Sono certo di poter affermare che la "mano della giustizia" è parte anche del rituale seguito alla morte di un sovrano borbonico.
Cito a titolo di esempio pp. 36, 37 di "Storia del Regno di Napoli sotto la dinastia borbonica" del Cav. Francesco de Angelis (1833), dove parlando del corpo oramai privo di vita di Ferdinando I <<Dopo che fu balsamato il corpo di S.M. la mattina del 10 [nota personale 10 gennaio 1825] venne esposto nella Sala de'Vicerè, vestito dell'abito di Gran Maestro dell'Ordine di San Gennaro, e coverto di un velo bianco. La gran sala era vestita tutta a bruno. Nella volta di essa vi era una gran croce di tela d'oro, e migliaia di torchi di cera ben situati che la illuminavano. In mezzo della Sala vi stava il feretro su cui giaceva il Re morto sotto magnifico baldacchino cremisi ricamato in oro: a piè dello stesso vi si scorgevano i simboli della Sovranità, cioè la corona, lo scettro, e la mano di giustizia; non che il giglio ch'è l'emblema dell' Augusta Famiglia de'Borboni. Intorno al letto di morte vi erano due statue che rappresentavano le virtù del nostro Re. [...] >>.
Appare evidente che i temi iconografici raffigurati nelle due medaglie per la morte dei sovrani anzitutto sono legati ad un simbolismo che è notissimo ai cortigiani accorsi al loro feretro per il saluto estremo. Quindi sicuramente l'elemento raffigurato contiene intrinsecamente un significato ben chiaro, trasparente all'osservatore della medaglia dell'epoca, ossia ridare l'idea della fase dell'esposizione del corpo del Re, quasi con la volontà di ricreare quell'ambiente e dare veridicità alla raffigurazione, arte in cui eccellevano gli incisori napoletani, come sappiamo di fama finanche mondiale. Ulteriori significati potrebbero essere letti, ma sempre in una alchimia di passaggi mentali ai più oscuri ed ostici. Ogni eventuale altro simbolismo sincretico resta ad ogni modo consapevolmente e magistralmente celato.
Aggiungo, quali erano le statue ai lati del feretro reale di Ferdinando I simboleggianti le sue virtù? Risposta: la Pietà e la Costanza, che dovevano esser poi collocate ai lati della scalinata della Basilica di San Francesco di Paola, cosa che in concreto non avvenne in quanto furono apposte le statue equestri di Ferdinando e Carlo III. Quest'ultimo aspetto sicuramente è un significato criptico che collega la scena fisica e concreta dell'esposizione del corpo privo di vita del Re, la Basilica di San Francesco di Paola (voluta come ex voto per la restaurazione e la riconquista del Regno), le medaglie oggetto della discussione...con il "cerchio che si chiude" con la realizzazione della medaglia commemorativa del 1836 per la conclusione dell'edificazione della basilica con i tre busti reali.
Ci si potrebbe chiedere chi sono le quattro figure che piangono Ferdinando I morto... Una possibile risposta potrebbe essere individuata nelle Quattro Virtù Cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza) che piangono colui che sapientemente ne possedeva il naturale controllo (i Re borbonici di Napoli secondo il simbolismo di corte), e che nella fattispecie compaiono anche tra le statue del porticato della Basilica di San Francesco di Paola... Se fossero figure umane concrete? Da escludere in quanto tre su quattro appaiono in completa nudità ma al contempo di aspetto etereo. Mancherebbero allora le Tre Virtù Teologali (Fede, Speranza e Carità) anch'esse raffigurate nel medesimo porticato... Non proprio, una di esse è presente, anzi è il soggetto che più richiama all'attenzione, ossia la figura muliebre della Religione con la Sacra Croce, appunto una personificazione della Fede. A minima riprova di quanto ho scritto vedasi per esempio la continuità figurativa della medaglia del 1830 per l'assunzione al trono di Ferdinando II (seguente quella della morte di Francesco I nel 1830, quindi stesso anno e in comune uno degli incisori, Vincenzo Catenacci, che in realtà è lo stesso del 1825 che realizzò ancora la medaglia per la morte di Ferdinando I, e non dimentichiamo nemmeno il Rega...), dove il "Novello Re" in posa eroica (Fortezza), è interposto tra la Religione o Fede a sinistra e la Giustizia a destra, alludendo alle virtù guida del proprio reame e del proprio operato. Quindi il Re Ferdinando II è rappresentato tra una virtù teologale ed una virtù cardinale.
Infine le due virtù, Pietà e Costanza, che erano avocate a Ferdinando I di Borbone, in realtà erano riconosciute anche ad un altro Ferdinando, che molte analogie con il Borbone negli eventi e nei fatti aveva avuto durante il proprio reame, ossia Ferdinando I (Ferrante) d'Aragona, il quale fu contemporaneo di San Francesco di Paola, che addirittura assistette in prima persona al miracolo della moneta d'oro spezzata in due parti dal santo e la conseguente fuoriuscita di sangue (intorno al 1481).
Concedetemi una vanità... "Il Re vestito dell'abito di Gran Maestro dell'Ordine di San Gennaro"...Chi ama gli ordini equestri avrà apprezzato lo stralcio del testo.