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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/03/11 in tutte le aree

  1. Zecca di Ferrara, denaro, battuto sotto Obizzo III D'Este(1344-1352).M.I.R,217, R2.- Ciao Borgho.
    2 punti
  2. Protome di cinghiale Qui il discorso si fa molto delicato. Si tratta di un tipo non attestato in Sicilia, salvo che nella suddetta altra emissione con 3 esemplari noti. Il cinghiale esiste poi anche nelle litre di Abakainon, ma in figura intera ed eretta. Tuttavia in questa emissione si notano solo due chicchi di orzo e, come si vede meglio nell’esemplare Moltheim, le zampe non sono ripiegate ma puntano in avanti. La scelta del cinghiale e dei chicchi di orzo si può spiegare considerando che il cinghiale era associato alla dea Demetra e simboleggiava l’inverno. Poi i cinghiali erano assai numerosi nei fiorenti boschi intorno Morgantina e il lago Pergusa. Circa l’osservazione di Piakos sulla posizione delle zampe del cinghiale, essa effettivamente copia quella della protome di toro quale divinità fluviale in numerose emissioni siceliote. Ma in sé non dovrebbe stupire troppo quando una simile posizione accovacciata (quasi nuotante) appare su alcuni conii degli oboli focei, oltre alla “normale” posizione allungata. Basta confrontare i seguenti esemplari di oboli focei, emessi soprattutto verso la metà del V secolo a.C. (e siamo sempre lì): Quindi in teoria non c’è nulla di particolarmente strano che le zampe del cinghiale di BORG siano ambedue accovacciate. Semmai appare un po’ strana la lunghezza delle zampe e la piegatura un po’ forzata, ma potrebbe essere proprio dello stile dell’artista, che, come già visto a proposito del collo della ninfa, deve amare dettagli “allungati”. Una cosa interessante è che esistono lavori che attestano una presenza focea proprio a Morgantina, con rinvenimento di terrecotte provenienti direttamente dalla Focea indicando una frequentazione di coloni o commercianti provenienti da quella regione e già nota comunque per quasi tutta l’area centro-occidentale dell’isola. Di conseguenza i Siculi sicuramente conoscevano il cinghiale foceo, che potrebbe avere fornito l’ispirazione alla loro litra. Circa i chicchi di orzo, sicuramente la loro disposizione ricorda molto quella sulle monete di Leontinoi, ma non è detto che la litra debba essere stata coniata a Leontinoi, che comunque era vicinissima ai confini dell’antico regno di Ducezio e quindi le sue monete potevano essere ben note alla vicina popolazione sicula. Se l’esemplare di Nomos è autentico, dovrebbe precedere di pochissimi anni l’altra litra, quella descritta da Manganaro. Ovviamente le mie sono soprattutto "speculazioni" che partono da pochi oggettivi dati, ma che potrebbero fornire interessanti spunti per capire questa misteriosa emissione di litre, che ha già catturato l'attenzione, a quanto mi risulta, di studiosi stranieri fra i quali l'immancabile Boehringer....
    2 punti
  3. Troppo buona... A questo punto mi "costringi" :lol: a rendere pubblico quest'altro gioco con le parole (che tu hai letto in privato)... Chi frequenta il forum sa che tu sei una preziosa risorsa, sempre disponibile, con una risposta pronta per tutto e per tutti. Ah, dimenticavo, di aggiungere: che ami la poesia e le monete e che chiami "i tuoi fiori" alcuni giovani (e promettenti) utenti lamonetiani. Di conseguenza, la frase "Patrizia, detta Giovanna, fa sì che forum di esimia sapienza compaia" anagrammata opportunamente diventa... "Poesia, da giovani fiori apprezzata, che di numismatica si fa amante" Et voilà. :D
    2 punti
  4. Basta Vincenzo con queste offese che non ti fanno onore ne come persona ne tantomeno come studioso quale dici di essere. Giovanna è una persona generosa, disponibile e molto in gamba che conosciamo tutti qui sul Forum, definirla anzianotta è irrispettoso e gradirei che i curatori di questa sezione censurassero queste offese del tutto gratuite. Finiamola qua con questa setrile diatriba. Sarebbe meglio tu ci parlassi di monete e ci dispensassi il tuo pensiero in proposito non lasciandoti andare a degli sfoghi inutili per compensare chissà quali frustrazioni, prendendotela con persone che sono molto corrette e limpide nei loro comportamenti ed esternazioni.
    2 punti
  5. Io sono un bibliotecario. Tempo fa ho scoperto (leggendolo su una rivista di enigmistica) che anagrammando la parola "bibliotecario" viene fuori beato coi libri. Oggi mi sono chiesto: e anagrammando "numismatico"? Beh, incredibile a dirsi, viene fuori sta coi nummi. L'appetito vien mangiando e a me piacciono le cose difficili... :P BIBLIOTECARIO NUMISMATICO CON LENTE STUDIA MONETE IN TOMI Vi pare abbastanza difficile? Che ci crediate o no, viene fuori BEATO STA COI NUMMI! IN CONTENTI STUDI AMO' COI LIBRI LE MONETE :) Provare per credere. A voi i commenti
    1 punto
  6. VITA E IMPRESE. Salve a tutti. Seguendo le mie precedenti ricerche vorrei orientare anche questa verso la conoscenza di un usurpatore del potere imperiale su cui si sa davvero poco e, come se non bastasse, si fa molta confusione nell'identificarlo pure storicamente. Il suo nome ci è noto attraverso una sola fonte relativamente affidabile: la rinomata e più volte citata Historia Augusta, componimento storico-biografico che tratta di trenta imperatori redatto intorno al 285 - 337 d.C. da sei diversi autori, ovvero Aelio Lampridio, Aelio Sportiano, Flavio Vopisco - da tenere in considerazione ai fini della nostra ricerca insieme a T. Pollione - Giulio Capitolino, Trebellio Pollione - di cui prima - e Vulcacio Gallicano. La figura di Saturnino è stata sempre presente nella tradizione fin dall'antichità. Nonostante gli scritti antichi molti storici moderni dall'autorevole reputazione, del calibro di T. Mommsen, hanno risolutamente negato l'esistenza di questo personaggio e la sua azione politica come usurpatore. Oggi, invece, grazie alla numismatica, la testimonianza degli scrittori antichi ha avuto una conferma, se non totale, almeno parziale. Ma procediamo con ordine. Chi era Caio Giulio Saturnino? In che epoca operò? Per rispondere dobbiamo scomodare gli scrittori Vopisco e Pollione, gli unici ad aver trattato in modo un po' più particolareggiato di un certo Saturnino che per molto tempo è stato confuso con un omonimo "tiranno" vissuto al tempo dell'Imperatore Gallieno. E' interessante notare come questa confusione fosse già presente e testimoniata da Vopisco: << ...debbo puntualizzare una questione..., e cioè che certuni sono in errore ritenendo che costui sia il Saturnino che usurpò l'impero ai tempi di Gallieno, poichè si tratta di tutt'altra persona...>>. Infatti, la rivolta di Saturnino ebbe luogo in Oriente nel 280 d.C. ai danni del legittimo detentore del potere M. Aurelio Probo. Le sue origini sono incerte, così come discussa è la sua morte e controversa la sua vicenda. Secondo l'Historia Augusta egli era di origini galliche, mentre per lo storico Zosimo era un africano, un mauro. Nel 280 d.C., anno in cui Probo era in Oriente, Saturnino fu elevato al rango di Governatore della Provincia di Siria. Era, inoltre, uno dei più fidati generali e amici di Probo e costui teneva in modo particolare al suo rapporto con Saturnino che, stando alle uniche fonti che abbiamo, doveva essere sicuramente molto forte. Talmente profondo che l'imperatore, nell'affidare tale carica al suo collaboratore, gli consigliò di tenersi lontano dall'Egitto il cui popolo, adulatore e lusingatore per natura, l'avrebbe sicuramente corrotto e portato sulla strada dell'illegalità. Forse questo fatto può essere interpretato come un semplice aneddoto tramandato da una fazione favorevole all'usurpatore. Se la mettiamo su questo piano Saturnino apparirebbe, forse, ai nostri occhi meno colpevole di quanto fu veramente. Immancabilmente, egli si recò in Egitto e fu salutato subito come un imperatore dalla popolazione di Alessandria ( <<Saturnino Augusto, gli dei ti salvino!>> - Vopisco, Historia Augusta.). Anche se le fonti narrano la sua veloce ritirata dal pericoloso Egitto, è poco credibile pensare che questo personaggio possa essersi sottratto, almeno ideologicamente, ad una tale opportunità solamente per preservare un rapporto di amicizia che non poteva reggere, durante il critico III secolo, se confrontato con l'opportunità di innalzarsi al vertice del potere. In effetti, perchè il nostro Saturnino doveva accontentarsi di essere un semplice Governatore di Provincia quando aveva l'occasione di ritrovarsi al pari di Probo? Infatti, anche i soldati di stanza in Oriente erano scontenti: l'imperatore li aveva messi a lavorare ad alcune opere di ingegneria civile, come la costruzione di strade, ponti ed alloggi. Da sempre, nella storia dell'esercito romano, i legionari furono scontenti di lavorare come muratori e manovali. Si consideravano combattenti professionisti e per loro era gravemente umiliante essere declassati alla stregua di un semplice ed umile costruttore. Inevitabile, il malcontento si diffuse velocemente e, visto che Saturnino era l'autorià più importante per la regione e per lo stesso Probo, decisero di favorire la popolazione egiziana e rivestire un Saturnino fatalmente indeciso e insicuro <<di una veste di porpora di foggia femminile tolta da una statua di Venere, ricevendo i loro atti di sottomissione>>. La macchina dell'usurpazione era ormai avviata e non si poteva più tornare indietro. Pare che Probo fosse ancora in Oriente quando, nel 280, Saturnino ricevette l'acclamazione imperatoriale. Ed è quasta, almeno dal mio punto di vista, una strana cosa, in quanto chi mai si farebbe fautore di un atto così gravoso e pieno di pericoli come questo con un avversario ancora vicino e in piena forza? Forse, ciò può farci capire quanto fosse forte l'indecisione di Saturnino e la sua fiacca reazione ad eventi che probabilmente non si aspettava di fronteggiare. Ben presto se ne sarebbe pentito: 1) Pollione così riferisce le parole di rimpianto da lui pronunciate in questo frangete:<< Hai perso un comandante utile e guadagnato un imperatore miserabile>>. 2) Allo stesso modo Vopisco:<<Egli piangeva esclamando: "Lo Stato ha perduto, se posso parlare senza presunzione, un uomo prezioso. Io ho senza dubbio ristabilito l'ordine nelle Gallie, ho riconquistato l'Africa caduta in potere dei Mauri, ho pacificato le Spagne. Ma a che giova? Una volta che mi sono arrogato la dignità imperiale è stato cancellato" >>. Saturnino era molto sconfortato: le cose non andavano come lui avrebbe voluto. Perennemente indeciso e di debole personalità fu triste nel confermare che il potere era ben misera cosa, solamente un tormento e non un beneficio. Bisognava guardarsi le spalle, occorreva stare attento a ciò che mangiava durante i banchetti (rischio di avvelenamento) e non poteva fidarsi di nessuno, nemmeno delle sue guardie del corpo che avrebbero dovuto proteggerlo (rischio di rimanere vittima di una congiura di palazzo). Personaggio colto, Saturnino aveva accuratamente seguito corsi di retorica prima in Africa e poi a Roma, dove si inserì anche in alcuni circoli culturali. Si tramanda, quindi, la sua abilità nel discorrere e di arringare l'uditorio. Peccato che queste sue doti retoriche furono accompagnate da un senso di scoramento che lo portò all'isolamento e, di seguito, alla sconfitta. Probo, infatti, tentò più volte di riavvicinarlo alla sua causa, dato che era, come si è detto, un buon generale e un amico fidato. Secondo alcuni studiosi, arrivò persino a coniare un aureo pesante ad Antiochia con al R/ la Vittoria in biga trionfante (RIC 919), che recava la legenda VICTORIAE AVGG: l'altro Augusto sarebbe Saturnino, indicato come tale in un ultimo disperato tentativo di riconciliazione. Che puntualmente fallì. La morte di Saturnino rimane ancora avvolta nel dubbio, ma la teoria più accreditata (e testimoniata anche da Vopisco) afferma che questo usurpatore si rifugiò nella fortezza di Apamea dove, assediato dalle truppe che Probo si vide costretto a inviare per sedare la rivolta, pare che fu strangolato dai suoi stessi soldati che poco tempo prima l'avevano scelto e sostenuto. Si conclude ancora una volta nel sangue la vicenda di un altro oscuro ribelle, dai tratti poco chiari e non ben definiti, amico-nemico di un imperatore legittimo.
    1 punto
  7. Noto con piacere che la discussione si arricchisce di nuovi spunti. Passo a commentare le note di Teofrasto che ringrazio per le utili riflessioni. 1. Certamente vi è una profonda differenziazione tra il ritratto dei grossi e quello dei denari in mistura peridionali. Nei primi il ritratto pur se con differenziazioni anche qui di stile, purtroppo non sufficientemente apprezzabili nel modesto esemplare del catalogo de Lamoneta, appare assai lineare, quasi bidimensionale; nel grosso viè una ricerca di spazialità e prospettiva, la tridimensionalità richiamata dal collega Teofrasto Come evidenziavo con tutta probabilità si tratta di artisti diversi (un mezzo grammo i più e una lega di buon argento non fanno il miracolo se dietro non vi è una mano d'incisore). Resta il dubbio sul perche , considerandola come emissione settentrionale, non si fosse ricorso al modello già ampiamente sperimentato e di successo perseguito con l'iconografia dei grossi di Bergamo e Como, ove tra l'altro la ricerca volumetrica del ritratto, che non può definirsi proto-rinascimentale, bensi ancora di stampo convenzionale (al pari degli augustali) vine portata a livelli assai più avanzati che nel ritratto del nsotro grosso. Resta il fatto che tipologicamnete parlando il grosso in questione richiama certamente più i tipi dei denari in mistura delle zecche meridionali che i grossi di Como o Bergamo assai differenti per stile e resa del ritratto nonche per i tipi della legenda. Per la legenda noto che i caratteri sono goticheggianti (ma ben diversi da quelli usati per i grossi di bergamo e como che presentano caratteri più piccoli e di diversa impostazione. Un confronto più puntuale andrebbe fatto con le legende evocate da Teofrasto per i grossi dell'Emilia. 2. Non è il solo Travaglini (1974) a presupporre un'origine meridionale del pezzo. Già il Muratori, uno dei primi commentatori delle monete "italiche" , nel 1750 aveva opinato per una zecca meridionale pur lasciando apeta anche l'ipotesi per una produzione settentrionale. Il Lopez nel 1869 fa sue le convinzioni del Muratori, successivamente il celebre trattato di Engel e Serrure conferma l'ipotesi di un'origine meridionale. I due Sambon Arturo e Giulio scelgono, dubitativamente , una provenienza settentrionale. Il Re VE III non classifica tali monete e le cnsidera incerte (tuttavia come sappiamo il XXI volume dedicato alla Sicilia non venne mai terminato e quindi è forse possibile che il compilatore del Corpus avesse accolto una provenienza di zecca siciliana). Spahr e Kowalski non accolsero l'ipotesi di una zecca meridionale. Mi manca il riferimento di Grierson in queso momento (la sua raccolta oggi a Cambridge includeva un esemplare della rara moneta) ma credo non sia stato incluso nel vol. XIV del MEC e quindi non attribuito ad una zecca meridionale. 3. Rilevo che la legenda del grosso è molto simile a quella dell'augustale : FRIDERICVS / IMP ROM CESAR AUG con l'importante differenza del numerale menzionato nel grosso. Ricordo che l'augustale era una moneta prettamente meridionale. Noto altresi che un grosso di Como riporta il nome Fredericvs ma senza specificare il numerale e altrettanto i grossi di Bergamo. 4. l'ipotesi di coniazione "dimostrativa", non l'ho riportato nel mio post precedente, non è mia ma della Travaini (RASMI, Notizie dal Chiostro maggiore etc. anno 1989 fasc. 43-44). Inoltre noto una forte differenza tra i cosiddetti "vittorini" scodellati descritti nell'articolo di Bazzini-Ottenio (RIN 2002) e il grosso in questione. Infine il denaro riportato alla fig. 28 di tale articolo (del peso di 0.86gr. non può definirsi grosso) pur presentando una raffigurazione molto simile a quella del grosso di questa discussione, presenta una forma scodellata (il grosso è invece decisamente "piano") e una legenda al rovescio disposta nel campo invece della cosnueta croce. Posto che questo pezzo sia stilisticamente interessante e simile ai grossi piani, restano ancora diversi interrogativi per una determinazione finale in favore della zecca emiliana , come pure per un'origine meridionale del pezzo in questione
    1 punto
  8. LITRA DI BORG (?) Ringrazio Piakos per avere speso interessanti considerazioni su questa misteriosa litra proposta nella prossima asta Nomos. Tuttavia mi sembra utile ritornare ed esaminare in una logica sequenza i vari e complessi aspetti. Autenticità della litra Naturalmente il primo punto è di assicurarsi che sia un esemplare autentico e non falso (se è falso diventa inutile discutere sopra). Naturalmente per sincerarsi è necessario un esame visivo diretto. Tuttavia dalla foto digitale, di sufficiente qualità, non ho notato i tipici “stilemi” e dettagli dei soliti numerosi falsi moderni dei frazionali sicelioti. La coniatura appare netta e il metallo non risulta poroso, ma di buona qualità. Sul diritto è presente una corrosione che appare essere naturale e difficilmente riproducibile. Noto soltanto che è molto elevata la pressione esercitata al conio di martello, con conseguente piccola rottura a un bordo, che potrebbe essere sia naturale che conseguente a una moderna pressa meccanica. Mi disturba un po’ il bordo del diritto, che dovrebbe essere perlinato, ma risulta un po’ irregolare, benché questo possa essere conseguente a un lieve scivolo del conio di incudine (quello con la testa di ninfa), dimostrato anche dal doppio contorno del mento. Alcune perplessità suscita la particolare posizione delle zampe del cinghiale, come giustamente evidenziato da Piakos (se ne riparlerà dopo). Ho anche chiesto ad Alan Walker, responsabile di Nomos e persona molto gentile e disponibile nonché discreto conoscitore di monete antiche, sulla provenienza, anche se è un argomento molto “scottante”. Mi ha risposto che proveniva da una nota collezione inglese già da alcuni anni, ma non aveva ancora informazioni sulla precisa origine. Al momento quindi prevale l’ipotesi che la moneta sia autentica, seppure non ancora con assoluta certezza e anzi permangono alcuni dubbi. Leggenda dell’etnico A una maggiore rilettura e anche Walker lo ha riconosciuto, l’ultima lettera, quella vicino alla nuca della ninfa, sembra essere più un gamma rovesciato in forma arcuata arcaica (una C invertita) che una O. Quindi la leggenda corretta dovrebbe essere BORG (anziché BORO). In ogni caso non è una parola greca, ma potrebbe essere un termine indigeno reso con caratteri greci, cosa non inverosimile se a curare l’emissione dia stata una comunità indigena dell’interno dell’isola, dei Siculi, che pare siano una stirpe indoeuropea molto affine agli Italici dell’Italia centromeridionale. Sorge quindi un grosso problema linguistico, e si dovrebbe sentire un esperto linguista degli antichi dialetti in Sicilia. Spontaneamente il termine BORG fa pensare al nostro BORGO (in origine “castello fortificato”), che però è una parola derivante dal tedesco medievale BURGZ (= città), a sua volta derivante dal proto-indoeuropeo B’ERG (= forte), che poi ha dato origine a diverse parole simili specie nel nordeuropa (come il danese BJERG = montagna). Comunque a Malta fin dal XX secolo a.C. esisteva il noto sito archeologico denominato BORG-IN-NADUR. Sul noto atlante Barrington non esistono in Sicilia nomi che iniziano o comprendono tale termine, per cui si tratta di una parola comunque inedita e forse di origine indigena. Dal punto di vista dell’assonanza mi colpisce molto la somiglianza col nome del lago di Pergusa (in provincia di Enna), famoso fin dalla notte dei tempi e legato al mito di Persefone. Ella era figlia di Demetra e proprio qui fu rapita dal dio degli inferi, Ade, e fatta sua sposa. Non si conosce l’origine etimologica del nome Pergusa, che comunque fu molto antica. Se si sostituisce il fonema labiale P con la simile B otteniamo la stessa radice della parola trovata su questa litra. Dalla grafia arcaica della leggenda risaliamo facilmente al tempo del regno di Ducezio (460-450 a.C.), che comprendeva anche questo lago, che anzi divenne importante centro di culto. Ducezio era un greco, ma conquistò l’animo dei Siculi fino a diventare loro re e risaltò molto la cultura indigena ed elesse a capitale Paliké, che stava vicino all’attuale Palagonia (a 25 km a ovest di Leontinoi). Sempre sotto Ducezio, la vicina città di Morgantina (a meno di 30 km dal lago di Pergusa e a metà strada tra questo e Palikè), che stava sulla parte più alta dell’altopiano, Cittadella, fu distrutta (Diodoro 11, 78, 5) per essere poi riedificata più grande e popolosa nella vicina Serra Orlando. Tra queste due località, proprio al centro della collina di Morgantina, nell’attuale località San Francesco Bisconti, fu costruito fin dalla fine del VI secolo a.C, un importantissimo tempio dedicato a Demetra e Persefone, molto frequentato fino alla fine del III secolo a.C. (un sito purtroppo deturpato dalle continue razzie di tombaroli). Per le ragioni che saranno meglio spiegate in seguito, è possibile che la litra provenga da tale zona o verso la fine del regno di Ducezio o poco dopo, quando Morgantina riacquisto una propria indipendenza. Noto che la sillaba BO, comunque poco diffusa nell’etimologia greco-siceliota, si ritrova nella parola ALBOS che si ritrova su un hexas di bronzo di Morgantina (= Calciati 7), anch’essa etimologicamente sconosciuta e che è considerata essere il nome greco del fiume Gornalunga, che nasce nel vicino monte Rossomanno e che sfociava, fino al XVII secolo, nel Golfo di Catania (ora sbocca nel fiume Simeto a pochi km dal mare), e che anticamente era navigabile e quindi sfruttato dai coloni calcidesi per penetrare fino a Morgantina. Testa di ninfa La testa di ninfa, che potrebbe essere quella legata alle acque del lago di Pergusa (come di tante altre località ricche di acque o fonti come Aretusa di Siracusa e Himera dell’omonima città), presenta alcune affinità con didrammi di Erice e Segesta risalenti circa al 450-440 .C.: Interessante e peculiare è la forma della collana, che reca di fronte un gioiello. Lo stile e la notevole lunghezza del collo della ninfa appaiono particolari e forse riconducibili a un incisore indigeno, anche se vanno attentamente valutati. 1 Imhoof-Blumer 1886, tav. 6, n. 7 = Ex coll. Walcher von Moltheim 486 g. 0,82 (attribuito prima a Himera, poi a Nakona) 2 Private coll. (da Manganaro 1999, tav. 23, n. 29) g. 0,615 (attribuito a Morgantina, con lettura retrograda MORCAN) 3 Coll. Cammarata (citato da Manganaro e non illustrato) g. ? (attribuito a Morgantina ?) E’ importante ritornare soprattutto sull’esemplare Manganaro, che è l’unico un poco leggibile e che presenta molte affinità con la testa della ninfa di Nomos, pur non essendo dello stesso conio. Il Manganaro ha letto, non si comprende con quale fondamento, la leggenda MORCAN. Ho provato a ricalcare le lettere visibili, ricostruendo là dove possibile e viene fuori la seguente figura: Quindi esisterebbe comunque una lettera B seguita da O e forse anche da R. La B appare meno arcaica e con linee più curve, mentre la lettera R conserva la gambetta (rho arcaica), che perderà poi per diventare una P durante la seconda metà del V secolo a.C., prima a Siracusa e poi alla fine ad Akragas. Osservate come esiste anche qui il gioiello davanti alla collana. Quindi esisterebbe comunque una emissione con un nome inedito. Forse esiste una lettera (M ?) davanti alla fronte della ninfa, ma non è possibile esserne certi. (continua)
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  9. Questo è il 1649 del Moushmov ( Var. 1 come la tua) Odessos Moushmov 1649.1 \/ Text</B> </B>
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  10. Il foro centrale è un cosiddetto "centration dimple", frequente nelle monete della regione (ma anche nell'Egitto dei Tolomei) sulla cui natura si dibatte. Se ne parla diffusamente in questa discussione:
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  11. L'unico di un certo interesse è il primo, quello da 50.000 serie Q/P. Considerato NC può valere una ventina di euro, ed è del 1984 (ma entrato in circolazione nell'86). Gli altri sono comunissimi, valore da 1 a 5 euro. Serie AC a termine è del 1986 Serie N del 1976 Serie L del 1970 petronius :)
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  12. Al di là dei numerosi trafugamenti perpetrati dalla soldataglie napoleoniche, vanno sottolineati i danni inenarrabili compiuti dai napoleonici stessi. Tanto per rimanere a Mantova, pazienza se per visitare la Madonna della Vittoria del Mantegna debba recarmi al Louvre invece che osservarla nel mio capoluogo (e questo solo perchè di formato troppo grande per essere restituita... sic), ma che dire della Pala della Trinità del Rubens, orrendamente fatta a pezzi per poter essere trasportabile, della quale a Mantova rimane solo il pezzo centrale, mentre quelli laterali si trovano disseminati in altre parte di Europa, e alcuni altri sono addirittura irrintracciabili? Ci si può addentrare a oltranza, e forse anche sicuramente a ragione, in discussioni di questo tipo. Però attenzione che portando tali ragionamenti all'eccesso occorrerebbe riconoscere di dover restituire alla Grecia ad esempio, da parte nostra innumerevoli opere presenti sul nostro territorio, e anche gran parte delle raccolte del museo egizio ? Tale discorso portato all'eccesso mirerebbe all'instaurazione di un'autarchia artistica che avrebbe ben poche probabilità di venire mai realizzata e che probabilmente avrebbe anche conseguenze nefaste sulla circolazione di stimoli artistici e visuali. Pensiamo infatti a quanti artisti sono stati ispirati vedendo capolavori di altri artisti di altri Paesi di altre culture. Se nessuna opera potesse uscire dai propri confini si perderebbe una grandissima parte di questi scambi intellettuali e la cultura stessa ne risulterebbe impoverita.
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  13. La conservazione della seconda è chiaramente migliore della prima. Ma a mio avviso hai fatto benissimo a prenderle entrambe. Complimenti, non se ne vedono tutti i giorni in questa conservazione.
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  14. La litra di boro. Premettendo che ogni oggetto deve essere studiato ictu oculi, è tuttavia possibile rappresentare un'analisi basata sulla coerenza iconografica dell'oggetto stesso. E' utile premettere che, nel mondo greco antico, la razionalità e la logica regnavano sovrane nell'arte e nella riproduzione della realtà: dando luogo a rappresentazioni coerenti. Poi...per avventura, è sempre possibile che un oggetto originale possa uscire dai canoni...pensiamo alle gambe accavallate della suonatrice di flauto nel trono Ludovisi...posa che in un gruppo scultoreo attinente al sacro non dovrebbe trovare luogo. Ma sono casi difficili. Il grande e compianto Federico Zeri ha sempre obiettato sull'originalità di quel pezzo di scultura. Allora, torniamo alla nostra litra e vediamo un po': - considerazione sull'etnico: in genere boro è un termine moderno per indicare, con linguaggio snob, il burino...il coattone insomma. - Considerazione stilistica: avete mai visto nel modo plastico ed iconografico greco un cinghiale rampante con una delle zampe completamente reclinata all'indietro? Ma che è!? Acheloo? E' una raffigurazione priva di senso alcuno, almeno, ma non solo, per un fondamentale motivo: l'mmagine del toro androposopo che sgambetta con le zampe anteriori una delle quali è fortemente reclinata, viene comunemente intesa e riconosciuta come divinità fluviale, vuole significare Acheloo che nuota nella corrente. Rapportare la tipologia della divinità fluviale a questa con il cinghiale sembrerebbe una mera copiatura. Avete mai visto un cinghiale nuotare (?) comunemente o per rappresentare se stesso. Il cinghiale, nel mondo antico, non appartiene alla magia del fiume...ma a quello delle quercete. Infatti l'esemplare di Phokis sopra postato almeno ha due foglioline con probabile piccola ghianda che sono coerenti nell'immagine. Riguardo a queste frazioni Focee evidenzio che molte raffigurano il cinghiale con un solo arto disteso in avanti. Solo in alcune si nota anche l'altra zampa reclinata ma è probabile che trattasi di un mero accorgimento figurativo senza valenza simbolica...anche in ragione della curvatura del tondello e delle ridotte dimensioni monetali. Il cinghiale se ne sta nel folto del bosco a grufare,limitaneo a volte all'allevamento dei suini...come nelle piccole monete (litre) di Abaceno. Posto iconografie del cinghiale scolpite su marmo: la caccia al cinghiale caledonio. La seconda è un tondo adrianeo riusato nell'arco di costantino. Poi, in altre monete c'è il cavallo rampante...che si impenna! Il cinghiale e i suini si impennano? No! Uno dice: caro Piakos, i cinghiali caricano chi li disturba...avanzando velocemente. Appunto...una mente moderna potrebbe trasporre lo sgambettamento di Acheloo o del cavallo che in molte monete antiche si impenna: con la corsa. Non è così...il mondo greco antico è logico e concettuale. Una raffigurazione è come una foto, riprende il soggetto in un momento topico. Il cinghiale pascola e grufa nel bosco e nelle radure...non assale...non caccia. La carica è solamente un incidente per difendere il territorio. La zampa può forse essere un po' reclinata all'indietro ne gesto di spostare zolle di terra...ma non del tutto piegata come nella monetina in esame. - Per quanto concerne i chicchi d'orzo unica spiegazione potrebbe essere lo scempio che i cinghiali arrecavano nei campi carichi di spighe. Non si rinviene però il collegamento con la raffigurazione del diritto. La mietitura nel mondo antico è spesso rapportata al capro (espiatorio...) in una metafora che si perde nella notte dei tempi e che, nel mondo greco arcaico (specificamente dorico) è collegata ad Apollo (cornupeta). Sussistono ancora oggi in Calabria retaggi di tale rito espiatorio: un uomo si finge il capro e i mietitori lo circondano mentre recidono le messi, sino a mimarne l'uccisione. Si vuole così offrire un tributo alla terra a cui le messi vengono tolte...affinchè permetta nuovi e ricchi raccolti. Nella moneta in esame non trovo coerenza per tale antichissimo rito e se dobbiamo trarre elementi per individuare la città che potrebbe aver coniato: si tratterebbe di un sito limitaneo sia ai boschi di quercia che alle ampie distese di messi. Solitamente, nella Sicilia antica, Uno dei due luoghi escludeva l'altro. EPILOGO Alcune regioni del Mediterraneo sono delle terre cariche di storia, popolose e popolate ancora oggi da persone in gamba, dotate artigianalmente e svelte d'ingegno che hanno capacità rappresentative e molta fantasia. Probabilmente manca qualche lettura in più e maggiore rigore...dopodichè il gioco potrebbe essere perfetto. P.S. Si coglie umilmente l'occasione per invitare cortesemente a citare come fonte questa discussione nel caso che - come già accaduto - idee esposte in questa sede dovessero essere riprese in altriu contesti o pubblicazioni. Se del caso...si ringrazia anticipatamente.
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  15. La domanda è stata rivolta in modo corretto, se collezioni le Palermitane forse capirai meglio.... Il valore per un grandissimo collezionista come Augusto e palese...
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  16. paradossalmente un giovane che è COSTRETTO a studiare contro voglia 25 pagine di storia a lezione (di cui poi dopo un mese non ricorderà una lettera) Ciao Magdi, secondo me il problema stà nel come lo si insegna la storia. Ci sono dei sistemi che mettendo curiosità ai ragazzi, fanno in modo di interessarli. Stà dunque agli insegnanti... e non solo. Ti faccio un esempio di qualche anno fà. Mia figlia frequentava la quinta elementare, le maestre invitarono tutti i genitori ad andare un giorno a scuola uno per volta, e tenere una lezione sul lavoro da loro svolto. C'era una dentista, mamma di Elisa, che spiegò tutto sull'igiene dentale, un mio amico, papà di Riccardo che era agronomo, che spiegò tutto sugli insetti, ecc. ecc. Io che di lavoro faccio l'autista, mi chiesi, che gli spiego...i segnali stradali? Allora mi venne un'idea, perchè non parlare di storia attraverso le monete? Fu un successo, i ragazzi mi fecero una montagna di domande su quei tondelli veri che si passavano di mano in mano. Impararono la storia di città ormai scomparse, di imperatori che nominavano console...un cavallo! Impararono aneddoti che mai nessuno gli avrebbe detto. Anche le maestre rimasero stupite di quanto poteva "parlare" una così piccola moneta antica, e fui ricoperto di complimenti. La foto che fu fatta per l'occasione andò a finire anche su un giornale. Quello che più mi ha fatto piacere e che qualcuno di quei ragazzi, da quel giorno, a detta di mia figlia, iniziò a collezionare monete.
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