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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/30/10 in tutte le aree

  1. Come noto il tenore di Zn nelle leghe denominate "oricalco" non restò costante nei secoli. Fino al periodo di Claudio I i nominali emessi in oricalco contenevano il 20-25% di Zn, ma successivamente iniziò una lenta diminuzione a scapito dello stagno e dello zinco. Nel periodo di Filippo I siamo attorno al 5%. Ho riassunto (alcuni) dati di diversi autori nel grafico e nella tabella allegata. Anche se i dati sono eterogenei in relazione alle tecniche analitiche impiegate, dovrebbero rendere l'idea di quanto ho detto sopra. Quale fù la motivazione principale di questa modificazione di composizione della lega? Accanto a motivi economici, di costo o di reperibilità dei minerali dello zinco, è possibile immagginare anche motivi tecnici? Chiedo questo perchè guardando i dati mi sembra si evinca che l'incremento del tenore di stagno e zinco non segua un andamento speculare con il debassamento dello zinco. Grazie Luigi
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  2. Per la serie PILLOLE NUMISMATICHE,ogni tanto leggiamo e riflettiamo insieme : da NUMISMATICA E TECNOLOGIA di Angelo Finetti : " La funzione del prodotto moneta è stata sempre quella di passare di mano in mano,recando con sè una serie di messaggi di natura economica,storica,politica,sociale.Ma alla base di tutto c'è sempre il metallo,CON LA GENTE OSCURA CHE L'HA ESTRATTO E LAVORATO,che ha tradotto UN INSIEME DI IDEE IN UNA FORMA ed ha approntato gli strumenti per convertire tali idee in quella forma.Osservando un'antica moneta,presi come siamo da quei significati che i suoi ideatori vi hanno trasferito ,troppo spesso ci sfugge QUANTO SIA A MONTE della sua realizzazione;oltre a tutti gli accorgimenti atti a preservarne l'integrità,dietro c'è,alla fine,la ricerca costante del sottile equilibrio tra contenuto e forma e tra costo e valore." COSI' ANGELO FINETTI SUL PRODOTTO MONETA.
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  3. Credo si tratti di Tiberio, al dritto leggo ...CAESARAVGVST...F...MPERA... presumo TICAESARAVGUSTIFIMPERATOR, il verso è troppo consumato per identificarla con precisione, si vede una sagoma quadrata che potrebbe essere l'altare di Lugdunum. Qualcosa tipo questa: Attendiamo altri pareri Ciao, Exergus
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  4. salve credo sia un follis bizantino mi pare di leggere BASILE forse basilio I° o II° forse romano III°? ciao ok ciao rick
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  5. Bizantina Follis Anonimo Classe B attribuito a Romano III 1028-1034 IS XS BASILE BASILE rovescio con figura di christo e EMMANOVHA ciao
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  6. Devo ringraziare Monbalda di questa precisa e dettagliata identificazione e catalogazione dei miei denari pisani,la metterò via insieme alle monete,non mi capita tutti i giorni di avere spiegazioni così circostanziate e autorevoli;devo ammettere nel contempo,che consideravo difficili i lucchesi e i pavesi,ma vedo che i pisani non scherzano in quanto a difficoltà,hanno veramente molte variabili da tenere presenti;abbiamo come forum una bella possibilità di impratichirsi in questo ostico campo e da parte nostra cercheremo di approfittarne. A margine qualche osservazione dal punto di vista commerciale:devo dire che i pisani sono anche più difficili da trovare in commercio dei lucchesi e pavesi;in realtà sono tutte monete più da mercatino perchè da commercianti di livello e non parliamo alle aste, non vengono proprie considerate. Monbalda ha fatto un accenno a questo che è un pò un mio cavallo di battaglia:il Muratori sosteneva che bisognerebbe dare più importanza alle monete comuni,anche povere,che sono quelle più usate ,quelle che circolavano di più ,le vere monete da studio,quelle da cui puoi ricavare le informazioni per la vita economica,politica,sociale e numismatica di un'epoca e di un popolo,a discapito di quelle preferite dal collezionismo numismatico,cioè quelle rare,prestigiose,di buona conservazione. Bene abbiamo fatto noi di Lamoneta,almeno io credo ,ad aprire due discussioni invece sulle monete che hanno circolato di più in quel periodo storico,la pavese e la lucchese. Monetazioni che non finiscono di stupire e che ti danno tanti spunti di riflessione;ieri quando Dizzeta posta due denari enriciani pavesi,appena comprati da lui e dopo avere letto la discussione,mi sono detto abbiamo raggiunto lo scopo di appassionare anche altri a queste difficili monetazioni.,l'obbiettivo era poi questo. Tempo fa "in piazzetta"iniziai una discussione :meglio comune o rara ?Le risposte di quasi tutti furono invece meglio rara e di buona conservazione,perchè in un domani potrai rivenderla bene;quella comune ti rimarrà lì in un domani;rimasi da solo con la mia posizione o quasi. Di certo l'angolatura dello studio non sempre è uguale a quella del collezionismo classico, spesso divergono..
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  7. Lotto 3553: http://www.inasta.com/Aste/AN013/PDF/2AN013_MEDAGLIE.pdf Lotto 764: http://www.inasta.com/Aste/AN025/PDF/1AN025_Medaglie3.pdf
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  8. Zecca di Firenze,quattrino (esistono parecchie date) coniato sotto il Granduca di toscana Pietro Leopoldo I di Lorena(1765-1790).Ciao Borgho.
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  9. Per carità, poi i soldi in tasca ti durano ancora di meno! Anzi, io farei i 2 euro in banconote!!!
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  10. Proseguiamo con una nuova parte, parlando della cosiddetta riforma di Emanuele Filiberto. A mio dire, uno dei temi citati più a sproposito e meno correttamente di tutta la monetazione sabauda... Mentre a Milano e a Venezia si iniziano le coniazioni delle lire d'argento - il testone e la lira tron, rispettivamente - nel Ducato di Savoia si manifesta una confusione monetaria piuttosto marcata. Con i successori di Ludovico (1440-1465) si aprì un periodo di instabilità politica che ebbe un riflesso pesantissimo sulla monetazione, con l'attuazione di una serie molto rapida e disordinata di piani di debasement, anche molto marcati. La situazione precipitò con Carlo II quando, per effetto delle guerre d'Italia e la progressiva perdita dei territori del ducato a seguito dell'occupazione militare francese, lo Stato sabaudo si ridusse a poche province piemontesi. In questo arco temporale il sistema monetario del ducato non mostra cambiamenti. Il sistema di conto rimane basato sul grosso di quattro quarti, otto forti, sedici viennesi, ... di cui si è già parlato la volta scorsa. Ciò che subiscono cambiamenti molto pesanti sono le monete effettivamente coniate, ossia i grossi, quarti, forti, viennesi, ... che subiscono pesanti azioni di riduzione delle proprie caratteristiche intrinseche. La monetazione di Carlo II mostra benissimo quanto avvenne: le tipologie note di questi nominali nei quasi cinquant'anni della sua conduzione del ducato sono moltissime. Di molti pezzi non siamo anzi in grado di individuare con certezza neppure l'effettiva denominazione, né la zecca o l'ordinanza di riferimento. Vennero aggiunti altri ulteriori esemplari, come i testoni, che si affiancano ad altri nominali già presenti come lo scudo d'oro, che non subivano azioni di debasement marcati ma si rivalutavano piuttosto nel corso. Il loro valore nominale non è fissato nel tempo, ma cambia, restando legato al sistema di conto basato su grossi, quarti, ... Oltre a questa confusione endogena, proprio in quella prima metà di XVI secolo, se ne andò ad aggiungere un'altra di natura esogena. Per effetto del disordine monetario e più generale economico in cui versava lo Stato, in innescarono fenomeni monetari macroscopici che portano monetari molto complessi (e ancora da studiare) che portarono nel ducato una presenza di moltissime specie monetarie straniere, in particolare saluzzesi e monferrine. Inoltre, le diversificazioni delle aree monetarie già evidenziate nei precedenti interventi si sarebbero amplificate ulteriormente, proprio per il fatto che molti dei territori del ducato furono occupati, per tempi più o meno lunghi, da eserciti stranieri. Con la fine dell’occupazione francese e il reintegro nei territori del Ducato di Savoia, Emanuele Filiberto (1559-1580) manifestò subito l’intenzione di riorganizzare la monetazione del suo Stato. Le azioni da lui intraprese furono indirizzate nelle intenzioni a far cessare definitivamente le differenze intercorrenti tra le regioni piemontese e transalpina per quanto riguardava la tipologia delle monete emesse ed il diverso valore da esse assunto nelle due aree. Una prima azione di riforma della moneta ebbe luogo tramite un’ordinanza emessa a Vercelli il 20 aprile 1561, con la quale vennero stabiliti alcuni nuovi nominali per la regione piemontese del Ducato di Savoia. Il provvedimento introduceva implicitamente nello Stato un sistema di conto basato su lire, soldi e denari, con la proporzione di derivazione carolingia 1 lira = 20 soldi = 240 denari, abolendo il sistema in vigore che prevedeva il ricorso al fiorino. Solamente il 13 marzo 1562, però, venne emessa un’ordinanza più specifica, attraverso la quale venivano fissati in maniera univoca i nuovi nominali, apportando alcune piccole variazioni relativamente agli esemplari in mistura. La riforma messa in atto nel 1562 prevedeva l’introduzione di nuove monete dal valore facciale rigidamente fissato, con proportione tale, che ageuolmente si possano moltiplicar l’vne per l’altre, & che ciascuna delle minori moltiplicata sempre venga à constituire giustamente qual si voglia delle maggiori cosi d’oro come d’argento senza che vi manchi, ò auanzi numero alcuno, ò rotto, ò intiero. Il nuovo sistema - sia di conto, che di nominali effettivamente emessi - si basava su tre pezzi in oro, tre in argento e tre in mistura, con proporzione esatta tra loro. La riforma mostro subito i suoi limiti e le sue imperfezioni. Uno dei pezzi in argento previsti, quello da 5 soldi, probabilmente non venne mai coniato. Al suo posto venne coniato un pezzo da 4 soldi denominato bianco, previsto nell'ordinanza di Vercelli dell'anno prima. Nel 1563 le caratteristiche intrinseche di bianchi e delle monete di mistura venne alterata, introducendo un leggero abbassamento, che corresse un rapporto sfavorevole tra questi nominali e i pezzi a più alto tenore d'argento. Questi aggiustamenti già nel 1562-63 sono i primi indizi di un fallimento dell'azione di riforma. I motivi sono molteplici e la loro discussione richiederebbe molto tempo. In estrema sintesi, si può dire che la riforma era inadeguata alla risoluzione dei problemi monetari del ducato. Essa nacque subito inadeguata alle effettive necessità: il pezzo da 4 soldi era più idoneo da quello da cinque perché più simile a quanto già utilizzato prima della riforma, i tre nominali in mistura erano troppo "ricchi" di argento e dovettero essere ribassati per evitare che nascessero fenomeni monetari macroscopici che sarebbero andati a minare gli altri nominali maggiori. Nello Stato sabaudo c'era un'ampia presenza di circolante minuto, di contenuto intrinseco disomogeneo e di valore nominale spesso incerto. La riforma non provvedeva a demonetizzare questa porzione di circolante, ma andava ad aggiungerne altro, del tutto slegato da quanto già presente. Soprattutto, non teneva conto delle differenze oggettive in termini di circolante tra le diverse province dello Stato. Per tutte le aree monetarie veniva imposto un nuovo sistema monetaria che si rivelava del tutto slegato da esse: un retaggio, questo, del pensiero economico cinquecentesco, quando non si aveva coscienza di leggi monetarie come quella di Gresham e sulle proporzioni tra monete grosse-piccole. Soprattutto, la riforma peccava di ottimismo quando fissava un rapporto esatto tra i nominali in oro e quelli in argento. Lo scudo d'oro valeva tre lire d'argento INSTAR OMNIVM. Questo approccio presumeva una assoluta stabilità del valore dei due metalli sui mercati, cosa assolutamente falsa nel medio-lungo termine. Anzi, a partire dagli anni Settanta-Ottanta del XVI prese il via una rivalutazione dell'oro molto più sensibile rispetto a quella dell'argento, determinando quindi una forbice tra i gruppi di nominali coniati nei due metalli. Il rapporto 3:1 tra scudo e lira venne presto a rompersi, facendo perdere di significato alla riforma. La rottura formale potrebbe essere fatta risalire al 1573, quando venne deciso di portare il cambio della lira da 20 soldi a 21 1/7, introducendo in questo modo una evidente rottura di quell’equilibrio nel valore dei nominali voluto con l’ordinanza del 1562. Con il 1573 la riforma di Emanuele Filiberto di Savoia non si può dire esaurita, anche se i suoi principi di base cominciano a venire meno. Oltre alla violazione della proporzionalità tra gli esemplari si interruppe la coniazione dei grossi multipli d’oro, dei soldi e dei quarti, ed anche quando in seguito questi ultimi due nominali tornarono ad essere battuti mostrarono i segni di una pesante svalutazione, con una vistosa riduzione del peso e del titolo. Alles klar? Stavolta mi attendo osservazioni. Fine della sesta parte.
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  11. domenica va benissimo.................................... acceleriamo acceleriamo :D
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  12. Ho fatto un poco di "compiti" per il museo e per ciò rieccomi qua. Comincio dalle cose più facili, ovvero dai denari di Pisa postati da dabbene (il denaro di jagd inviato da adolfos è molto interessante e mi piacerebbe parlarne in un post a parte, magari domani sera... ;) ). In realtà si tratti di esemplari piuttosto consunti, che magari analizzati di persona e con una luce un poco radente potrebbero rivelare qualche particolare utile in più rispetto alle foto per altro, visti i limiti degli allegati, a bassa definizione. Per quanto posso osservare dalla foto il denaro del post 465 (il primo) in realtà dovrebbe appartenere al gruppo F.II.2 e comunque già alla serie F.II ovvero post 1181 (anni novanta del XIII secolo ...?). Questo per vari motivi, ovvero: - la F al dritto presenta già le aste orizz. patenti e mi pare un poco più grande rispetto a quella dei primi tipi (negli F.II misura circa 6 x 5 mm) - il contorno sempre al dritto non è perfettamente tondo o ovale come nella serie F.I, ma tende ad appiattirsi sopra la F e a attaccarsi alla lettera ai lati - il rovescio è davvero poco leggibile, ma la P ha già un gambetto abbastanza lungo e ben visibile - il peso, per quanto si debba tenere in conto l'usura, è troppo basso per la serie F.I i cui esemplari - ad eccezione che nel gruppo F.I.3 non scendono mai sotto il peso di 1,67 g ca. Invece il denaro del post 467 (il terzo) mi sembra uno dei primi denari coniati post 1181, ovvero del gruppo F.II.1. (1181-1191 circa; se le analisi lo confermassero per più esemplari, questi sarebbero i cosiddetti "infortiati" citati nel 1191 circa dai documenti) con il bisante centrale ri-schiacciato centralmente durante le operazioni di coniazione. Questo per vari motivi, ovvero: - la F al dritto è già abbastanza grande e con aste orizz. patenti (per ciò diversa dal gruppo F.I, in cui le aste sono dritte e ravvicinate), ma nel contorno si vede ancora la perlinatura e la forma è ancora abbastanza ovaleggiante (invece nella classe F.IV = anelletto, tende ad assumere la forma di "scudetto" adattandosi alla forma della lettera e facendo un poco di punta in basso..) - la forma del tondello è abbastanza arrotondata - le lettere della scritta PISA al rovescio sono visibili ma proporzionate, mentre nei tipi con l'anelletto a parte rari primi esemplari, la P è molto lunga, così come la I ed anche la S è molto evidente; inoltre non si vedono quasi mai tutte queste lettere della legenda - infine il peso, nonostante una piccola lacuna, è ancora abbastanza alto (anche se nei primissimi esemplari con l'anelletto ci sono pesi analoghi; dopo no...) il denaro del post 466 è forse il più problematico perchè per grandezza della F e contorno abbastanza ovaleggiante, forma del tondello squadrata ed ampiezza dell'occhiello della P potrebbe appartenere anche al gruppo F.I.3 (l'ultimo prima delle emissioni post 1181). Tuttavia l'asta orizzontale inferiore della F appare leggermente patente all'estremità, la posizione della S rispetto al punto centrale al rovescio mi sembra già "calata" (nella serie F.I, la coda inferiore della S si ferma o sorpassa di pochissimo il punto o globetto) e sopratutto, pur contando le lacune del tondello, il peso mi sembra un poco troppo basso. Se poi quel segno che vedo sopra la P fosse il gambetto della R della legenda che entra nel campo, saremmo difronte ad un esemplare del gruppo F.II.3. (fine XII secolo-inizio XIII secolo, ante il 1215/1216). Scusate se mi sono dilungata, ma nella mia classificazione di questi pezzi ho cercato di tenere conto di molti dati e diversi particolari concorrenti che purtroppo non sono sempre tutti visibili in tutti gli esemplari. Magari più avanti, se arrivano altre foto, possiamo fare una tabella sinottica con questi materiali (molte foto usate per il mio volume sono di collezioni pubbliche e non le posso mettere in rete senza permesso...), ri-indicando sulle foto le caratteristiche da tenere d'occhio nella classificazione (e confrontandola con le tabelle al tratto che ho già fatto per il libro ;) ) e poi possiamo metterla a confronto con quanto avete fatto per i denari lucchesi coevi ... Comunque nel frattempo fatemi sapere cosa ne pensate. Ci tengo... un caro saluto a tutt*
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  13. Al dritto si legge ...GALLVSAVG, dovrebbe essere questo sesterzio: RIC IVc 121 (Treboniano Gallo) zecca di Roma, 251-253 d.C. D: IMP CAES C VIBIVS TREBONIANVS GALLVS AVG V: SALVS AVGG, Salus in piedi a sinistra con serpente tra le braccia e patera In campo: SC Ciao, Exergus
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  14. L'imperatore è Treboniano Gallo, profilo inconfondibile.
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  15. E' una monetina in rame giudaica tipo questa: http://www.acsearch.info/record.html?id=49387 e qui alcune info addizionali: http://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Ianneo
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  16. Mi sembra si tratti del quattrino di Giacomo III Mandelli per la zecca di Maccagno. Imitazione perchè producevano monete molto simili a quella più conosciuta (quella di Milano) ma con minor quantità di metallo prezioso (nelle misture) o minor peso in modo che potessero essere spese per un valore superiore a quello del loro reale intrinseco. spero di esser stato chiaro ciao Mario
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  17. Sono certo che quello postato è un quartarolo e non un doppio, quelli di Marino Zorzi che ho visto sono tutti tagliati male, ed è cmq moneta rara (se è vero che una rondine non fa primavera, neanche 3-4 monete R5 fanno diventare una moneta R2). I più comuni Giovanni Dandolo e Ranieri Zeno hanno una fattura del tondello sempre tonda, non chiedetemi perchè, io vi dico solo quello che so da dati oggettivi ed empirici. Il doppio qurtarolo è moneta estremamente rara, di certamente autentici ne ho visti solo di Pietro Gradenigo, quello a catalogo è mio e pesa gr 2,26, dalla foto non si capisce perchè non c'è il decimetro, ma in mano la possibilità di scambiare le due tipologie è nulla: la moneta è più grande e più spessa, il bordo fuoriesce dal conio un bel pò, cosa che non succede neanche nei quartaroli tondi di Dandolo e Zeno. Infine, per quanto valida, l'analisi delle equivalenze di metallo tra una tipologia e l'altra, ed il relativo cambio, non è opportuna in questa sede, proprio perchè trattasi di moneta fiduciaria e non commerciale; come giustamente detto, portatrice di grande guadagno in zecca, ma sicuramente coniata in misura minore rispetto alle monete commerciali come il grosso (come dire : grane guadagno, ma poco smercio per il qurtarolo e poco guadagno ed enorme diffusione per il grosso).
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