sorella, Tiberio Claudio Pompeiano di Antiochia, che dopo essere stato console per due volte poteva rivelarsi un pericoloso rivale al trono, ed il prefetto del pretorio Tarrutenio Paterno. L’assassinio di quest’ultimo era stato consigliato da Tigidio Perenne, prefetto e collega di Paterno, che divenne così l’unico comandante della guardia imperiale ed il più potente uomo dell’impero che l’Historia Augusta ci descrive come un despota pieno di cupidigia. Tinte severe, quelle dell’Historia Augusta, che però trovano conferme nella storia visto che Perenne, per proteggere la propria posizione, fece assassinare Saotero, lo scaltro ed intrigante ciambellano di Commodo, e pose i suoi due figli negli importantissimi comandi militari della Pannonia. Tutto questo eclatante potere, però, produsse ben presto delle reazioni di timore tanto che una delegazione dell’esercito della Britannia riferì all’Imperatore che il prefetto ambiva al trono; tarlo, questo, che colpiva nel punto debole di Commodo che subito dopo comandò alle guardie di Perenne di sopprimere il proprio capo, le di lui moglie e sorella ed i figli. Per celebrare la propria salvezza, l’imperatore assunse da quel momento il titolo di “Felice” che ritroviamo anche nelle legende di molte delle monete fatte coniare da Commodo. Un esempio può essere il seguente denario (RIC 173) che riporta al Dritto: MCOMMANTPFELAVGBRIT con il ritratto laureato dell’imperatore, rivolto a destra ed al Rovescio: IOVIVVENPMTRPXIIIICOSVPP con Giove in piedi, rivolto a sinistra, con fulmine e scettro. A sinistra un’aquila. Dietro tale congiura ai danni di Perenne c’era un liberto dell’imperatore che si chiamava Marco Aurelio Cleandro; egli divenne subito il più influente consigliere di Commodo, assunse il ruolo di una sorta di “ministro della sicurezza” ed ottenne una tale ampiezza di poteri che in poco tempo superò anche quelli che aveva avuto Perenne. Detenere tanto potere a Roma, però, non portava nulla di buono e ben presto cadrà anche Cleandro per opera del “praefectus annonae” che dapprima creò deliberatamente una scarsità di approvvigionamenti nella capitale e poi aizzò la folla e la guarnigione metropolitana facendo ricadere la colpa della carestia sul consigliere dell’imperatore che venne messo a morte nel 190 senza che Commodo facesse nulla per salvarlo. All’inizio del regno di Commodo, i Caledoni superarono il Vallo di Antonino e distrussero un contingente militare romano dilagando nella Scozia Meridionale. Commodo inviò sul luogo un ex governatore della Britannia noto per la dura disciplina che esigeva, Ulpio Marcello, che con tre campagne successive riuscì a sedare la rivolta ed a ripristinare la fortificazione. Non passò molto tempo, però, che nella provincia britannica scoppiò un ammutinamento e contemporaneamente si ebbero azioni di guerriglia anche nella Gallia ed in Spagna per iniziativa del disertore Materno. Furono, quelli, tempi difficili per l’esercito che veniva visto in tutto l’impero nelle vesti dell’oppressore e della polizia segreta dedita alla delazione. Nella stessa Roma i bruschi e mortali passaggi di potere intorno al trono crearono tra i senatori uno stato di forte nervosismo. L’imperatore, dal canto suo, istigava questo stato d’animo tra i senatori visto che si impossessava dei loro beni con veri e propri colpi di mano al fine di colmare il tesoro dello Stato che era stato svuotato dalle sue stravaganze. Commodo, infatti, dava segni di una megalomania sempre più accesa al punto da mutare il nome di Roma in “Commodiana” come se si fosse trattato di una sua colonia personale. Il medesimo nome venne conferito ad alcune legioni, ad una nuova grande flotta dislocata in Africa, alla città di Cartagine e perfino al Senato. Alla fine un nuovo prefetto del pretorio, Quinto Emilio Leto, decise che Commodo era diventato insopportabile e con lui furono d’accordo sia l’amante dell’imperatore, Marcia, che il nuovo ciambellano di corte Ecletto. Tuttavia, nel caso in cui l’esercito avesse reagito sfavorevolmente alla fine della dinastia degli Antonini, era necessario che al colpo di stato aderissero anche personaggi di primo piano dell’amministrazione provinciale. Leto era un nordafricano e trasferì poteri molto strategici ai due suoi compatrioti Settimio Severo e Leto Albino; al primo spettò il comando della Pannonia Superiore mentre al secondo quello della Britannia. Pescennio Nigro divenne invece governatore della Siria. Il piano che prendeva così forma, prevedeva che il prossimo imperatore a succedere a Commodo sarebbe stato Pertinace, allora prefetto della città. Alla fine, l’ultima notte dell’anno 192, i preparativi per l’assassinio dell’imperatore furono pronti ed un atleta di nome Narciso, con cui Commodo si esercitava nella lotta, riuscì a strangolarlo. Mentre il Senato ed il popolo esecravano la memoria dell’imperatore ucciso abbattendone le statue e cancellandone il nome dalle iscrizioni, Leto sottrasse il cadavere dalla fossa dei traditori e gli diede segreta sepoltura.
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  11. Scriveva piccolo, ma con calligrafia sempre curata, le sue perizie erano ordinate e belle da vedere. Poco tempo fa stava prendendo appunti su un foglio e con il suo piglio scherzoso disse: " a volte scrivo così piccolo che non riesco più a leggere quello che ho scritto! " e si mise a ridere con la sua compagna.... Un altra volta lo vedo con una persona che gli da delle monete da chiudere, persona che si mette ad insistere sul fatto che Bazzoni dovesse scrivere NC a tutti i costi. Lui sbotta e dice: "sulle mie perizie ci scrivo quello che voglio io! che rompi c.... che sei! tutti da me vengono!" Un vero Personaggio come altri hanno giustamente detto, unico.
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  12. Qualcuno ha chiesto aneddoti su Angelo, la domanda è veramente appropriata...lui era il re degli aneddoti. Conoscevo Angelo da circa 20 anni e mi ha sempre incantato parlare con lui proprio per la sua capacità di affascinare con tutte le piccole storie che circondano le monete, con tutti gli stralci di esistenza che lui sapeva affiancare ad ogni pezzo ed anche a ogni collezionista o amico. Era un profondo conoscitore non solo della numismatica ma anche delle passioni umane ecco perchè sapeva contestualizzare quasi tutte le monete che aveva, lui consceva i retroscena, il perchè quel pezzo era sul suo tavolo e come c'era arrivato. Era un maestro non solo per l'enormità di dati che aveva in testa ma anche e forse soprattutto perchè lui ti era amico o confidente, magari solo il tempo di una transazione, ma se volevi una delle sue monete era perchè sentivi lo slancio che anche lui aveva avuto per lo stesso pezzo. Se sono diventato numismatico lo devo anche a lui perchè mi ha sempre incoraggiato, fin da ragazzo quando gli davo del Lei e non osavo nemmeno chiedere di toccare le sue monete perchè avevo paura di disturbarlo, fu lui un giorno a dirmi di guardare, di toccare...di capire. Piano piano passammo a darci del tu e nel 2002 diventammo "colleghi", lui mi chiamava Varese poichè gli veniva più facile identificarmi con la mia città , così sapeva dove andavano le monete che mi vendeva. Quante cose mi ha insegnato, sulle monete, sulle persone, su come e quando proporre un pezzo. Un giorno d'estate io mi stavo lamentando che gli affari fossero un po' fiacchi e lui mi disse " Le monete si vendono con il cappotto! "...come per dire "E' estate, i clienti pensano alle vacanze, pensaci anche tu chè tanto l'inverno è lungo" Il sigaro...come immaginarlo senza, una volta presi da lui un 80 fiorini di Firenze chiuso in una bustina di pergamino, lo lasciai in cassetta durante l'estate...ricordo ancora la zaffata che mi investì quando aprii la cassetta al ritorno dalle vacanze. Ieri c'erano tante persone, tanti amici a rendergli l'ultimo saluto terreno, dai volti, dalle lacrime si intuivano il dolore ed il vuoto da lui lasciati, parlando con i presenti ci siamo scoperti orfani, come dei bambini ai quali nessuno più racconterà le storie della sera, ieri non c'erano monete ma tanti bei ricordi. Spero di non aver annoiato nessuno ma volevo cercare di far capire chi era Angelo Bazzoni. Un abbraccio angelo, grazie di tutto
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