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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/12/11 in tutte le aree
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Licinio I, dalla spezzatura della legenda e da quella P (?) che vedo in campo a sx dovrebbe essere questa: RIC VII Ticinum 70, seconda officina, 317-318 d.C. D: IMPLICINIVSPFAVG, testa laureata a destra V: IOVICONS - E - RVATORI, Giove stante a sinistra con fascio di fulmini e scettro Esergo: S T P in campo a sinistra Rarità del RIC: R4 Ciao, Exergus1 punto
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Credi che cominciare con un "buongiorno" o un "salve" farebbe offendere qualcuno? http://www.lamoneta.it/topic/2550-come-richiedere-una-identificazione/ Exergus p.s. Immagino che la tua tastiera sia priva di C e di H ...1 punto
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Ti indico quattro titoli a mi avviso tutti validi; non costano molto ed è facile reperirli. Catalli Fiorenzo, (2003), Numismatica greca e romana, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Belloni Gian Guido, (2002), La moneta romana: società, politica, cultura, Carocci Editore, Roma Savio Adriano, (2001), Monete Romane, Jouvence Editore, Roma Grierson Philip, (1984), Introduzione alla Numismatica, Jouvence Editore, Roma Il primo ed il secondo titolo potrebbero bastare; indicano un pò tutto quello che è trattato anche negli altri due.1 punto
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Ciao Afranio :) I cataloghi Alfa, come probabilmente avrai avuto modo di osservare sfogliandoli, hanno il vantaggio di essere utili per avere un'idea di base sulla numismatica antica, ma come struttura e contenuti non sono un ausilio sufficiente per addentrarsi nello specifico di questo tipo di studio che necessita di approfondire le varie tipologie di conio, la comprensione delle legende che permettono la datazione delle monete e vari altri aspetti che sono contenuti, invece, nei testi classici come il RIC, il Cohen ed il Banti-Simonetti per le monete fino a Nerone incluso. Il mio consiglio del tutto personalissimo, quindi, è di orientarsi all'impiego e quindi all'eventuale acquisto dei testi classici dopo aver individuato un ambito ben definito su cui concentrarsi. L'acquisto delle intere opere e di tutti i volumi di cui sono composte è poi una possibilità di grande pregio, ma abbastanza onerosa ed in questo vale la possibilità di orientarsi in piena libertà in base alle possibilità personali. Come inizio per trattare il collezionismo numismatico, poi, non è da sottovalutare la possibilità di orientarsi all'acquisto di testi generali che trattano della materia da un punto di vista specifico le tecniche di coniazione, le riforme monetarie, gli aspetti stilistici, etc. Sono aspetti, questi, che hanno un'importanza fondamentale per addentrarsi nella comprensione della materia, dei falsi e di tutto ciò che poi risulta essere la base su cui fondare la propria competenza. Enrico1 punto
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penso che sia quello che resta di un 2 centesimi francese di napoleone III... http://numismatica-francese.simone-numismatica-e-storia.lamoneta.it/moneta/FR-13/10 controlla....1 punto
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Le perle sono un'altra "mania" degli antichi e sono ricche di rimandi simbolici. Per Plinio il Vecchio, la perla è la prima e più preziosa di tutte le cose. Riferisce che le più pregiate provengono dall'India e dal Mar Rosso; la loro dimensione ed il loro colore dipenderebbero dalla rugiada che entra nella conchiglia e dalle condizioni del tempo. Nell'antichità si riteneva, infatti, che la perla veniva a prodursi quando l'ostrica, nelle prime ore del mattino, emergeva dal mare per aprire le valve ed assorbire così la rugiada celeste, i raggi del sole, della luna e delle stelle. La perla veniva a formarsi, quindi, alla luce degli astri superiori. Plinio, Tacito, Ammiano Marcellino, Eliano e Svetonio ricordano la corazza fatta di perle che Giulio Cesare dedicò a Venere Genitrice. Lollia Paolina invece, la moglie di Caligola, amava acconciarsi di gioielli fatti di smeraldi e perle, alternati. Cleopatra possedeva le due perle più grandi che mai si fossero vedute e ne fece sciogliere una in un vaso d'aceto per poterla bere durante una cena e vincere una scommessa fatta con Antonio. A detta di Plino, Cleopatra ha speso 10 milioni di sesterzi solo per quella cena. Una delle due perle si salvò dalle follie di Cleopatra e finì tagliata in due metà ad ornare le orecchie dell'effigie di Venere nel Pantheon a Roma. La perla quindi è la cosa più preziosa e come tale possiede la dignità sufficiente per ornare l'imperatore, essa è poi simbolo non solo di preziosità, virtù e purezza, ma anche di perfezione grazie alla sua forma sferica e di potere visto che gli antichi ritenevano che le perle non si formassero solo con la rugiada ed i raggi dei luminari del cielo, ma anche dai fulmini che venivano racchiusi nella conchiglia qualora essa veniva ad essere colpita quando risaliva dal mare. In particolare nella cultura bizantina, scrive Paolo Silenziario che le perle hanno i poteri della seduzione e del ringiovanimento.1 punto
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E' esatto dire che i Regni romano-barbarici propriamente detti sorsero nel V secolo d.C., cioè dopo la definitiva caduta dell'Impero Romano d'Occidente e più precisamente tra il 476 e il 500 d.C. (Fa eccezione la Britannia che venne abbandonata dai legionari romani nel 407 per accorrere in aiuto delle città del continente). Le imitative vengono definite barbariche perchè, ovviamente prodotte da zecche non ufficiali. Dal 260 fino al tardo 274 d.C. la Gallia e la Britannia formavano un un regno secessionista distaccato dal governo centrale di Roma. Aveva delle zecche proprie e un governo che faceva capo ai vari usurpatori che in questo periodo di tempo avevano preso il potere, a partire da Postumo fino a Tetrico II e alla rivolta di Faustino. Questa parentesi di autonomia territoriale, politica ed economica giovò alla fioritura, oltre che di monete ufficiali, anche di imitazioni emesse da zecche non autorizzate, incise da artigiani che potevano avere delle abilità rilevanti (e quindi nascevano delle imitative molto simili nello stile e nelle legende ai tipi ufficiali) o potevano essere addirittura analfabeti (e in questo caso venivano fuori delle monete dallo stile rozzo, dai dettagli meno curati e dalle legende "scomposte" e discordanti con le ufficiali anche se legibili). Oltre a ciò c'è da tener presente due fattori: 1) gli usurpatori, per evitare di venire schiacciati dall'imperatore di Roma e per mantenere saldo il proprio potere, dovevano assoldare la truppa, vera padrona dello scenario politico di questo periodo storico; 2) l'Impero delle Gallie ( e non solo) aveva avuto vari e vasti contatti con le tribù di origini germaniche limitrofe. Non sorprende, quindi, se si sommano l'avidità dei legionari, la penuria di metallo coniato, e i contatti con i barbari confinanti, che soprattutto lungo i limes (confine fortificato) sorgessero queste officine atte alla produzione di imitative predisposte per una circolazione locale. Non a caso, riferisce il Montenegro <<Gli antoniniani del tardo III secolo, e particolarmente quelli di Claudio Gotico, Tetrico I e Tetrico II, furono spesso imitati in Gallia e Britannia>>. Quindi, i più imitati, oltre a quelle di Claudio II, furono le monete dell'Impero delle Gallie. Il fatto della carenza di denaro e della sua necessaria richiesta per i motivi suddetti, fece sì che l'imitativa si mischiasse al circolante ufficiale e vi venisse speso assieme in gran parte dei territori dell'Impero anche dopo la Restaurazione avvenuta per opera dell'imperatore Aureliano, detto per questo "Restitutor Orbis", titolo ricevuto proprio nel 274 d.C. quando annettè la Gallia e la Britannia nuovamente a Roma dopo aver sconfitto Tetrico II. (Come ti ha già detto, appunto, il valente Gianfranco nel suo messaggio. ;) ) La datazione per la tipologia da te postata rimane, quindi, la stessa che ti ho indicato nel post precedente (dal 270-274 fino al 280 d.C.) Spero di esserti stato d'aiuto. :)1 punto
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Grazie molte Belisarius per i tuoi complimenti. :) Stabilire la data di un'imitativa è un po' più complesso rispetto ad una moneta "ufficiale". Si può affermare che le imitative furono coniate in periodi abbastanza travagliati, nei quali c'era carenza di moneta corrente e spesso erano ad uso locale. A volte, però, anche se il loro valore non era paragonabile per intero ai conii ufficiali, le imitative potevano prendere piede ed essere diffuse assieme alle altre monete per tutto l'Impero (daltronde c'era penuria di denaro nel periodo in cui furono emesse). Ecco perchè se ne sono trovati esemplari anche a distanze enormi dalle presunte zecche di emissione che, stando alle parole del Montenegro, dovrebbero essere site in Gallia e in Britannia principalmente. Detto ciò è possibile che questa tipologia di radiati imitativi sia stata emessa in un periodo di tempo che va dal 270-274 d.C. fino agli inizi del 280.1 punto
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Al dritto i rilievi maggiori sono andati, ma si vedono ancora ciocche di capelli, i particolari del volto, i bordi sono ok. Da segnalare un paio graffietti sulla testa, che fortunatamente sono lievi. Penso che lo classificherei MB+. E ti dirò che anche un MB-BB non mi troverebbe contrariato. Invece trovo che l'usura al rovescio nuoccia un po' di più all'aspetto complessivo visto che ha appiattito buona parte dei dettagli in tutti gli elementi che compongono lo stemma. In altre parole, se il ritratto "mi intriga" lo stemma meno. Per cui non andrei oltre l'MB.1 punto
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complimenti per l'educazione....scrivere : " per favore mi dite cosa è e quanto vale" era troppo complicato? Ma sei convinto che siano tutti quì al tuo servizio...?1 punto
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Il paesaggio che si distendeva davanti ai suoi occhi era desolante: rovine fumanti sullo sfondo, attorniate da dolci colline e da quelle che fino a poche settimane prima erano state delle verdeggianti pianure. Urla di dolore, terrore, paura fendevano l'aria e giungevano alle orecchie di molti soldati e, soprattutto, ai membri dello stato maggiore. Questi ultimi accompagnavano il loro imperatore, Marco Cassiano Latinio Postumo, che seguiva le azioni militari da una postazione sopraelevata. << Signore>> Un beneficiarius lo avvicinò presentandogli due centurioni che facevano trascinare dietro di loro dei legionari disarmati e ridotti alquanto male. Dovevano essere almeno quattro, se non pure di più. Postumo fece un veloce conteggio e ne individuò sei. Il beneficiarius si inchinò di fronte alla postazione del suo signore e i militi si misero sull'attenti abbozzando un segno di saluto. << Ti porto questi uomini, Augusto, perchè hanno infranto i tuoi ordini: i loro stessi superiori li hanno fermati e arrestati per portarli qui, di fronte al tuo inalienabile giudizio.>> esordì tutto d'un fiato l'attendente. Postumo li osservò per breve tempo, poi, con fare solenne e altezzoso, si alzò in piedi e iniziò a parlare: <<Quindi, non c'è molto da discutere: hanno vistosamente disobbedito ai comandi del loro imperatore. Tutti sapevano in anticipo che quando questa vile città di Moguntiacum sarebbe caduta nelle nostre mani, nessuno avrebbe avuto il permesso o il diritto di saccheggiarla o di fare del male ai suoi abitanti.>> fece una pausa ad effetto, poi continuò << Ebbene, che siano giustiziati di fronte all'intero esercito e chiunque altro sia sorpreso in un atto di insubordinazione venga subito ucciso. Questi sono gli ordini. Potete ritirarvi. >> Gli uomini legati furono trattenuti a stento dai loro centurioni: si dimenavano, urlavano, qualcuno chiedeva clemenza. Non fu udito. Occorse l'intervento della guardia dell'imperatore per condurli al luogo scelto per l'esecuzione: il vasto spiazzo che si apriva di fronte al Pretorio, dove tutto l'esercito in armi poteva essere schierato e assistere alla giustizia del loro signore. Il fumo nero si alzava in cielo e oscurava a tratti il disco solare, quasi come un cattivo presagio. Di sicuro, con la diffusione dei nuovi ordini, i soldati non erano più gli stessi che Postumo conosceva. Tutto era pronto. Gli arcieri schierati in una corta fila armati di tutto punto e comandati da un optio di origini germaniche prelevato dai ranghi ausiliari. Gli ultimi reparti avevano avuto appena il tempo per ripulirsi e tirare a lucido le proprie armature ed ora erano lì, alcuni non sapevano neanche il perchè. Tutti i legionari, i centurioni, gli optiones e i tesserari erano in bell'ordine sotto il naso dell'imperatore che loro stessi avevano voluto appoggiare e che adesso li ripagava in quel modo: giustiziando dei compagni e mandandoli indietro a bocca asciutta dopo un estenuante assedio dove avevano visto perire moltissimi dei loro commilitoni. L'ostilità nei suoi confronti serpeggiava da qualche giorno nel campo, ma nessuno aveva avuto il coraggio di dimostrarla apertamente. "L'odio represso può nuocere molto e improvvisamente" pensò un uomo posizionato nelle retrovie. Una riccia e corta barba gli ricopriva il mento e gli incorniciava il viso. Aveva occhi vispi e piccoli, un naso dritto e corto che cadeva direttamente su una bocca dagli angoli sempre e costantemente un po' alzati, rendendo la sua espressione quasi inverosimile. Mentre poggiava il braccio sul suo scudo, di cui aveva forgiato personalmente l'umbone metallico, e reggeva il pilum pesante con la destra, Marco Aurelio Mario, uno dei migliori ex fabbri dell'esercito e ora combattente professionista, pensava che tutta quella situazione non avrebbe retto a lungo. << Brutta faccenda questa>> gli sussurrò il compagno che aveva affianco. Mario non fece in tempo ad annuire che un centurione gridò di fare silenzio. Era un personaggio molto conosciuto dalla truppa e, ultimamente, si era fatto più amici che nemici. Postumo, attratto da quell'urlo canzonatorio, si voltò nella direzione delle retrovie. Per un attimo i suoi occhi si specchiarono nel luccichio di quelli di Mario. Un brivido gli persorse la schiena e un improvviso senso di nausea e di vuoto lo costrinsero a farlo poggiare allo schienale del suo scranno da campo. Mario distolse subito lo sguardo, ma notò che qualcosa nell'atteggiamento del suo imperatore non andava. Non se ne curò più di tanto. Dopo il saluto iniziale, Postumo non perse tempo e diede subito l'ordine di proseguire con l'esecuzione. I malcapitati urlavano, si dimenavano e si contorcevano vicino ai pali a cui erano stati saldamente legati. Erano stati spogliati di tutto l'equipoaggiamento, i loro averi sequestrati e messi da parte per la cassa dell'esercito. Erano rivestiti solamente da un perizoma ed esponevano i torsi nudi alle punte delle frecce che gli arcieri, ad un comando secco dell'optio germanico, avevano già provveduto ad incoccare. Mirarono. Alte grida risuonarono nell'aria. I legionari schierati davanti al Pretorio erano immobili. Alcuni sudavano per la tensione, come prima di un combattimento. Altri controllavano la propria rabbia per quello che iniziavano a definire un assassinio, le cui vittime avevano sostenuto il proprio aguzzino. "Paradossale" disse Mario tra sè . I prigionieri piangevano ormai, e uno di loro si era perfino afflosciato lungo il palo che lo sorreggeva. Svenuto. Ai piedi di più di uno si formò una chiazza umida e maleodorante che bagnò la base dello spiazzo in terra battuta. L'optio non attese oltre. Fece un segno in aria con la mano destra, gli arcieri tirarono. I dardi andarono a segno, conficcandosi nella carne, trapassando organi e, nel peggiore dei casi, inchiodando il corpo del prigioniero al palo. In un attimo tutti i lamenti e i movimenti convulsi dei poveri legionari giustiziati cessarono. Solo silenzio. Non un alito di vento si levò a spostare la colonna di fumo nero che proveniva dalle vicine rovine di Moguntiacum, conquistata pochi giorni prima. E anche quegli uomini, che ora giacevano morti nel modo meno onorevole, avevano contribuito alla vittoria i cui meriti erano andati interamente a Postumo. Ma non era stato lui a scendere sul campo e rischiare la sua preziosa esistenza. Anche loro avevano salvato il suo trono dalla ribellione nella città del luogotenente Leliano. E avevano ricevuto la morte in cambio. << Rompete le righe, ognugno al proprio alloggio. >> Questi furono gli ordini. Mario, pur obbedendo come tutti gli altri, pensò che la questione non sarebbe finita lì. Caos. Il disordine più completo regnava nel campo. I centurioni, i tribuni e perfino i prefetti non avevano più nessuna autorità. Molti seguaci dell'imperatore erano stati eliminati. Altri erano stati privati dei loro poteri. Postumo era stato sorpreso dalla ribellione, incapace di controllare gli stessi uomini che poco tempo prima l'avevano elevato agli onori della porpora. Il suo corpo, deturpato e maltrattato da tutti i soldati, compreso gli ausiliari e alcuni membri della sua guardia, fu gettato via come se fosse un abominevole rifiuto. Adesso, migliaia di uomini si trovavano senza una guida. Con Leliano morto, il più accreditato collaboratore del tiranno Postumo, ora non potevano tornare sui propri passi e chiedere clemenza al legittimo padrone di Roma Publio Licinio Egnazio Gallieno. Sarebbero stati puniti severamente, forse decimati o forse alcune delle legioni sarebbero state sciolte e mai più ricostituite. Nessuno poteva saperlo e nessuno voleva e poteva rischiare di essere tolto di mezzo. Molti degli amici di Mario erano accorsi da lui per fargli presente la situazione. <<Non c'è tempo da perdere: se le truppe non hanno un comandante il nostro Impero rischierà di scomparire e le Gallie torneranno nuovamente sotto l'oppressione del governo centrale.>> Aveva detto loro. Tutti erano d'accordo: bisognava agire e in fretta. Il gruppo portò Mario fuori dal suo alloggio e, diretto verso il Pretorio, la parte più caotica e pericolosa dell'intero campo, salirono sul podio che era stato di Postumo e attirarono l'attenzione di tutti i presenti, inducendo a richiamare anche gli altri che si erano dispersi dapperttutto. Mario avanzò di qualche passo e guardò ognuno di loro dritto negli occhi. Molti non ressero il suo sguardo penetrante e indagatore. <<Amici. Compagni. Commilitoni.>> attirò la loro completa attenzione e fu fatto immediatamente silenzio <<Il tiranno è morto!>> Urla di soddisfazione si levarono ma furono subito represse dai collaboratori di Mario che erano sul podio dietro di lui. <<Ora>> continuò appena fu ritornato il silenzio <<l'esercito ha bisogno di una guida: non possiamo permettere di cadere nelle mani di un oppressore ancora più tremendo di Postumo.>> Altre voci, questa volta si trasformarono in un coro di ovazioni. <<Tutti noi abbiamo preso parte a molte imprese che hanno reso grande il nostro Impero e siamo stati gli autori della brillante vittoria di Moguntiacum. Quindi, io dico di prenderci ciò che ci spetta. Inquadrate i ranghi e marciate sulla città: tutto ciò che vedrete e prenderete sarà vostro!>> Grida di gioia, sincere per la prima volta da anni. I soldati si abbracciarono e saltavano per la sicurezza di una felice prospettiva di saccheggiare e fare bottino a spese dei vinti. Mario aveva dato loro ciò che volevano. Era giunto il momento di ripagarlo. <<Miles dives, miles dives>> Tutti i legionari agitarono ciò che avevano tra le mani, cercando di creare un ritmo cadenzato e orecchiabile che accompagnasse le loro parole. Mario sapeva ciò che significavano: volevano che diventasse loro imperatore. Tese le mani e ottenne silenzio: << Volete che vi conduca alla vittoria e alla ricchezza?>> <<Miles dives! Miles dives!>> ancora più forte di prima. <<Ebbene lo farò: accetto di buon grado di guidarvi non come un tiranno oppressore, ma come un imperatore clemente e attento verso i suoi sostenitori! >> La folla andò completamente in delirio. Tutti accorsero ad armarsi e presto lo stesso Mario ricostituì lo stato maggiore dell'esercito inserendo molti suoi amici nei ranghi più alti. Era imperatore adesso. E ciò lo rendeva fiero di sè. Si disse che avrebbe portato a termine il suo compito, a differenza di quelli che l'avevano preceduto. Un attendente della zecca gli mostrava un tondello splendente e ben inciso nonostante il bordo irregolare. <<E' un ottimo lavoro: sembra che mi stia guardando in uno specchio di bronzo lucidato.>> Mario prese in mano la moneta e la rigirò tra le dita osservandone i dettagli. Le righe che rendevano barba e capelli, il panneggio terminante in modo evanescente e, più di tutto, la corona radiata che lo rendeva ancora più grande e autoritario. Era diventato imperatore a spese della città di Moguntiacum. Ma poco gli interessava: oramai non era più la capitale delle Gallie. Aveva spostato la sua residenza e la sua corte ad Augusta Treverorum e vi aveva installato anche una zecca. Il personale che operava a Moguntiacum era stato trasferito a Colonia. <<Davvero ammirevole, Augusto. Un'opera d'arte, oserei dire>>. A parlare era stato un uomo alle sue spalle, uno dei più fedeli che conoscesse e che l'aveva sostenuto fin dall'inizio. <<Già. Ne sono compiaciuto.>> Rivoltò la moneta e fissò la scritta VICTORIA AVG. Sì, lui l'aveva ottenuta una vittoria: contro Postumo e contro Gallieno. Assecondando i soldati aveva assunto il potere e aveva fatto in modo che le Gallie non finissero nelle mani di Roma. Una vittoria schiacciante e decisiva contro ogni sua iniziale aspettativa. Ne fu davvero felice. <<Bene. Procedete con l'emissione di questo tipo: ce ne servono abbastanza per pagare i soldati. Sono loro, d'altronde, ad essere i veri protagonisti del mio regno>> Sapeva che in parte era vero, ma non poteva fare a meno del loro sostegno. L'attendente riprese la moneta dalle mani dell'imperatore, si inchinò ed uscì diretto verso l'edificio che ospitava la zecca. Altro sangue aveva bagnato la terra. Era stato sparso non per il bene dell'Impero, questa volta, ma per questioni del tutto private e personali. La congiura che aveva portato alla morte Mario non era fallita: dopo dodici settimane di regno, finalmente era stato ucciso. Correva l'anno 1022 ab Urbe condita e le Gallie vedevano spegnersi l'ennesimo tentativo di rivalsa. Anche questo soppresso nel modo più violento. Ma si sa, morto un imperatore se ne fa un altro. E mentre su Mario, compianto dai suoi seguaci, calava il sipario della Storia, si apriva, inevce, su di un nuovo personaggio che presto avrebbe rivelato la sua indole dispotica: Marco Piavonio Vittorino.1 punto
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