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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/14/11 in tutte le aree

  1. Buonasera a voi, che dire di più? Se non che questo taglia letteralmente la testa al toro. A questo punto direi, ma solo per il momento, di fermarci qui. Personalmente ringrazio Brutuss (Tu quoque, Brute! :lol: ) e il forum LaMoneta per avermi dato modo di conoscere un pezzo unico e straordinario. E poi devo ringraziare anche numa numa e tutti gli altri forumisti che hanno partecipato con opinioni, note, appunti e che hanno postato immagini che altrimenti io non sarei stato in grado di reperire. Sono infine contento che Andreas sia della mia stessa opinione riguardo alle emissioni di Adalberto, cioè che quest'ultime sarebbero precedenti a quelle con il solo nome di Berengario. Aspettiamo, dunque, e vediamo. Poi ne riparleremo senz'altro. Ad maiora! Teofrasto
    2 punti
  2. Ciao, come per le altre tecnologie "moderne" che soppiantarono la coniazione a martello, l'introduzione risale al XVII secolo, dati precisi non ce ne sono dato che spesso nei vari testi (anche coevi) si parla di "ingegni" per descrivere le macchine per la coniazione, ed a parte le note sul fatto che fossero azionate tramite energia idraulica o animale, non si specifica altro. A Roma ad esempio durante il pontificato di Urbano VIII si sperimentò la coniazione con le presse a bilanciere, che aumentarono notevolmente la qualità delle monete coniate, eliminando il "fastidioso" (per noi collezionisti in primis ) problema dei salti di conio, intrinsechi della coniazione a martello. Anche i coni rotanti (che potevano essere a singola impronta o ad impronte multiple) ebbero uso nella zecca romana ed anche per nominali di notevole diametro come le mezze piastre o le piastre di papa Clemente XII. In particolare per la mezza piastra A.IV non venne adeguatamente preparato il conio sul rullo e le monete che ne derivano (i tondelli erano preparati precedentemente alla coniazione) ne risultano ovalizzati notevolmente. La coniazione con coni rotanti ad impronta multipla (4-6-8 impronte su un conio) era invece particolarmente adatta per i nominali minori, in particolare in rame, per via della rapidità di coniazione e la relativa importanza di ottenere tondelli perfetti (vedasi quanto scritto sopra). Fu questo il metodo principe utilizzato a Gubbio per tutto il periodo di operatività della zecca pontificia, e fu anche quello messo in opera dalle tante zecche riaperte da Pio VI nel periodo 1795-1797, soprattutto in quelle dove la massa di rame da monetare era elevata e la produzione con coni singoli era senz'altro limitativa. La tecnica dei coni rotanti viene abbandonata gradualmente all'inizio del XIX secolo, con l'introduzione su tutti i nominali (fu Pio VIII ad introdurre il contorno ornato anche sul rame, compresi i quattrini, nel 1829) dei contorni lavorati tramite l'espansione del tondello su una ghiera di contenimento, a sua volta lavorata. Era una velocizzazione notevole rispetto a riprendere i tondelli singoli per lavorarne il contorno su appositi macchinari. Venendo alle fasi operative della tecnica di coniazione a rullo che interessa la moneta oggetto di questo topic, la più lunga e complessa era certamente la preparazione dei coni. Occorreva un albero in acciaio fuso o forgiato, da tornire al diametro necessario per contenere le impronte (maggiore il diametro della moneta da coniare, minore il numero delle impronte sul conio) e sul quale punzonare i coni, opportunamente ovalizzati (diametro trasversale maggiore di quello longitudinale di circa 1/8), per ottenere un impronta perfettamente circolare sul tondello. Questo un conio a rullo per il 5 bolognini 1779 di Pio VI, conservato al Museo civico di Bologna, si notano parte delle 8 impronte presenti: Fatto ciò il cilindro andava cementato (zona dei coni) e temprato per renderlo resistente. In mancanza di metodi scientifici per garantire il risultato (si pensi che le sostanze "cementanti" erano fuliggine, unghie di bue ed urina) ne risultavano cilindri diversamente deformati che andavano messi in fase per renderli operativi. In pratica le impronte venivano contrassegnate con delle lettere dopo avere messo in fase un'impronta su una zona deformata "in positivo", con una corrispondente deformata "in negativo" sull'altro cilindro; in tal modo la lamina da coniare avrebbe mantenuto uno spessore costante facilitando l'operazione di conio. Su questo mezzo baiocco di Gubbio si nota tra le impronte dei due coni vicini la lettera "B", gli altri segni esterni al conio servivano per aiutare il trascinamento della lamina in fase di coniazione: Contemporaneamente andavano preparate le lamine da coniare, tramite un laminatoio che portasse i lingotti allo spessore necessario. Ne seguiva la coniazione vera e propria, anch'essa con un laminatoio dove i rulli lisci per portare a spessore le lamine erano sostituiti con i coni precedentemente preparati. Questo il risultato su un sampietrino di Roma (ex asta Centauro 2006): L'ultima fase era la separazione dei tondelli dalla lamina coniata, tramite una fustellatrice che poteva essere manuale per i piccoli spessori (es. quattrini) o a bilanciere per lamine di spessore maggiore (si pensi ad esempio al sampietrino di cui sopra). A questo punto, salvo aggiustamenti di peso o eventuali operazioni aggiuntive di lavorazione dei contorni, i tondelli erano pronti per essere versati nelle casse della zecca e per essere ammessi alla circolazione. Come testi utili ad approfondire le tecniche di coniazione segnalo il libro di Angelo Finetti "Numismatica e tecnologia", molto semplice e completo nel trattare tali argomenti; e per approfondire il tema più strettamente legato alle coniazioni pontificie suggerisco l'ottimo libro di Michele Chimienti "La zecca di Bologna e le sue macchine", dal quale provengono alcune delle immagini qui postate, che tratta in particolare della zecca felsinea ma non tralascia di citare quello che accadeva contemporaneamente nel resto dello stato e nel resto d'Italia. Ciao, RCAMIL.
    2 punti
  3. eccola un po' schiarita ... Uploaded with ImageShack.us
    1 punto
  4. Forse lo volevano far somigliare a Menelik II !!!!!!!!!!! http://it.wikipedia.org/wiki/Menelik_II
    1 punto
  5. Non aspetto altro, ....e tutta la mia gratitudine per le tue monete meravigliose e rarissime che sono gioia per i miei occhi. Intanto l'ultima tua scoperta l'ho messa nel catalogo perchè è un'assoluta novità: Denaro suberato
    1 punto
  6. Ordunque: se la moneta è suberata, a mio parere, dovrebbe essere un falso d'epoca coniato da una zecca concorrente (e ce n'erano decine) ma perché rischiare così tanto per un "denaro" che, credo, visto il suo facile riconoscimento come falso (oltre ai difetti di stampa che abbiamo visto, anche alla diversa cosistenza che doveva avere, alla facile piegatura e comunque diversa da quella di una moneta d'argento, sarebbe stato alquanto pericoloso. Cito il Pesce: "...Anche la zecca di Genova coniò monete suberate." (mi piacerebbe sapere quali, se si conoscono), poi ancora "... da una lettera del 1449 dove il doge scriveva a Francesco Sforza lamentando che da un castello denominato "la Preoxa", che era sotto la sua giurisdizione, si coniavano "Fiorini d'oro della stampa di Genova". Poi ancora "Nel 1452 vi è una denuncia di un falsario Nicolaus de Ancona, dipendente della zecca Genovese, e nel 1474 viene condannato a morte come falsario Gian Battista Grillo, poi la pena è commutata in ergastolo." Ma queste operazioni, per le quali i falsari rischiavano la vita, avvenivano, credo, per monete di un certo valore, perché suberare dei danari? A meno che la zecca non fosse stata molto lontana e poco o nulla a contatto con Genova, oppure, questa falsificazione è dei primi anni di apertura della zecca (e questa sarebbe una importante notizia a livello storico/numismatico), il Pesce, per esempio, ipotizza che i famosi "bruni o brunetti di Pavia" fossero stampati a Genova, forse prima dell'apertura ufficiale della zecca, più necessità di moneta che per voler ingannare la gente ma, a quanto pare, non se n'è ancora trovato uno. Io ho visto solo una moneta suberata ma era un testone (se non ricordo male) comunque una moneta di un certo peso, ricordo la lamina d'argento abbastanza spessa e all'interno qualcosa come rame il periodo, più o meno, inizi 1500 (Luigi XII o Antoniotto Adorno o Francesco I), quello che ricordo bene è che costava più dell'originale. Comunque era ben fatta, se non ci fosse stato il buco, dove era evidente la suberazione, si poteva scambiare facilmente per la moneta d'argento vera, ebbene, io credo, che quella potesse essere una moneta suberata dalla stessa zecca di Genova (se interessa posso informarmi meglio su quell'esemplare). Infine ho mille dubbi e mille perplessità. Saluti
    1 punto
  7. ciao, questa moneta essendo austriaca ma circolante nel Regno del Lombardo-Veneto, ci ricorda gli anni del Risorgimento. Come si vede dal link, la parola "svanzica" deriva da una storpiatura di zwanzig (20). Anche questo era un modo per sottolineare la separazione tra le due culture. http://www.lamonetapedia.it/index.php/Svanzica
    1 punto
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