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  1. PERTINACE Publius Helvius Pertinax Generale, e Imperatore Romano dal 1° gennaio al 28 marzo del 193 d.C. Il suo regno marca l’inizio dell’anno dei cinque imperatori. Parte I LA VITA Come riportato da Cassio Dione nella Historia Augusta, fonte principale di questo riassunto, nacque ad Alba Pompeia nella Regio IX Liguria, la moderna Alba in Piemonte (il termine Pedemontìum venne coniato soltanto nel XII secolo) nel 126 d.C. Era figlio del liberto Helvius Successus, e il suo nome, sembra derivi dalla pertinacia con cui il padre raggiunse il successo nel commercio del legno. Le possibilità finanziarie del padre gli assicurarono un’istruzione di tutto rispetto, completò gli studi a Roma, dove trovò un impiego come insegnante di grammatica; ma nel 161, quando si rese conto dei magri compensi che ne derivavano, decise di intraprendere la carriera militare. La sua elevata cultura, e l’aiuto di Lollianus Avitus, il patrono del padre, gli evitarono i ranghi più bassi, e presto gli venne affidato il comando di una coorte di Galli in Siria. Pur arruolatosi non più giovanissimo, si mise subito in luce, e rapidamente raggiunse il rango di tribuno. Fu assegnato alla VI legione “Victrix” di stanza ad Eburacum (odierna York) in Britannia, dove eccelse per le sue capacità di comandante militare. Essendosi fatto un nome, ritornò alla vita civile per intraprendere la carriera politica. Nel 168 divenne procuratore di rango equestre, con l’incarico di sovrintendere agli “alimenta”, l’assistenza agli orfani sulla via Emilia. In seguito fu di nuovo procuratore, questa volta in Dacia. Fu richiamato nell’esercito al servizio di Marco Aurelio nelle guerre sul Danubio, come comandante di un’unità di cavalieri che operava in maniera indipendente dalla legione, i “vexillationes” ed ebbe un ruolo fondamentale nelle azioni contro i Germani. Ancora una volta Pertinace fece un ottimo lavoro e fu elevato al rango senatoriale, fu pretore in Rezia al comando di una legione nel 171, ed essendosi guadagnato la benevolenza di Marco Aurelio, ottenne il consolato nel 174 o nel 175. Il suo operato fu decisivo per sedare la rivolta di Gaio Avidio Cassio in Siria nel 175. In seguito fu governatore della Mesia superiore ed inferiore, della Dacia, e nel 181 della Siria. Sotto Commodo, i rapporti con alcuni dei cospiratori del 182 lo allontanarono dalla scena politica. Ma quando una rivolta delle legioni in Britannia, necessitò l’intervento di un comandante militare di esperienza ed affidabile, Pertinace fu richiamato. Risolse la questione negli anni dal 185 al 187. Avendo in tal modo riguadagnato la fiducia dell’imperatore, gli venne affidato l’incarico di proconsole nella provincia d’Africa nel 188, quindi, la sua abilità di tener testa alle situazioni difficili, lo fece nominare prefetto della città di Roma nel 189, guadagnandosi un secondo consolato nel 192. Sembra alquanto improbabile che Pertinace fosse all’oscuro del complotto per assassinare Commodo, la notte del 31 dicembre del 192, inoltre, senza dubbio era a conoscenza delle intenzioni dei cospiratori di nominarlo come successore. La notte dell’omicidio, l’organizzatore del complotto, il comandante dei pretoriani Quintus Aemilius Laetus offrì il trono a Pertinace, che la notte stessa si recò al campo pretoriano, dove offrì la considerevole somma di 12.000 sesterzi a testa alle guardie come gratifica. La notte non era ancora finita che convocò i senatori per una riunione notturna, dove rivelò che il regno da incubo di Commodo era finalmente concluso. Quando Pertinace ritornò per ringraziare Laetus, il console Quintus Sosius Falco protestò: “ Forse abbiamo capito che razza di imperatore sarai, vediamo dietro di te Laetus e Marcia, gli strumenti dei crimini di Commodo!” Pertinace gli rispose: “Sei giovane, Tribuno, e non conosci la necessità dell’obbedienza; obbedivano a Commodo sì, ma contro la loro volontà... appena ne hanno avuto l’occasione, hanno subito mostrato qual’era, da sempre, il loro desiderio”. Nessuno aggiunse altro. E fu così, che il figlio di uno schiavo liberato riuscì ad accedere al trono imperiale. Pertinace sembrava essere cosciente del pericolo che correva assumendo il potere, e saggiamente rifiutò gli attributi imperiali per la moglie ed il figlio, proteggendoli così, dalle conseguenze del proprio assassinio. Fisicamente era possente e con un’abbondante pancia, tuttavia, ed anche i suoi critici lo ammettono, aveva l’aria fiera che si confaceva ad un imperatore; non era considerato un grande oratore, ma sicuramente riconosciuto da tutti come un prode soldato, questo lo dotava di un certo fascino, pur dimostrando talvolta un carattere scaltro ed opportunista, godeva inoltre della reputazione di avido ed avaro, (si racconta che ai suoi ospiti, facesse servire solo mezze porzioni) una fama che non rende amati... Quando assunse l’incarico, si rese subito conto che le casse imperiali erano nei guai. Commodo aveva sperperato considerevoli somme nei giochi e negli eccessi, se il nuovo imperatore pensava che fossero necessari dei cambiamenti per risanare le finanze, certo non sbagliava, ma volle far troppo e troppo in fretta, e in questo processo si creò molti nemici. L’errore fondamentale, fatto all’inizio del suo regno, fu di decidere i tagli ad alcuni privilegi dei pretoriani, e di pagare solamente la metà della gratifica promessa. Già il 3 gennaio del 193, i pretoriani tentarono di insediare un altro imperatore. I senatori, abbastanza saggi da tenersi fuori dai guai, semplicemente riferirono l’accaduto a Pertinace, quindi si allontanarono da Roma in attesa degli eventi. I comuni cittadini, ne ebbero presto abbastanza del nuovo imperatore, prima spolpati da Commodo con i suoi lussi sfrenati, e adesso questo Pertinace, che dava loro ben poco. Un nemico troppo potente per lui, fu il prefetto del pretorio Laetus, l’uomo che aveva messo Pertinace sul trono, e che avrebbe giocato un ruolo determinante sulla sua fine. In realtà, non è ben chiaro se dobbiamo considerarlo un onesto consigliere dell’imperatore, frustrato perché i suoi consigli rimasero inascoltati, o se cercasse di manipolare Pertinace per usarlo come imperatore fantoccio; in entrambi i casi, era certamente insoddisfatto. Con la sua “mania” del risparmio Pertinace si rese ancora più impopolare, sembrava che tutti volessero liberarsi di questo imperatore, e ancora una volta, i pretoriani cominciarono a guardarsi intorno, alla ricerca di un imperatore pagante; agli inizi di marzo, quando Pertinace si trovava ad Ostia, a sovrintendere allo sbarco dei rifornimenti di grano per Roma, approfittando della sua assenza colpirono di nuovo, rimostrando in Senato con pretese senza fondamento, di piazzare sul trono Falco. Quando Pertinace ritornò a Roma, Falco fu giudicato estraneo alla cospirazione, grazie alla testimonianza di uno schiavo, che tuttavia indicò molti pretoriani come implicati nel complotto. I cospiratori vennero giustiziati. LA MORTE Queste esecuzioni furono l’ultima goccia. Il 28 marzo 193, solo 86 giorni dopo la morte di Commodo, i pretoriani si rivoltarono. Nessuno aveva pianificato l’omicidio, i soldati non combattevano per nessun pretendente in particolare, erano semplicemente infuriati. In 300 forzarono i cancelli del palazzo. Nessuna delle guardie fu vista porsi a difesa dell’imperatore. Laetus si limitò ad evitare i soldati e se ne andò a casa, abbandonando l’imperatore al suo destino. Pertinace non cercò di fuggire, si piantò ben saldo sui piedi ed attese, assieme al suo ciambellano Eclectus. I pretoriani pensavano di essere a caccia di un imperatore tremante di paura, ma si sbagliavano, si trovarono davanti un uomo ben determinato a lottare per la propria vita. Al primo momento i soldati furono colti di sorpresa dal grande coraggio e dalle parole di quell’uomo che riuscì a trattenerli per qualche tempo, ma un certo Tungas, dopo aver istigato i soldati, trovò il coraggio di farsi avanti, scagliando la sua lancia e trafiggendo l’imperatore, Pertinace cadde colpito al petto, trovò la forza di velarsi il capo e di rivolgere una preghiera a Giove Vendicatore, quindi, i soldati lo finirono con i pugnali, aveva 66 anni. Rimasto solo, Eclectus combattè coraggiosamente per la propria vita, accoltellando due soldati prima di essere sopraffatto e ucciso. I pretoriani decapitarono Pertinace, infilarono la sua testa su una lancia, e la condussero in parata per le strade di Roma. In questo modo si concluse la più spettacolare carriera di età imperiale, ma comunque tipica dei suoi tempi: al Nord dell’impero si formavano nuove alleanze tribali, molto più organizzate e minacciose delle primitive tribù germaniche. Il futuro apparteneva a uomini d’arme, come Pertinace, Didio Giuliano e Settimio Severo. Pertinace ci lascia la sua “parola d’ordine”, un motto che amava ripetere spesso quando serviva come Generale, una parola che riassume tanto la sua onorevole carriera quanto il futuro di Roma: Militemus!: Cerchiamo di essere soldati!
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  2. 15 euro per informazioni? Lasciali perdere. La storia della Compagnia la trovi qui http://en.wikipedia.org/wiki/International_Mercantile_Marine_Co. Mi sembra strano che tu non abbia trovato nulla su questa Compagnia, sono famosissimi....quelli del Titanic, per intenderci Se invece ti interessa una valutazione economica del titolo, siamo sui 20-25 euro. petronius
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  3. Salve. Anche questa volta il protagonista di questa nuova discussione sarà un usurpatore del III secolo. Il nostro sguardo si volge, ora, ad Oriente, più precisamente in Siria. L'Oriente: una parte dell'Impero difficile da controllare per Roma, soprattutto in questo periodo, quando, con il progressivo avanzare della famigerata crisi, i Sassanidi rivolsero la loro attenzione nuovamente verso Occidente. La sua esistenza è confermata proprio dalle monete: senza di esse il nome del nostro protagonista sarebbe svanito nelle nebbie del tempo. Abbandonato da tutti, relegato nel dimenticatoio, presso i suoi successori e i posteri. Su di esso vengono ancora fatte delle ipotesi, dato che sulle monete appare abbreviato: "M. F. Ru. Iotapianus", forse per intero doveva suonare come "Marcus Fulvius Rufus Iotapianus". Un nome che riuscì a mettere in seria difficoltà l'Imperium grazie soprattutto alle sue poco note azioni militari. All'epoca dei fatti, il legittimo imperatore di Roma, Filippo l'Arabo, era appena uscito vincitore dagli scontri con le tribù barbare dei Germani e dei Goti che avevano invaso rispettivamente la Pannonia e la Mesia. Le legioni erano scontente: questa guerra contro i barbari aveva fruttato ben poco. Quando il bottino era minimo o nullo e il governo centrale spietato si stendeva terreno fertile per ribellioni e ammutinamenti. Correva l'anno 248 d.C. e Iotapiano iniziava la sua ascesa al potere: apparteneva ad una nobile famiglia dell'alta aristocrazia mediorientale e non è sfuggito ad alcuni l'assonanza tra il suo nome e quello delle regine della Commagene, Iotape I e II. Non si esclude quindi una possibile appartenenza di Iotapiano alla famiglia reale di Commagene che fu scalzata dal trono con l'avvento al soglio imperiale di Vespasiano. Queste, comunque, restano solamente ipotesi. La Commagene era un regno vassallo al servizio del ben più grande e potente Regno d'Armenia, oggi in Turchia. Iotapiano fu astuto ad adottare una politica di propaganda a suo favore basandosi sulla discendenza: alcuni, come lo storico Aurelio Vittore,reputano veritiera la storia secondo la quale Iotapiano si riteneva il diretto successore di Alessandro Magno, cosa detta più volte con forte convincimento anche da Antioco I di Commagene. Ancora una volta si presenta il suo legame con i regnanti di questo Stato vassallo. Altri, affermano, con più sicurezza, che l'usurpatore potesse annoverare tra i suoi avi l'Imperatore Alessandro Severo. Si sa con certezza che la rivolta scoppiò in Siria verso il 248-249 d.C., alla fine del regno di Filippo l'Arabo. La situazione era ormai insopportabile: il fratello dell'Imperatore, Giulio Prisco, nominato rector Orientis, aumentò il regime fiscale delle Province sottoposte alla sua autorità, rinforzando un comando dispotico e opprimente, rifacendosi a Filippo. Il clima si andò surriscaldando soprattutto ad Antiochia, la capitale della Siria. E proprio Antiochia fu l'unica zecca disponibile per il breve regno di Iotapiano che si mise a capo dei rivoltosi, cogliendo l'occasione dei malcontenti per cercare appoggi. All'inizio del regno di Decio, successore di Filippo, Iotapiano morì assassinato dai suoi soldati. Gli stessi che lo avevano sostenuto per quel breve periodo di tempo e lo avevano obbedito combattendo per lui, facendogli raggiungere i più alti onori dell'Impero; lui, l'uomo in cui avevano visto una speranza di riscatto. E' strano come Decio, prima di diventare imperatore, predisse ad un Filippo ormai alla fine del suo tempo, come Iotapiano e gli altri usurpatori sarebbero stati uccisi dai loro soldati. Una congiura? Forse organizzata dallo stesso Decio che era divenuto l'uomo più influente dell'Impero? La cosa non sorprenderebbe più di tanto per due motivi: 1) l'assassinio di Iotapiano per mano dei suoi sottoposti è, in apparenza, senza un movente; 2) il primo atto del regno di Decio fu quello di basare il suo potere sull'aristocrazia senatoriale e sull'esercito. Come poteva essere stabile il suo potere senza che tutto l'esercito gli prestasse il "sacramentum", il giuramento di fedeltà? E senza l'esercito, in questo periodo, un imperatore e il suo potere erano sempre a rischio. Passando alle monete, gli esemplari di Iotapiano che si conoscono sono, in tutto, diciotto antoniniani (Bland) di stile piuttosto rozzo e hanno al Rovescio la medesima illustrazione a sottolineare "la capacità dell'imperatore di conquistare" (Roman Imperial Coins, 4.3). Passiamo, quindi, ad illustrarne qualcuno: il primo antoniniano viene classificato al RIC 2c, RSC 2. Coniato nel 248 d.C., presenta al D/ la dicitura IM C M F RV IOTAPIANVS con il busto radiato e corazzato a destra, visto da dietro; al R/ la consueta scritta VICTORIA AVG che circonda la figura di una Vittoria alata che procede verso sinistra reggendo una palma e una ghirlanda. Il secondo antoniniano è una variante catalogata al RIC 2a, var., Cohen 2. Coniato verso il 249 d.C. a Seleucia, porto della città di Antiochia, situato sul fiume Oronte, presenta al D/ IMP C M FR IOTAPIANVS AV, con il busto radiato e corazzato verso destra; al R/ VICTORIA AVG, la Vittoria alata procede verso sinistra con palma e ghirlanda. Il terzo esemplare è classificato come Bland 4aCf, RIC manca, ed è definito come Billon "Denarius" della zecca di Nicopolis a Seleucia, porto di Antiochia. Al D/ IMP M F RV IOTAPIANVS, busto laureato e corazzato a destra, visto da dietro; al R/ VICTORIA AVG, la Vittoria alata avanza verso sinistra con foglia di palma e ghirlanda. Di seguito, posto le immagini degli esemplari sopra descritti tratte dal web. In allegato, la mappa dell'Armenia dove è indicato il Regno di Commagene, che sembra essere strettamente collegato al nostro Iotapiano.
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  4. Ciao Superbubu Come ha gia' detto Alain.... dopvrebbe trattarsi di un quattrino di Carlo VI° (già III°) d'Asburgo - per Milano (1706-1740) - dovresti pero' verificare il peso perchè con le medesime caratteristiche del verso,,c'è un tipo che pesa circa 1.70 grammi ed un'altro che ne pesa circa 3,50- il verso pero cambia, - ti posto il link dove puoi verificare le due monete. - penso che potrebbe trattarsi del secondo quattrino in sequenza, quello piu' pesante..ma non potendo riscontrare il recto ..illeggibile, lascio a te l'arduo compito.... http://www.bancaintesaarteecultura.com/permanenti_elenco_new.asp?q_order=&q_tipo=6&q_stringa=&q_ricerca=&q_stc=35&q_curpage=3
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  5. Buonasera a voi, ringrazio Adolfos per la fiducia che ripone in me. Spero sinceramente di meritarmela, anche se ho dei dubbi. Comunque provo a rispondere... Innanzitutto devo dire che effettivamente, come evidenziato da eracle62, la zecca di Modena, a differenza di altre zecche emiliane, aspetta ancora un suo aggiornamento. Il testo fondamentale per questa zecca resta ancora oggi l'opera di Arsenio Crespellani, La zecca di Modena nei periodi comunale ed estense, pubblicato nel 1884. Bisogna tuttavia dare atto al Crespellani di aver scritto un eccellente testo ancora oggi assai valido e al quale ho anch'io attinto a piene mani per scrivere la voce "Modena" nella "Guida delle zecche". Detto questo, la parte del saggio di Crespellani dove si nota di più una certa "stanchezza" è proprio quella relativa al periodo comunale, al quale lo studioso dedica effettivamente pochissime pagine. Inoltre dal 1884 ad oggi la monetazione modenese si è arricchita di alcuni importanti nominali rimasti sconosciuti al Crespellani, primo fra tutti il denaro imperiale con le scritte civitas e comune, tipo CNI IX, p. 189, n. 1, qui attribuito al periodo di Repubblica e datato 1306-1336, mentre personalmente nella "Guida" ritengo più probabile, anche se per il momento non verificabile, datarlo al giugno del 1327, dopo la cacciata dei Bonacolsi da Modena. Saccocci, nel suo importante lavoro su La moneta a Modena dalle origini al 1598 ha a sua volta proposto di datare questa emissione al periodo della signoria di Passerino Bonacolsi, non mancando tuttavia di sottolineare come oggi non esistano elementi oggettivi che possano, anche in questo caso, avvalorare tale ipotesi. Lorenzo Bellesia ha poi dedicato alla monetazione modenese, sebbene un po' più tarda, tanti suoi eccellenti lavori e articoli; non ultimo il bel saggio/commento sul ripostiglio di Rosola, nel quale sono presenti parecchi grossi modenesi trecenteschi. Infine, non bisogna dimenticare, soprattutto per una casistica sulle varianti delle monete che qui interessano, il testo di Anna Lina Morelli, Il gruzzolo di Via Luca Longhi a Ravenna, in Il gruzzolo di Via Luca Longhi a Ravenna. Città, monete mercanti nel Medieovo, a cura di E. Ercolani Cocchi, Ravenna 1997. Tutto questo preambolo per dire come in realtà anche per quanto riguarda la zecca di Modena lo studio vada avanti, sebbene piuttosto disperso (una ricca e aggiornata bibliografia la trovate comunque nella solita "Guida"). Credo che l' "instancabile" Bellesia stia comunque preparando anche su Modena una monografia, della quale il saggio sulle monete dei Rosola sarebbe un assaggio... ma qui lo dico e qui lo nego... :rolleyes: Passiamo ora ai grossi oggetto di questa discussione. Premesso che il bel grosso di Scacchi e quello di Dabbene sono di tipologia nota (tipo CNI IX, p. 185, n. 1 il primo; tipo CNI IX, p. 186, n. 4 il secondo), la vexata quaestio è la seguente: la moneta di eracle62 è effettivamente inedita o si tratta di una variante già conosciuta? La risposta che io mi sento di dare è che si tratta del tipo CNI, IX, p. 186, n. 2: D/ + inperator ; nel campo, entro contorno: le lettere f.d.c'. poste a triangolo; nel centro, un globetto. Contorno esterno. R/ + demutina. ; nel campo, entro contorno: grande M gotica accostata da due globetti. Contorno esterno. Secondo il mio modesto parere, alla fine della legenda di rovescio (a questo proposito potremmo comunque disquisire su quale sia il dritto e quale il rovescio, ma per il momento vi prego di soprassedere), dopo la scritta demutina, non credo ci sia un crescente, come invece troviamo nel pezzo di Dabbene, ma bensì un globetto. La differenza credo che salti agli occhi, sebbene le due escrescenze delle quali sembra essere dotato il nostro "bisante" potrebbero far dubitare del contrario. Che il pezzo di eracle62 possa essere quello descritto al n. 2 del CNI lo dimostrerebbe anche il fatto di avere, come nella relativa descrizione dell'esemplare del Corpus, la A di inperator chiusa, mentre quella di demutina è aperta. Nel suo testo sul ripostiglio di Rosola, Bellesia tenta una cronologia delle emissioni di grossi modenesi (p. 28), basandosi soprattutto sulla consunzione dei pezzi presenti nel gruzzolo, ma dal momento che lì non sono presenti esemplari come quello di eracle62, diviene difficile datarlo. Se mi si consente un azzardo, tenendo conto di quanto proposto dal Bellesia, lo daterei dubitativamente agli ultimi decenni del Trecento, così come l'esemplare di Dabbene. Mentre, sempre secondo la proposta cronologica di Bellesia, la tipologia di Scacchi sarebbe leggermente anteriore. La variante di eracle62 deve essere decisamente molto rara, tanto da essere assente non solo nel ripostiglio di Rosola, ma anche in quello di Via Luca Longhi a Ravenna. Di più per il momento non so dire. A risentirci, Teofrasto
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  6. Ringrazio matt95 per aver postato un'immagine più leggibile del suo denaro che è di una tipologia ultimamente sotto-rappresentata in questa discussione. Tra l'altro DZ dopo un primo piccolo abbaglio (è tutta colpa di questo tempo strano ...: ;)) ha giustamente rammentato per confronto il denaro postato da Igmoris in questo thread (post 196), che in oltre ad essere dello stesso tipo, è sicuramente stato realizzato con i medesimi punzoni del pezzo del nostro matt, almeno per quanto riguarda la porta urbica, la crocetta di inizio legenda al D/, le lettere C, V, N ed A (ho provato anche con la sovrapposizione delle immagini in semi-trasparenza). In particolar modo la linea obliqua della N al rovescio mostra la stessa specie di piccolo difetto sia nell'esemplare di Igmoris, sia in quello di matt95, che un esemplare che si può vedere nell'album fotografico di Fra Crasellame (che con lollone e Ghera ci ha abbandonati un poco...), visibile sempre su questo sito. Tornando alla forma della porta urbica nel tempo: ho ricompilato una tabella di raffronto che si riferisce alla mia macro-divisione in gruppi apparsa nell'articolo NAC 2009, ma utilizza una parte delle immagini postate in questa discussione per esemplificarne i tipi. Per motivi di spazio e di tempo mancano il nuovo gruppo VI (crescente II tipo e punto sotto la porta II tipo etc..), una parte dell'VIII (rotella) e del IX (trifogli etc...), di cui però abbiamo parlato nell'altra discussione del forum sui caratteri gotici. Secondo me alcune differenze e linee di tendenza per gruppi si vedono abbastanza bene. Non so se e quali voi rilevate. Attendo vostri eventuali commenti in merito (lo so che in questo periodo non fa molta voglia di impegnarsi in discussioni complesse e quant'altro ha rammentato in precedenza DZ. Anche io ultimamente sono intervenuta più di rado che nei mesi precedenti... Prendetela un poco come il gioco della "settimana enigmistica" dei piccoli particolari, da fare senza troppo impegno sotto l'ombrellone...o nella pausa del lavoro, quando ne avrete tempo e voglia :)) Saluti a tutt* MB
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  7. Ed infine il Billon "Denarius", Bland 4aCf:
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