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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/26/11 in tutte le aree

  1. La rappresentazione, attraverso le immagini, di nozioni o concetti necessita sempre di un’astrazione che si avvalga, in modo sintetico e nello stesso tempo chiaro, di simboli che con un’immagine possano contenere e comunicare messaggi compiuti. In quest’occasione osserviamo come gli antichi Romani rappresentavano, sulle monete, alcune Province dell’Impero, i fiumi sacri e le idee ad essi collegate. Per esprimere tali messaggi, i Romani non utilizzarono solo dei simboli, ma idearono delle vere e proprie personificazioni. L’estensione dell’Impero era davvero immensa e coinvolgeva la quasi totalità del mondo allora conosciuto. Le truppe romane si spinsero già in epoca augustea (per mezzo del governatore della Siria, Cornelio Palma) fino a quelle che diverranno con Traiano, nel 105 d. C., le province d’Arabia. L’Arabia era nell’antichità una delle più grandi zone geografiche e comprendeva i territori che si estendevano tra l’India e l’Egitto. Dopo la conquista romana essa venne divisa nominalmente in tre parti che rispondevano all’Arabia Felix, all’Arabia desertica ed a Petra o Arabia Rocciosa. L’Arabia Felix era così denominata per la sua caratteristica ricchezza d’incenso che i Romani apprezzavano in modo particolare e che nell’antichità era una resina estremamente preziosa tanto che alcune di queste essenze costavano molto più dell’oro. L’Arabia Rocciosa era la zona centrale di tutti questi territori che erano poi circondati dalla parte desertica abitata da Moabiti Edomiti, Madianiti ed Amaleciti. La rappresentazione iconografica dell’Arabia la possiamo osservare in modo esemplare nelle monete dell’Imperatore Traiano e notiamo che per tale intento viene utilizzata una personificazione della Provincia che viene resa attraverso una figura femminile che reca in mano un ramo che allude all’incenso ed una canna. I simboli che accompagnano tale personificazione e che racchiudono anch’essi l’allusione alla geografia della Provincia sono il cammello e lo struzzo. Anche l’Oriente venne rappresentato dai Romani con delle personificazioni che esprimevano in particolare l’idea che è il luogo geografico dal quale quotidianamente si vede sorgere il sole e la stessa lingua latina permetteva l’assimilazione del concetto geografico di Oriente con quello del sole. In Latino, infatti, “Oriens” non indica solo un concetto geografico, ma è anche sinonimo di “sole”. “Oriens” viene quindi espresso mediante una personificazione raffigurata mediante un giovane uomo, nudo, con la mano alzata e spesso munita di un globo ed una frusta, con la testa cinta da una corona radiata. Tale personificazione richiama ed allude chiaramente alla già consolidata raffigurazione iconografica del sole: la frusta allude al carro di Apollo, il globo all’universalità dell’astro e la corona radiata alla sua fulgida luce. Troviamo raffigurato Oriens con il solo busto, alla stregua di un romano Imperatore, come in questo aureo di Adriano (RIC 16) Un giovane con la corona radiata, il globo nella mano sinistra e la destra alzata ad indicare il movimento proprio dell’astro quando spunta dall’orizzonte come in questo antoniniano di Gordiano III (RIC 213). Un giovane che cammina indossando una corona radiata e portando in mano una frusta come in questo antoniniano di Valeriano (RIC 12). Una rappresentazione più movimentata ed aggressiva la vediamo nel seguente antoniniano di Aureliano (RIC 64) dove la raffigurazione di Oriens viene ad essere resa con la solita immagine del giovane con la corona radiata sul capo, ma è nell’atto di calpestare un prigioniero, reca in mano un arco e nell’altra un ramo dall’oro. In questo caso si viene a creare una vera e propria assimilazione tra l’immagine iconografica ed il suo significato latente con la figura dell’Imperatore. L’Oriente, inteso come luogo di cultura antica e raffinata, ha sempre affascinato l’interesse dei Romani che nel tempo hanno assorbito e raccolto molte delle grandi suggestioni dei paesi che lo compongono. Nonostante il braccio armato di Roma abbia saputo conquistare questi remoti luoghi geografici, l’immensa cultura che hanno qui trovato ha saputo conquistare a sua volta Roma. I Romani impiegavano delle personificazioni anche per raffigurare i fiumi ed in particolare troviamo espressi, in modo molto suggestivo ed artisticamente pregevole, i fiumi che nell’antichità erano investiti da una sacralità. Il primo che osserviamo è il Danubio che i Romani chiamavano anche Istro. Esso viene raffigurato come una figura maschile, barbuta e distesa sulle rocce mentre si regge con un gomito. Un panno vola sulla sua testa a simboleggiare la forza della corrente. Lo troviamo così espresso nel denario di Traiano (RIC 100) Il Danubio rappresentava, in alcune zone, il limite naturale dell’Impero. In altre si guardava al suo corso, caratterizzante una forza naturale vantaggiosa per la supremazione bellica di Roma: le sue acque impetuose venivano viste, quindi, come alleate dei Romani. Troviamo espresso tale concetto nel sesterzio di Traiano (RIC 283) dove il fiume prevarica un barbaro della Dacia. La navigabilità del fiume viene resa iconograficamente mediante la presenza della prua di una nave come in questo asse di Marco Aurelio. Anche il Tevere ed il Nilo, fiumi sacri fin dai tempi più remoti sono stati resi iconograficamente dai Romani come figure barbute, semisdraiate. Se il Tevere presenta degli attributi specifici che alludono alla sua navigabilità come il remo o la prua di nave, il Nilo presenta una cornucopia che allude alla fertilità del suo limo. Attributi comuni un po’ alla resa artistica dei fiumi sono poi la canna palustre e l’idria dalla quale fluiscono le acque. Esemplare è il denario di Adriano (RIC 310) L’autorità del fiume veniva rappresentata anche mediante la raffigurazione del ritratto che lo simboleggia come avviene regolarmente per gli imperatori. Vediamo tale esempio nella seguente tetradracma di Tito (RPC II 2466). Tale ritratto ricalcante quello dei cesari è spesso associato ad un fiore di loto e ad una cornucopia con all’interno due canne. In un aureo di Adriano (Cohen 982) il fiume è appoggiato ad una sfinge e nell’acqua si vedono un coccodrillo ed un ippopotamo. Il coccodrillo con le fauci spalancate è infatti uno dei simboli dell’Egitto. Nel sesterzio di Adriano (Cohen 110) l’Egitto lo vediamo raffigurato mediante una figura femminile che si riferisce probabilmente ad Iside. Ella regge un sistro con la mano sinistra mentre su un piedistallo ai suoi piedi si vede un ibis (sacro a Thot). Enrico :)
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  2. E un sesterzio con l' Africa. RIC 840, BMC 1708, C 144 Sestertius Obv: HADRIANVSAVGCOSIIIPP - Laureate head right. Rev: AFRICA Exe: SC - Africa reclining left wearing elephant-skin headdress, holding scorpion and cornucopia, basket of wheat ears at her feet. 134-138 (Rome).
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  3. Vuoi dire che il firmatario potrebbe essere stato colui che forniva (al monetario) il metallo per la monetazione? E se sì, con quale guadagno per lui (se le monete divenivano proprietà dell'erario) oppure per lo Stato (se invece le monete venivano restituite al fornitore del metallo)? Altra prospettiva sconcertante: senza poter collegare le monete alla sequenza dei monetari, datarle diverrebbe credo (in molti casi) impossibile!
    1 punto
  4. Eccomi qua a postare qualche foto, mi scuserete il ritardo ma ho avuto un po' di cose da sistemare in questi giorni...inizio con due foto del Salone il venerdi, come potete vedere non c'era molta gente. Una foto dello stand di Roberto Ganganelli mentre presentava la nuova rivista a due sottoscrittori dell'abbonamento, questa l'ho presa di sorpresa...ma poi...
    1 punto
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