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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/10/11 in tutte le aree
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Durante il fine settimana non ho accesso a internet e ho visto che la discussione si è sviluppata in modo interessante. Nel frattempo anch'io ho studiato un po' l'argomento soprattutto per quanto riguarda le zecche della Marca veronese - aquileiese. Premessa generale: nella monetazione medievale le lettere sono fatte da punzoni. Questo è un punto fondamentale di cui tenere conto. Ora la questione posta da Monbalda riguarda l'inizio dell'uso di lettere gotiche nelle varie zecche italiane. E qui sorge il primo problema, ovvero cosa intendiamo per lettera gotica in numismatica. Così di getto nel mio primo post ho pensato all'introduzione nelle zecche del Nord-est di caratteri arrottondati per la E ed ho indicato la moneta di Volchero (ma quella con il tempio, non quella con l'aquila) per Aquileia e il grosso di Enrico Dandolo per Venezia. Monbalda ha specificato che a lei interessava la e arrottondata ma chiusa a mezzaluna in quanto solo questa gotica (per adesso permettetemi di dedicarmi solo alla lettera E in quanto caratteristica). Per prima cosa chiarisco il mio pensiero per prima cosa riguardo alla zecca di Aquileia. Volchero diventa patriarca nel 1204 e la sua avventura termina nel 1218. L'emissione con l'aquila viene datata al 1209 - 1218 e quindi quella con il tempio va dal 1204 al 1209 essendo sicuramente precedente. Dei conii conosciuti alcuni presentano la lettera e di forma latina e pochissimi, credo due, conii con la e arrottondata. Siccome gli esemplari con l'aquila presentano tutti la e arrottondata, è plausibile che i coni con questa e delle emissioni con il tempio siano le ultime. Quindi in un momento tra il 1204 e il 1209 è cambiata la ''moda'' di fare le e. Come venivano fatte queste e? Se guardiamo le immagini postate da altri utenti molto più bravi tecnologicamente di me, le e di Gotifredo, così come quelle di Pellegrino II e Volchero (primo periodo) sono eseguite con il punzone della lettera I seguita da tre punzoni a cuneo sovrapposti. A partire da Volchero la e viene ottenuta da un punzone a semiluna con sempre tre punzoni a cuneo sovrapposti. Non è una e chiusa come vorrebbe Mongalda. Ma è una e diversa dalla precedente e da allora in poi adottata dalla zecca di Aquileia. Ecco il punto: perchè è cambiata la e? A mio avviso perchè era arrivata la moda gotica di scrivere anche se la tecnica o le scelte degli zecchieri non consentivano alla e di diventare pienamente gotica. Per chiudere con Aquileia la e chiusa da una forma arrottondata inizia da Pietro Gera (come già segnalato da altri utenti). Discorso leggermente diverso per la zecca di Venezia. Anche qui la e usata fino al secolo XII è del tipo I più tre cunei (addirittura la c è una I con due cunei). Con Enrico Dandolo diventa rotonda e, credo viste le dimensioni, ottenuta da un punzone specifico e completo. Non è ancora chiusa (ma comunque è molto vicino) e le motivazioni per l'adozione sono, a mio avviso, simili a quelle sopra esposte. Si chiude, come detto da Rob, verso la metà del duecento, ma in la linea di chiusura è dritta. La prima chiusura della e a semiluna, come quella postata da Mongalda all'inizio discussione, l'ho riscontrata sul ducato di Pietro Gradenigo (1289 - 1311). Infine due note su altre zecche dell'area. A Padova le e si chiudono ai tempi di Ulrico di Walsee (1320 - 1324). Infatti alcuni grossi aquilini hanno le e arrottondate ma aperte, altre le hanno chiuse. Padova poi adotta delle bellissime lettere gotiche a simboleggiare il nome del Signore in carica. A Merano le e si chiudono a partire dalle emissioni di Enrico (1306 - 1335).2 punti
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Ciao a tutti E' un po che sono iscritto al Forum e prendendo familiarità con esso mi son accorto che se si vuole imparare, nel variegato campo numismatico, basta fare un po di zapping nei vari settori del Forum. Tante volte per TV facevano cose interessanti ma preso dalle discussioni mi perdevo in rivoli di commenti, chi con cognizione di causa ,chi solo con il suo modo di vedere,altri contrari, questo mi piace mi coinvolge, mi fa pensare, mi fa venir voglia di capire, istruirmi in tal senso, penso che anche altri , come me , abbiano avuto la stessa sensazione. O forse la malattia, che ho preso, stà avendo il sopravvento. No............... sono consapevole che il Forum, se usato nel modo giusto, sa dare risposte senza fare troppe domande. C'è tanta cultura scritta nei commenti. E con questo Vi auguro un buon ZAPPING. A presto RENATO1 punto
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Aiuto Ciao, ho trovato questo articolo che parla dell'errore...anche se viene detto sui denari...(p. 98 esattamente) Si parla addirittura di intenzionalità dell'errore...nei falsi monetarii repubblicani... Magari veniva utilizzato anche su altre monete diverse dal denario... Spero sia di aiuto... Ciao!1 punto
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Ci sono stati dei momenti in cui, per motivi di varia natura, la moneta spicciola in corso si rarefaceva, diventava impossibile per le imprese commerciali fornirsene attrraverso le banche. Ciò tornava a scapito principalmente degli esercizi che vendevano prodotti alimentari, in tempi in cui i supermercati erano di là da venire : latterie, panetterie, ecc. Questo ha fatto sì che molti negozi si siano attrezzati in quei periodi a produrre in proprio il controvalore della moneta mancante, per cui troviamo una serie vastissima di surrogati della moneta in coso legale : dischetti contenenti un francobollo, dischi di metallo o di plastica recanti il nome della Ditta emittente e il suo "valore", addirittura rudimentali cartoncini con il timbro del negozio e il controvalore. In genere questi gettoni venivano accettati solo da chi li aveva emessi , ma ci furono anche emissioni più sofisticate - come gli assegnini - che invece venivano accettati dovunque. Dallo stile del tuo gettone, direi sia da ascriversi agli anni della prima guerra mondiale : sono ovviamente d'accordo con l'interpretazione che ne ha dato anche Giovanna. Saluti :)1 punto
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Medaglia ovale devozionale,bronzo/ottone della seconda metà del XVII sec. D/ Madonna seduta con il banbino in braccio a sx? R/S.Leonardo di Noblat.,scritta: - LEONARD- -.S.Leonardo e protettore dei carcerati,fabbri,e agricoltori,viene invocato contro i dolori del parto e contro i briganti,molto venerato in Francia,Baviera,Austria e Svezia.Ciao Borgho.1 punto
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Questa per me è facile: Asse di Domiziano - XI Consolato - anno 85 - 2a emissione dopo l'attribuzione dei poteri censorii. La moneta dovrebbe essere questa (RIC2 nuova edizione 388 - vecchia edizione 302a).1 punto
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Ciao, te lo dice il gettone stesso, c'è la denominazione della ditta che lo ha emesso, probabilmente serviva per prendere un quantitativo di pasta per il valore di una lira e mezza, forse era una specie di promozione oppure uno sconto per i clienti. Hai provato a fare ricerche sulla Ditta? Ciao Giò :)1 punto
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Medaglia devozionale cuoriforme,bronzo/ottone del XVII sec. D/ Madonna del rosario,(sia la Madonna che Gesù Bambino reggono la corona del rosario),in alto tre o quattro teste di cherubini.R/ E' rappresentato un santo,forse S.Antonio di Padova o S.Domenico?Non si distingue molto bene. lCiao Borgho.1 punto
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Dobbiamo anche considerare che l'iconografia di una coniazione non era scelta per capriccio ma bensì densa di significati, il cui intreccio può rivelarsi complesso oggi che dobbiamo interpretarlo...a tanti secoli di distanza. Ma non solo Dioniso ed il grappolo sono tipici della monetazione di Naxos. Nei suoi capolavori monetali è famosa l'immagine del sileno ebbro al rovescio. Il Sileno, secondo la mitologia greca, era una divinità dei boschi e della natura selvaggia: figlio di Pan, aveva aspetto umano con coda e orecchie equine.Era costantemente ubriaco e trascorreva il tempo inseguendo le ninfe dei boschi con atteggiamenti osceni.Nella vecchiaia il Sileno allevò Dioniso, il dio del vino, ed entrò a far parte del suo corteo durante le feste e nelle vendemmie. Possiamo quindi anche dedurre che, essendo stata fondata Naxos da Calcidesi e da gente della Naxos cicladica, in qualche modo questi ultimi ebbero decisione nelle tipologie di coniazione, segnatamente ove si rammenti il cantaro e la testa di Dioniso. La città, prima della distruzione ultima e definitiva del 403 a.C., per mano dorica cioè siracusana, aveva già conosciuto cedimenti e deportazioni, segnatamente nella prima metà del V secolo. E' fondamentale osservare che, tali deportazioni incisero maggiormente sull'elemento euboico (Calcidese) della popolazione, Ed era questo l'Ethnos che la potenza dorica, ben rappresentata e mediata nell'isola da Siracusa, intendeva piegare alla propria spinta egemonica. Probabilmente coloro che discendevano dall'ethnos cicladico, in qualche modo, ebbero a soffrire di meno...ed infatti il kantharos (tipico nella monetazione dell'isola di Naxos) e il Sileno (figura legata all'antica cultura dell'isola cicladica) furono ampiamente raffigurati. Il cantaro, specificamente, sia da solo in alcune frazioni che nella coppa che il Sileno porta alle labbra nei famosi rovesci monetali maggiori. Su questa linea può avere spessore l'ipotesi che tali figurazioni abbiano incontrato il favore delle famiglie dominanti...dopo che i maggiorenti di Stirpe Calcidese furono allontanati o cercarono altra fortuna tra Tauromenio e la valle dell'Alcantara. Tetrad. Naxos delle Cicladi. Simile alla successiva nell'impostazione del diritto. Rov. Cratere dove vino ed acqua venivano mischiati..anche con sostanza dolcificanti od aromatizzanti, in parti a volte canoniche altre volte a scelta del momento. Difficilmente tuttavia, si beveva vino puro in Grecia se non in momenti critici dove urgeva esaltazione e/o coraggio. Tetradr. Naxos siceliota. Rov. kantharos alle labbra del sileno. A rafforzare l'ipotesi su espressa invito i lettori a notare che la comparazione stilistica dei due tetradrammi, il primo della Naxos cicladica 380 a.C. ma ce ne sono con datazione anteriore (Dioniso e cantaro) e la seconda della Naxos siceliota (dioniso e sileno) 420 a.C., mostra una impostazione analoga del Dioniso di profilo. Anche se con indubbie differenze di particolari e con resa qualitativa differente (più naturale, ricca e magistrale nel tetra siceliota, più schematica la resa nell'isola delle cicladi) l'impronta iconografica e l'idea dell'impostazione è la medesima. Auspico che le differenze di resa e le similitudini di fondo, illustrate per la compiuta esegesi stilistica delle due monete, sia di semplice cognizione e tecnicamente digeribile, così da non dare adito ad incomprensioni.1 punto
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Ringrazio tutti per aver sopportato la mia goffaggine da principiante (nel settore euro, intendo). Nei link gentilmente postati ho scoperto che gia' per queste euro-patacche il popolo numifilo aveva spezzato lance e sollevato scudi. Riannodando puntigliosamente la intricata trama del periodo pre-euro. Questo e' il bello della numismatica : una moneta puo' parer bella o brutta , ma raccontando la sua storia torna alla memoria un tempo, una cultura (...una gioventu') passati che hanno il sapore della vita stessa. Ogni moneta, gettone, patacca, copia o falso ha una sua personalita' . Mai ho trovato monete insignificanti.1 punto
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Ciao Gaetano, scusa il ritardo...ecco qua...:D sono fantastici è?? La Vaticana 2010 per ora è sola soletta nel terzo vassoio (non estraibile)...ma tutte insieme fanno un figurone...1 punto
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ciao giacomo, ci mancherebbe, meglio accontentare un lamonetiano in più, ciao maxxi.1 punto
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Cominciamo allora il discorso sulla moneta sabauda vera e propria, tenendo sempre ben presenti i due concetti che ho esposto ieri. Gli studi più recenti portano a pensare che intorno ai secoli X-XI, all'alba cioè della nascita della moneta dei Savoia, l’intero Piemonte (intendendo con questo termine grosso modo l'attuale regione) ricadesse nell’area monetaria del denaro pavese, ossia dalla moneta prodotta dalla zecca di Pavia, che aveva servito il Regnum Italicum all'epoca ormai in fase di collasso. Il Piemonte avrebbe costituito una sorta di provincia periferica dell’area monetale pavese. Oltre le Alpi, le specie monetarie più diffuse erano diverse, costituite soprattutto da denari pictavini (zecca di Poitou) e viennenses (zecca di Vienne). Se si esaminano le registrazioni notarili, ad esempio relativi agli atti di vendita, si deve però osservare come lungo la valle di Susa vi fosse una sorta di "erosione" dell'area monetaria pavese proprio ad operare di queste monete francesi, in particolare del denaro viennese. Proprio a Susa, verso la fine dell’XI secolo, furono battute le prime monete dei Conti di Savoia in terra piemontese, e non a casa queste furono modellate inizialmente sui tipi dei denari realizzati nella zecca di Vienne. Fu a partire da Umberto II di Savoia (1070-1103) che le monete di Susa cominciarono a presentare una tipologia più originale, affrancandosi su questo piano dal denaro viennese, che presero il nome di denari secusini (zecca di Susa). Ancora per quasi tutto il secolo XI in val di Susa le registrazioni contabili sono fatte basandosi sul denaro pavese, con presenze non piccole di riferimenti al denaro viennese o pictavino. Solo a partire dai primi decenni del XII secolo le citazioni di denari secusini compaiono più di frequente negli atti lungo tutta la valle, arrivando fino a Torino. I denari secusini, viennesi, pictavini, ... erano monete reali, cioè pezzi di metallo coniato. In questa fase della monetazione la moneta reale e la moneta contabile utilizzata nelle scritture possono essere viste come coincidenti, per il fatto che il sistema di nominali era estremamente ridotto: non c'erano, cioè, numerosi multipli e sottomultipli che avrebbero consentito flessibilità nei pagamenti. Il sistema monetario era ancora quello di derivazione carolingia, con lire, soldi e denari, dove solo il denaro - e occasionalmente l'obolo da mezzo denaro - era coniato. La ragione per cui nei documenti si specificasse la zecca di provenienza di questi denari era dovuta al fatto che le caratteristiche intrinseche delle varie monete avevano differenze tra loro. Le citazioni documentarie portano a pensare che la diffusione della moneta secusina si sarebbe limitata in queste prime fasi alla sola Val di Susa. In altre parole, essa andò a costituire un distretto monetario nuovo, sottraendo il territorio alle monete pavese e viennese, ma rimanendo confinata nel complesso al solo territorio soggetto alla dominazione sabauda. Identificando la moneta della zecca di Susa come la moneta dei Conti di Savoia si può entro certi limiti affermare che essa divenne l’unità monetaria corrente nei possedimenti italiani in Piemonte, arrestando la sua diffusione alle porte di Torino almeno all’incirca nel primo secolo della sua vita. Il discorso sui territori transalpini è più complicato e più incerto. Lì la moneta prevalente sembra essere sempre quella viennese e lionnese, ma fino al XIII secolo le registrazioni contabili sono scarse e poco studiate. Fine della seconda parte.1 punto
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Ipotesi (che vale quel che vale senza una immagine): S(igillum) GUERCI DE SIANO. Con Guerci quale genitivo di Guercus; Siano è una cittadina in prov. di Salerno e magari può indicare qualche altra località.1 punto
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