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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/07/11 in tutte le aree

  1. Volevo intervenire già da qualche giorno in questa interessante discussione, ricca senz'altro di molti spunti. Sopratutto la parte di analisi dei vari temi e problemi da tenere conto analizzando la moneta anche come merce di rob mi trova in linea di massima d'accordo. E tuttavia quando si parla di temi come questo della svalutazione del denaro vorrei richiamare un poco di più l'attenzione di tutti alla questione della cronologia, oltre che dei luoghi (ripeto, come sempre, le parole di Cinzio Violante: "Gli occhi della storia sono la geografia e la cronologia"). La svalutazione del denaro nel corso del XII secolo, fino alla coniazione dei primi grossi (che ricordo si datano ora 1194 per Venezia, 1196-inizi Duecento per Genova, 1199-primo quindicennio del Duecento per Pisa, con Lucca e Siena), in Italia centro-settentrionale avvenne per: 1) l'anelasticità dell'offerta della materia prima, ovvero disponibilità non illimitata o limitata fino ad un certo punto dei metalli monetabili (sop. argento) rispetto all'accresciuta domanda (cfr. apertura nuove zecche e aumento del volume delle coniazioni anche per sostenerne i profitti; maggiore monetarizzazione della società) 2) mancanza, ancora, di una sufficiente organizzazione del sistema creditizio. Nel XIII secolo nonostante la messa a coltura di nuove miniere e l'arrivo di argento "fresco" (centro Europa, Sardegna etc..) la domanda complessiva di moneta rimase sempre superiore all'offerta. Soltanto che ora si decise, o si provò a dare risposte diverse, che compresero il dispiegamento del sistema creditizio (dalle lettere di cambio degli inizi del Duecento, fino all'emissione di cheques alle origini degli assegni, avvenuta però nel tardo XIV secolo!) , la scelta di buoni standard per le operazioni economiche di un certo livello ed in genere comprendenti pagamenti a breve e medio termine, come i grossi e poi le monete auree. Si lasciò invece continuare ad agire l'inflazione, ovvero si scaricarono parte dei problemi di cui sopra, sulle monete più piccole, cercando di controllare l'indice di svalutazione fino dove fosse conveniente, sia per i proventi della zecca, sia in senso economico più generale. L'importante infatti era cercare di bilanciare bene questo tipo di operazione che da un lato penalizzava le rendite sop. fondiarie e/o a lungo termine (canoni, affitti etc. pattuiti in denari o in moneta di conto basata sui denari che rimanevano nominalmente fissi contro una perdita di valore intrinseco) a vantaggio dei contadini, ma sopratutto degli artigiani e dei mercanti, dall'altro rischiava di far salire troppo i prezzi ed i salari, a svantaggio di tutti. Infine oltre ad un certo limite di svalutazione anche la coniazione stessa non era più conveniente perchè i costi di produzione avrebbero superato i guadagni della zecca, sia gestita direttamente che appaltata. Per ciò talvolta e sopratutto a partire dalla metà del Duecento si poteva sospendere per qualche periodo la battitura di moneta piccola, o alternatamente procedere a piccole rivalutazioni (dei denari stessi, o creando dei denari "nuovi" di valore doppio delle serie precedenti etc..). Le scelte economico-monetarie delle città italiane sede di zecca dovevano tenere sempre presenti tutti questi aspetti e le svalutazioni non furono mai solo di "necessità" o solo "ostili" (come un poco mi pareva invece di evincere dalle parole di Paleologo), perchè nei calcoli anche complessi di come e quanto coniare o svalutare rientravano sempre anche considerazioni su come e quanto si coniava e si svalutava nelle zecche vicine, e/o sul circolante nel mercato monetario al quale ci si voleva riferire. Non so se sono stata chiara, sopratutto per ghera. In caso sono disponibile per ulteriori spiegazioni, in questa sede, o via MP . Comunque per questi aspetti per me rimangono insuperate alcune pagine degli studi di Carlo Maria Cipolla (per una sintesi l'ancor valido "Le avventure della Lira" 1975), completate per aspetti più "tecnici" da Spufford (soprattutto "Money and its use.."). Un manuale con specchietti utili e buoni "riassunti" è anche quello di Paolo Malanima "Economia preindustriale. Mille anni: dal IX al XVIII secolo", Milano 1997. Sul sistema creditizio e la storia della banca, oltre agli studi di De Roover e di Fanfani, è poco conosciuta, ma molto utile anche a livello generale l'opera di Federigo Melis "La banca pisana e le origini della banca moderna", con una prefazione di B. Dini. 1984 : Indice con link_Melis Per chi legge l'inglese alcuni saggi generali si trovano anche qui: Business, banking, and economic thought in late medieval and early modern Europe, ed. by Julius Kirshner, Chicago & London, The University of Chicago Press, 1974. saluti a tutt* MB
    2 punti
  2. Credo che il rovescio vada ruotato di 90° in senso antiorario; mi sembra infatti di vedere la testa di Era come questo bronzo di Thermai Himerensis in Sicilia. Luigi
    1 punto
  3. http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GECOL1/2 per me sono anche questi quartari di Bonifacio -
    1 punto
  4. La Assay Commission si riunisce il 14 febbraio 1934, e distrugge altre 9 monete, per saggiarne peso e titolo, risultati regolari. Il 20 febbraio le 437 rimanenti ritornano nella disponibilità della Zecca di Philadelphia, e vengono riposte nella sua cassaforte dal cassiere facente funzione, Hibberd Ott, unitamente alle 34 ricevute in precedenza da McKernan: in totale 471 monete. Da qui, sarebbero uscite solo tre anni più tardi, per essere fuse insieme alle 445.000 che non avevano mai lasciato i forzieri della Zecca. Dai documenti ufficiali risulta che tra il 6 febbraio e il 18 marzo 1937 finiscono nel crogiolo della Zecca di Philadelphia, insieme a centinaia di migliaia di altre monete d’oro di vario tipo, i 445.000 pezzi del 1933 che non erano mai usciti dai forzieri, e 469 dei 471 custoditi nella cassaforte del cassiere. Gli ultimi due, su disposizione della direttrice della Zecca, Nellie Tayloe Ross, erano stati inviati nell’ottobre 1934 allo Smithsonian Institute per la collezione numismatica del museo, dove sono tuttora. Riepilogando: 445.500 pezzi coniati, 29 distrutti nei test, 2 donati allo Smithsonian, 445.469 rifusi....i conti tornano. O meglio tornerebbero se alla Zecca avessero rispettato tutti i controlli e i sistemi di sicurezza, ma a quanto pare non è stato così (altrimenti non sarei qui a scrivere ). Pare invece che non fosse messa molta cura nel trattare queste monete (che erano pur sempre d’oro, e quindi di valore) e in più occasioni si erano trovate Double Eagles di data sconosciuta sparse sul pavimento delle camere di sicurezza, e poteva accadere che nessuno sapesse dove erano state riposte particolari monete (anche quelle del 1933?). Se a questo si aggiunge che non era tenuto nemmeno un conteggio complessivo preciso di quante monete d’oro (“doppie” e altre) venivano man mano restituite dai cittadini, appare chiaro che poteva essere relativamente facile, per chi avesse avuto libero accesso agli uffici della Zecca, entrare in possesso di una o più 1933 Double Eagle, sostituendole con monete di altre annate. petronius
    1 punto
  5. Ho letto con interesse gli ultimi interventi... Tuttavia vi ho riscontrato alcune zone d'ombra da chiarire. Intanto vorrei far presente che Venezia non possiede un proprio entroterra fino alla conquista di Treviso alla fine del trecento, ma questo non impedisce alla sua moneta di circolare in tutto il nord-Italia e su tutta la costa adriatica. Formalmente Venezia era un dominio bizantino (riconosciuto agli inizi dell'ottocento anche dai carolingi). Ma la moneta che batte è su piede carolingio e quindi destinata alla circolazione nei territori dell'impero e quindi in Italia. La sua propensione al commercio con l'oriente, in questo caso, non ha importanza. Non fondamentale perlomeno. La zecca di Venezia fin dalle origini batte moneta per la terraferma, anche se non sottoposta al suo dominio. Questo dato è confermato dai ripostigli in tutto il nord-Italia, nonchè dalle imitazioni del grosso di altre zecche italiane. Quindi, ribadisco, Venezia NON è un corpo estraneo nella monetazione italiana (vedo comunque che la mia battaglia è difficile e piena di ostacoli :D ). Il secondo punto che mi preme è quello che riguarda la circolazione e la percezione dei fenomeni monetari nel medioevo. Come ho già detto nella discussione richiamata da Dabbene, non sono per nulla d'accordo con Le Goff sul concetto di moneta come ''sterco del diavolo''. E' vero che la chiesa osteggia il prestito di usura e che spesso (nello stato pontificio) i commercianti sono rappresentati all'inferno. Ma la realtà era ben diversa. A Venezia il prestito, anche con interessi molto alti, era tranquillamente praticato e di solito faceva ricchi sia coloro che prestavao che coloro che ricevevano (a tal proposito vedi gli scritti di Lane). Per quanto riguarda le svalutazioni, era chiaro a tutti coloro che battevano moneta che esse fruttavano guadagno. Lo dimistra il fenomeno della ''renovatio monetae'' praticato con scadenze frequentissime in moltissimi stati medievali (Federico II in testa). La renovatio implicava la restiuzione dei denari precedenti ricevendo in cambio un numero pari di denari nuovi svalutati. Pena la morte (non si scherzava). Ovviamente c'era chi rischiava, ma la frequenza delle renovatio conferma che i proprietari dei diritti di zecca ne ricevevano un lauto guadagno. Ultima considerazione sulla circolazione delle monete nel medioevo e l'uso del baratto. Ultimanente scricchiola anche l'idea che nei secoli bui la circolazione monetaria sia stata circoscritta ad alcune aree più sviluppate e che nelle campagne si adoperasse solo il baratto. Interessanti a tal proposito gli studi della Morrisson sulla circolazione nei balcani (una zona che si considera arretrata economicamente nel medioevo). Ebbene i suoi studi e i ritrovamenti monetari suggeriscono una circolazione monetaria molto più sviluppata e complessa di quel che si credeva. Anzi, anche nelle fiere più povere circolava denaro. Credo, quindi, che la storia monetaria del medioevo sia ancora tutta da scrivere e che ci riserverà non poche sorprese!
    1 punto
  6. ......boh....la data con doppia ribattitura è evidente.....per il resto...lo voglio vedere....ma dato che il dott montenegro è di una scrupolosità impressionante...è avvio che quello che scrive è giusto! :D ;) renato
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  7. Conosco la tipologia come imitazione dei liard emessi nalla zecca di Desana da Delfino Tizzone, ma la lettera centrale è una H (mentre qui sembra una M) e la croce è diversa. Credo inoltre che la seconda immagine vada ruotata di 180°, come da allegato. Cercherei quindi tra i liard francesi, del tipo che allego. http://www.mcsearch.info/record.html?id=297423 Luigi
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  8. questa la prenderò sicuramente :)
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  9. La collocazione delle 16 emissioni bronzee dell'ultima monetazione di Katane, un problema aperto: alcuni accenni in tre saggi disponibili online Il Manganaro aggiunge inoltre che secondo un criterio ponderale questa emissione potrebbe risalire al primo posto. Tuttavia a porre questa emissione n. 11, e pure la n. 14 del III/IV Gr., tra quelle più recenti, concorrerebbe il rinvenimento di 4 esemplari di Katane (due assai logori con Testa gianiforme/Demetra - n.11, III Gr., e due leggibili con Zeus Ammone/Iside Dikaiosyne - n.14, IV Gr.) nel ripostiglio di Megara Iblea (1949), databile per un esemplare poco circolato del Municipium Hennae intorno al 40-36 a.C., negli anni di Sesto Pompeo. Fonte: La prima (metà V sec. a.C.) e l'ultima (44-36 a.C.) emissione degli Hennaioi in gloria di Demetra di G.Manganaro, 2007. Interessante la nota 39 dove il Manganaro, pur ribadendo come problema aperto la collocazione delle 16 emissioni bronzee dell'ultima monetazione di Katane, confuta, giudicandola troppo alta, la cronologia presentata da M. Casabona ("Le monete di Catana ellenistica fra Roma e le influenze orientali", 1999) e aggiunge che a suo modesto avviso una "distribuzione delle emissioni di Katane in 3 Periodi ed entro ognuno di essi in fasi, a partire dal 216/215 – 206, 205/200 – 187, 187–170 a.C. circa, resta solo un auspicio: bisogna attendere e ricercare sicuri puntelli." M. Caccamo Caltabiano a questo proposito scrive invece (in nota 46, "Dalla moneta locale alla provinciale? La Sicilia occidentale sotto il dominio romano"): "Tale cronologia risulta dall'analisi puntuale delle serie catanee condotta dalla mia allieva M. CASABONA, Le monete di Catana ellenistica fra Roma e le influenze orientali, RIN, C, 1999, 1-34 che discute la cronologia proposta da G. MANGANARO, La monetazione di Katane dal V al I sec. a. C., in «Catania antica. Atti del Convegno S.I.S.A.C., Catania 1992», a cura di B. Gentili, Pisa-Roma 1996, 303-321, 314-315, basata ancora sull'attribuzione delle serie bronzee di norma semionciale posteriormente alla legge Plautia Papiria degli anni della guerra sociale, supra, n. 9. Coincide invece, con quanto già sostenuto da MANGANARO, ibid., 313-314, la nostra opinione di interpretare quali assi le serie romano-siciliane con testa di Giano al diritto." Anche la datazione del I sec. a.C. dello standard semionciale basata sul tesoretto di Megara sembrerebbe messa in discussione dalle nuove proposte di cronologia del tesoretto stesso secondo le quali potrebbe essere di non molto posteriore agli inizi del II sec. a.C. o non più tardo della sua prima metà. (Vedi M.Caccamo Caltabiano, "La cronologia del municipium di Henna. Discordanza tra il dato numismatico e quello storiografico", citazione in nota 51 in questo articolo di C. Mangano). Valeria (continua)
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  10. Su su bando alle nostalgie…, è ora di togliere i teli al nostro salotto buono e accomodarci: altre storie ci attendono! E se il menù sarà allettante …., son certa Numa numa non lesinerà di sedere con noi, tra un impegno e l'altro, a deliziarci con gli sviluppi delle sue ricerche ... :rolleyes: Grattugia e Ciceone Orsù, per porgere l' "Arrivederci" a Numa e il "Benvenuto" a Dabbene nel nostro Simposio, che ne dite, gentili Amici, se alla maniera euboica Vi preparassi un corroborante ciceone??? Piakos, passami la coppa di Nestore! "In questa la donna pari alle dee preparò ad essi la bevanda con vino di Pramnos, grattandoci sopra formaggio caprino con bronzea grattugia, vi sparse sopra bianca farina … … e l'invitò a bere, poi ch'ebbe mischiato l'insieme…… Essi bevevano e cacciarono via la sete bruciante, poi si scambiavano tra di loro con piacere qualche parola….". (Iliade, passo riferito a Nestore - XI, 637-639). Dall'inizio del IX secolo a.C., così bevevano il loro vino gli aristocratici in Eubea, a Lefkandi, e così pure gli Euboici di Pithecusa, come dimostrano le grattuge di bronzo rinvenute in associazione a vasi da vino nei corredi funerari di guerrieri…. L'interrelazione e l'intreccio dei traffici mediterranei sono lo sfondo e il veicolo di diffusione di questi modelli culturali greci anche in Sicilia così come in Etruria e in Sardegna… Ma dato che ci troviamo nella chora catanese, per il nostro Kykeon (mistura) meglio mescere gli inebrianti vini dell'Etna da questo stupendo Cratere (V sec. a.C. : Perseus mostra a Polidette, re dell'isola di Serifo, la testa di Medusa :blum: – Museo del Castello Ursino, Catania). E visto che "La voce prende coraggio vicino al cratere" (Pindaro, Nemea IX, 49), mentre Voi bevete… inizio io a raccontare ... Continua… Valeria Per un approfondimento: - Alfonso Mele "Grattugia e ciceone" – in "Edward Herring, Irene Lemos, Fulvia Lo Schiavo, Lucia Vagnetti, Ruth Whitehouse & John Wilkins (eds) Across Frontiers. Papers in honour of David Ridgway and Francesca R. Serra Ridgway Specialist Studies on the Mediterranean 6. ISBN 1 873415 29 X - 2006" - Il greco, il barbaro e la ceramica attica - Di Filippo Giudice,Rosalba Panvini
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  11. Colonie euboiche e Cultura Ionica, tra Tirreno, Ionio ed Egeo ...: riflessioni in libertà A Pithecusa e a Cuma (quindi nelle più antiche fondazioni euboiche nel Tirreno) si ritrova attiva la stessa associazione di Eretriesi e Calcidesi che operava contemporaneamente nella penisola Calcidica (nord Egeo). La colonizzazione euboica della Sicilia è invece attività soltanto calcidese, come dimostra nel 735 a.C., la fondazione di Naxos, a cui partecipano tuttavia anche coloni provenienti dalla Cicladica Naxos, isola che secondo la Consolo Langher avrebbe ricoperto un ruolo di preminenza nelle Cicladi già dalla metà dell'VIII secolo. La Guarducci, in particolare, ipotizza che il nome stesso della colonia calcidese in Sicilia, Naxos, sarebbe stato scelto proprio in virtù del prestigio di cui l'egea Nasso godeva nell'anfizionia delia. Ecco uno statere (secondo lo standard monetario aeginetico di 12,2 g) che testimonia gli inizi della monetazione nella Naxos cicladica: è datato 520-490 a.C. e pesa 12,43 g. (21 mm). (L'immagine della moneta è copyright del "Münzkabinett, Staatliche Museen zu Berlin, 18203117") Il kantharos, i grappoli d'uva e la foglia d'edera sono attributi che alludono a Dioniso, il cui culto, come pure avviene per i culto di Sileno e Apollo Arkeghetes, sarà importato in Sicilia a Naxos dall'egea "Naxos, la fertile fra le isole" (Erodoto) e il cui vino Archiloco paragonava al nettare degli dei… Per un confronto, qui una dracma calcidese dalla Naxos Siciliana: (5,52 g, 24 mm) che nella monografia di Alberto Campana su Naxos - Corpus Nummorum Antiquae Italiae - corrisponderebbe al tipo n. 1 b con etnico NAX-ION retrogrado, datato 530/520-510. (L'immagine della moneta è copyright del "Münzkabinett, Staatliche Museen zu Berlin, 18216054") Viticoltura e metallurgia sono state qui citate spesso come attività centrali per l'aristocrazia euboica. Celebri inoltre i riferimenti straboniani alla fertilità dell'area attorno all'Etna e all'eukarpia di Pithecusa, considerate particolarmente adatte alla coltivazione della vite. Ma anche altri centri euboici hanno in comune la feracità della terra e la produzione di vino. Ad esempio, Erodoto (VII 122) ci informa che il promontorio di Torone aveva il nome di Ampelos (vite); buono era anche il vino di Acanto (Athen. I, 30 E); Teopompo (FGrHist 115 fr. 237) più in generale ricorda la ricchezza della produzione di frutti ed uva nella Macedonia al tempo di Filippo. Per la Calcidica si può ricordare la bontà del vino di Mende (Atheneo, Steph. Byz.), città che adotta come tipi monetari simboli connessi al mondo dionisiaco .. Tucidide menziona Mende nella Pallene (golfo termaico) come la più importante delle colonie eretriesi nella Calcidica (le altre erano Dikaia e Methone). A Pithecusa, dallo scarico Gosetti, sono state rinvenute anfore del VI secolo da Mende: forse assomigliavano a questa raffigurata al R/ di un diobolo della prima metà del V secolo- IV secolo, e con al D/ la testa del giovane Dioniso incoronato d'edera. Il peso è di 0.837 g., l'etnico MENDIAWN. Per una ammaliante carrellata di monete che alludono al Vino, ricordo le pagine del nostro grande Roth37 : http://www.roth37.it...onetazione.html Abbiamo finora esplorato insieme a Piakos e Numa come la diffusione della cultura ionica si sia realizzata attraverso scambi e relazioni che hanno coinvolto la Ionia d'Asia, le Cicladi, l'Eubea, l'Attica. L'importanza delle attività che gli Eubei svolgono nell'Egeo a partire dal X secolo è sottolineata dal Giangiulio (1996) il quale mette in evidenza la centralità del ruolo dell'isola di Eubea all'interno di una rete di scambi e relazioni con l'area cicladica e quella nord-egea, e la compenetrazione tra questa sfera di relazioni e quella cipro-levantina. In questo processo le Cicladi hanno svolto un ruolo fondamentale e con le Cicladi l'Eubea fu in stretti rapporti: in particolare tra il IX e l'VIII secolo si intensificano i contatti con le Cicladi meridionali (tappe inevitabili della rotta che conduce alle coste siriache) e con Nasso (VIII secolo), impegnata con i Calcidesi tanto nella fondazione di Nasso in Sicilia, quanto nella creazione di emporia lungo la costa tunisina. Nell'Inno Omerico ad Apollo compare l'appellativo di Ioni ad indicare tanto gli Ioni d'Asia quanto i Greci delle Cicladi. Questi ultimi erano perciò nell'VIII secolo (epoca a cui probabilmente risale la sezione delia dell'inno) considerati "Ioni" e partecipi della cultura ionica. È dunque nel contesto dei rapporti con le Cicladi che va definendosi la ionicità dell'Eubea. Si tratta di una situazione analoga a quella di Atene l'antichità delle cui relazioni con il mondo ionico (risalenti almeno all'VIII secolo) è stata di recente rilevata dalla Campone. Fonte principale: "GLI EUBEI NELLA PENISOLA CALCIDICA. Dott.ssa Rosa Maria ABETE" Valeria
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