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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/25/11 in tutte le aree
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Inizio questa discussione relativa alle medaglie del LOMBARDO-VENETO del periodo sopra indicato. Per la liberazione dalla prigionia del Patriota Veneziano DANIELE MANIN, portato in trionfo dal popolo con grande folla. Bronzo, mm 58,8 - Autore ANTONIO FABRIS D'UDINE Cliccare sulla foto per gustare l'avvenimento della folla plaudente, sullo sfondo il ponte della Canonica.1 punto
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Quest'oggi voglio porre all'attenzione degli amici lamonetiani un'incongruenza araldica presente nello stemma borbonico di tutti nominali in argento napoletani del periodo 1815-1828, e precisamente, sulle monete coniate subto dopo il ritorno di Ferdinando IV sul trono di Napoli dopo la caduta di Murat, fino all'ultima moneta coniata a nome di Francesco I di Borbone (1828). Leggendo gli studi araldici dei miei illustri predecessori ho notato che nessuno di loro si accorse dell'incredibile incongruenza, non si tratta di un errore di punzonatura altrimenti l'avremmo riscontrata solo su alcuni esemplari, si tratta quasi sicuramente di un ordine impartito dai sovrani borbonici agli incisori, non dimentichiamo che all'epoca si usava sottoporre all'attenzione del monarca i bozzetti, disegni e le monete, queste ultime, dette "di presentazione" (cfr. piastra, mezza piastra, tarì e carlino di Francesco I di Borbone in asta NAC 16 del 1999). Ma com'è possibile che nel decreto ufficiale lo stemma borbonico doveva riportare la Croce di Gerusalemme, mentre in tutte le monete in argento troviamo quella Costantiniana? I motivi di tale scelta sono tutt'ora ignoti, si potrebbe formulare solo delle ipotesi. Peccato! Vi posto alcune immagini dello studio affinchè possiate scoprire qualcosa in più. :) Prima di iniziare vi illustro lo stemma ufficiale (fonte dell'immagine: Wikipedia) ed alcuni studi del Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano del secolo scorso, noterete che tutti descrivono lo stemma con la croce di Gerusalemme senza le quattro crocette inquartate, il fatto è che quella di Gerusalemme è potenziata, mentre questa è Costantiniana, con le punte dei bracci gigliate o trilobate. http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1922b.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1976d.pdf1 punto
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Ciao, vorrei scambiare,alcune monete doppie. Sto cercando di completare le monete Italia Repubblica anche se circolate. Posseggo anche diverse monete stranire e alcune monete del regno. Se siete interessati scrivetemi un MP con il vostro indirizzo Mail, vi manderò le liste aggiornate. Un saluto a tutti Marco1 punto
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Medaglia devozionale tonda,bronzo/ottone,del XVIII sec.- D/ L'Immacolata Concezione aureolata (7 stelle),su crescente di luna,scritta: BV. SIN.- TE.O[R].CO.- R/ Ostensorio con l'Eucarestia,raggiato. Ciao Borgho.1 punto
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Statuina devozionale uniface,(fusione in piombo)che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino in braccio,solitamente contenute in contenitori/astucci, di alluminio o latta ,produzione fine XIX-inizio XX sec.- Ciao Borgho.1 punto
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Zecca di Ferrara, denaro,battuto sotto Grizzo III d'Este(1344 - 1352), Biaggi,743; moneta rara. Ciao Borgho.1 punto
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Continuate a tenere le monete nelle bustine in PVC. ;) E' possibile che si tratti di una reazione dovuta alla permanenza in bustina di PVC o altro materiale "non inerte". Concordo anch' io su questa ipotesi1 punto
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Credo che non si potesse avere un epilogo migliore. Moneta ritenuta autentica! Disponibilità massima del possessore! Pubblicazione della stessa! (ammetto di essere ansioso di leggerla) Riconoscimento al forum! Mi permetto di aggiungere la sana, civile e costruttiva discussione tra utenti di indubbia competenza nel settore. Complimenti a tutti!1 punto
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Trovandoci in un forum numismatico, direi: - I soldi fanno l'uomo ricco, l'educazione lo fa signore - Quando i soldi sono pochi devi saperli spendere bene - I soldi sono come i denti, quelli che escono non rientrano più - Anche un pazzo può fare soldi, ma solo un saggio li può conservare eccetera, eccetera e con riferimento a specifiche tipologie monetali: - uomo di vino non vale un carlino - chi va in mano all'avvocato perde l'ultimo ducato - è meglio un carlino benedetto che cento ducati maledetti - a chi maltratta il quattrino non affidare il fiorino - chi si sputa addosso non vale un grosso - capo d'anno e capo di mese, piglia la borsa e mettici il tornese ma l'elenco sarebbe ancora lungo...1 punto
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Eccomi con le notizie dal circolo di Fano, sponda Martinori... Nessuna traccia dei Consoli Fiorentini, l'unica traccia di "Firenze" nel periodo è relativa a tale Francesco di Girolamo Ortensi, detto "il Prato", che era un incisore e medaglista fiorentino che morì a Roma nel 1560; Martinori stesso afferma che non risulta abbia lavorato in zecca in quel periodo, e di lui rimangono alcune medaglie. Al contrario per le emissioni della Sede Vacante 1559, testoni in particolare, è riportato che i rovesci sono ricavati dai coni del defunto pontefice Paolo IV, opera del Ceuli, con il suo simbolo accompagnato da "segni e punti segreti che denotano le varie emissioni". A questo punto sarei propenso a credere che anche questi gigli altro non siano che "segni segreti", che l'incisore ha usato per differenziare il conio dai precedenti. Del resto un' "influenza" quale poteva essere quella dei Consoli Fiorentini sarebbe stata con tutta probabilità enfatizzata da un simbolo a fine legenda, se non nel campo, ma non ripetuto. Ciao, RCAMIL.1 punto
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Ciao, come per le altre tecnologie "moderne" che soppiantarono la coniazione a martello, l'introduzione risale al XVII secolo, dati precisi non ce ne sono dato che spesso nei vari testi (anche coevi) si parla di "ingegni" per descrivere le macchine per la coniazione, ed a parte le note sul fatto che fossero azionate tramite energia idraulica o animale, non si specifica altro. A Roma ad esempio durante il pontificato di Urbano VIII si sperimentò la coniazione con le presse a bilanciere, che aumentarono notevolmente la qualità delle monete coniate, eliminando il "fastidioso" (per noi collezionisti in primis ) problema dei salti di conio, intrinsechi della coniazione a martello. Anche i coni rotanti (che potevano essere a singola impronta o ad impronte multiple) ebbero uso nella zecca romana ed anche per nominali di notevole diametro come le mezze piastre o le piastre di papa Clemente XII. In particolare per la mezza piastra A.IV non venne adeguatamente preparato il conio sul rullo e le monete che ne derivano (i tondelli erano preparati precedentemente alla coniazione) ne risultano ovalizzati notevolmente. La coniazione con coni rotanti ad impronta multipla (4-6-8 impronte su un conio) era invece particolarmente adatta per i nominali minori, in particolare in rame, per via della rapidità di coniazione e la relativa importanza di ottenere tondelli perfetti (vedasi quanto scritto sopra). Fu questo il metodo principe utilizzato a Gubbio per tutto il periodo di operatività della zecca pontificia, e fu anche quello messo in opera dalle tante zecche riaperte da Pio VI nel periodo 1795-1797, soprattutto in quelle dove la massa di rame da monetare era elevata e la produzione con coni singoli era senz'altro limitativa. La tecnica dei coni rotanti viene abbandonata gradualmente all'inizio del XIX secolo, con l'introduzione su tutti i nominali (fu Pio VIII ad introdurre il contorno ornato anche sul rame, compresi i quattrini, nel 1829) dei contorni lavorati tramite l'espansione del tondello su una ghiera di contenimento, a sua volta lavorata. Era una velocizzazione notevole rispetto a riprendere i tondelli singoli per lavorarne il contorno su appositi macchinari. Venendo alle fasi operative della tecnica di coniazione a rullo che interessa la moneta oggetto di questo topic, la più lunga e complessa era certamente la preparazione dei coni. Occorreva un albero in acciaio fuso o forgiato, da tornire al diametro necessario per contenere le impronte (maggiore il diametro della moneta da coniare, minore il numero delle impronte sul conio) e sul quale punzonare i coni, opportunamente ovalizzati (diametro trasversale maggiore di quello longitudinale di circa 1/8), per ottenere un impronta perfettamente circolare sul tondello. Questo un conio a rullo per il 5 bolognini 1779 di Pio VI, conservato al Museo civico di Bologna, si notano parte delle 8 impronte presenti: Fatto ciò il cilindro andava cementato (zona dei coni) e temprato per renderlo resistente. In mancanza di metodi scientifici per garantire il risultato (si pensi che le sostanze "cementanti" erano fuliggine, unghie di bue ed urina) ne risultavano cilindri diversamente deformati che andavano messi in fase per renderli operativi. In pratica le impronte venivano contrassegnate con delle lettere dopo avere messo in fase un'impronta su una zona deformata "in positivo", con una corrispondente deformata "in negativo" sull'altro cilindro; in tal modo la lamina da coniare avrebbe mantenuto uno spessore costante facilitando l'operazione di conio. Su questo mezzo baiocco di Gubbio si nota tra le impronte dei due coni vicini la lettera "B", gli altri segni esterni al conio servivano per aiutare il trascinamento della lamina in fase di coniazione: Contemporaneamente andavano preparate le lamine da coniare, tramite un laminatoio che portasse i lingotti allo spessore necessario. Ne seguiva la coniazione vera e propria, anch'essa con un laminatoio dove i rulli lisci per portare a spessore le lamine erano sostituiti con i coni precedentemente preparati. Questo il risultato su un sampietrino di Roma (ex asta Centauro 2006): L'ultima fase era la separazione dei tondelli dalla lamina coniata, tramite una fustellatrice che poteva essere manuale per i piccoli spessori (es. quattrini) o a bilanciere per lamine di spessore maggiore (si pensi ad esempio al sampietrino di cui sopra). A questo punto, salvo aggiustamenti di peso o eventuali operazioni aggiuntive di lavorazione dei contorni, i tondelli erano pronti per essere versati nelle casse della zecca e per essere ammessi alla circolazione. Come testi utili ad approfondire le tecniche di coniazione segnalo il libro di Angelo Finetti "Numismatica e tecnologia", molto semplice e completo nel trattare tali argomenti; e per approfondire il tema più strettamente legato alle coniazioni pontificie suggerisco l'ottimo libro di Michele Chimienti "La zecca di Bologna e le sue macchine", dal quale provengono alcune delle immagini qui postate, che tratta in particolare della zecca felsinea ma non tralascia di citare quello che accadeva contemporaneamente nel resto dello stato e nel resto d'Italia. Ciao, RCAMIL.1 punto
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