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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/14/10 in tutte le aree
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Ieri sera sono andato a trovare Alberto Varesi in studio, come di prassi, ad ufficio chiuso, ho avuto modo di vedere alcune monete della prossima vendita e di fare le due proverbiali chiacchiere prima di andare a “mettere le gambe sotto al tavolo”. Belle monete, bella conservazione e prezzi di partenza accettabili, mentre le avevo tra le mani ho avuto subito la sensazione che avessero per provenienza, la più disparata, e da li ne è nata una conversazione e riflessione sul mercato numismatico odierno. Alberto, ricordo, mi disse un due o tre anni fa, che sarebbe arrivato il giorno, in Italia, cui ci sarebbero state più case d’aste che monete o collezioni. Ieri per l’appunto abbiamo notato che quel giorno non così lontano a venire. Quest’autunno viene posta in vendita una massa piuttosto considerevole di monete, e di nucleo organico davvero poca cosa. Forse unica eccezione, la prossima vendita di Negrini con una bella collezione di monete papali in oro, e di due altre raccolte minori; monete russe, e gettoni napoleonici. Per il resto, d’accordo con Alberto, non abbiamo trovato altre raccolte; sebbene di aste ce ne siano numerose. Certo tante monete; qui e la, anche lotti di grande importanza e prezzo, oppure rarità di difficile apparizione sul mercato, ma presentate in un contesto estraneo ad una collezione. Mi nasce spontanea una seconda riflessione … dove vanno a finire le monete ! Stupida come riflessione, lo ammetto, ma il mercato sta assorbendo in collezioni una quantità spropositata di monete e queste non vengono più poste in vendita all’interno di raccolte organiche oppure queste collezioni non sono riproposte in vendita pubblica. Le monete che sovente ripassano e rimbalzano di asta in asta, sono le note “mezze qualità” che non trovano interesse. Quindi c’è una sempre maggiore tesaurizzazione della moneta a fini collezionistici o speculativi. Ergo il prezzo delle monete è destinato a salire … o no ?2 punti
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Interessante articolo, di cui riporto il testo integralmente. Buona lettura :) La prima moneta europea, per giunta proprio con il nome EURO, fu realizzata a Bologna quaranta anni addietro, nel 1963-1964, da quattro giovani dirigenti della sezione di Bologna del Movimento Federalista Europeo (MFE). Io ero uno di loro. E fui io a proporre il nome Euro. I quattro dirigenti federalisti bolognesi erano Maurizio Rosa, Jacopo Di Cocco, G.Carlo Cassoli e Dino Buzzetti. A quell'epoca eravamo giovanissimi studenti: io ero il più giovane ed avevo ventuno anni, Di Cocco e Buzzetti ventidue, Maurizio Rosa, appena laureato, ne aveva ventiquattro. Liniziativa ebbe inizio nel 1963 ed ebbe una durata di dieci o undici anni. LE PREMESSE Noi avevamo la fortuna di essere allievi di Altiero Spinelli e lonore di considerarci suoi amici. Spinelli è stato uno dei più grandi europeisti e federalisti di tutti i tempi, uno dei "Padri dell'Europa" e all'ideale della unità federale del continente europeo ed alla realizzazione pratica di quella idea ha dedicato tutta la vita. Fu autore negli anni Quaranta del Manifesto del Federalismo Europeo quando era ancora confinato nell'isola di Ventotene per attività contro il fascismo. Appena liberato, il 27 agosto del 1943 fondò a Milano il Movimento Federalista Europeo. E' stato membro del Parlamento Europeo e della Commissione Europea e fu l'iniziatore di quella operazione che ha poi portato al trattato di Maastricht ed alla decisione dell'unificazione monetaria. All'inizio degli anni Sessanta Spinelli insegnava, due giorni alla settimana, presso il Centro di Bologna della Johns Hopkins University ed era membro della redazione della rivista "Il Mulino". La sera in cui Spinelli era a Bologna, il giovedì, c'era riunione della redazione del Mulino sui temi della politica estera, allargata ad alcuni amici e noi giovani federalisti vi partecipavamo. Lui arrivava da Roma in treno e io e Di Cocco andavamo a prenderlo alla stazione con la mia cinquecento e lo accompagnavamo prima alla Johns Hopkins, dove spesso ci fermavamo ad ascoltare le sue lezioni, e poi lo accompagnavamo alla sede del Mulino, che allora era in Via Galliera. Due giorni alla settimana avevamo quindi l'occasione ed il piacere di incontrarlo e discutere a lungo con lui, particolarmente io e Di Cocco. Spinelli era una persona straordinaria e le conversazioni con lui erano lezioni indimenticabili. Poi l'incontro, alla sera, con Spinelli e con gli altri della redazione del Mulino era un evento sempre straordinariamente avvincente, atteso con rinnovata emozione ogni settimana. E certo la frequentazione settimanale con Spinelli per un certo numero di anni ha costituito l'evento formativo più importante della nostra vita. Eravamo entrati nel MFE tra la fine degli anni Cinquanta (Rosa e Di Cocco) ed i primi Sessanta (nel 1960 io e nel 1962 Buzzetti). Negli anni Sessanta ci siamo poi tutti quattro avvicendati nella carica di Segretario della sezione di Bologna del MFE. Jacopo era la miglior mente e la vera anima politica del MFE a livello regionale e seppe radunare attorno a sé un validissimo ed affiatato gruppetto di giovani ed entusiasti federalisti bolognesi, costituito, oltre che da noi quattro, anche da altri, come Francesco Landi, Giampaolo Catelli, Carlo Maria Frediani, Paolo Gasperini, Angelo Varni ed altri ancora che in quel periodo straordinario frequentavano la sede del MFE bolognese in via Indipendenza 62, come l'assai meno giovane ma insostituibile factotum Guastaroba. Il rapporto con Spinelli era splendido e amichevole, ma pur sempre da allievo a maestro, anche se, soprattutto tra lui e Di Cocco, si stabilì un rapporto di profonda amicizia e quasi di familiarità. Spinelli aveva una grande considerazione di Di Cocco, che ho sempre ritenuto il suo vero continuatore ed erede politico e sono convinto che anche Altiero la pensava così. Ma non era solo per questi motivi personali che la sezione di Bologna del MFE era forse la sezione più "spinelliana" del MFE in Italia, più della stessa Roma di cui facevano parte lo stesso Spinelli e Riccardo Perissich (che poi lo seguì a Bruxelles come suo Capo di Gabinetto e fu un alto dirigente della CEE ed ora è Vice Presidente della Telecom) e delle altre sezioni "spinelliane" che pure contavano uomini di notevole valore, come la sezione di Firenze di Umberto Giovine, e Riccardo Petrella, e quella di Torino di Gianni e Cesare Merlini, l'uno poi direttore dell'Istituto Affari Internazionali, fondato dallo stesso Spinelli, l'altro Presidente della Fondazione del Banco San Paolo.. Rileggendo anche ora gli scritti di Spinelli si rimane colpiti, oltre che dalla semplicità e chiarezza di esposizione, dall'acume e dalla straordinaria capacità di vedere lontano, anche e soprattutto dal rigore del ragionamento politico, supportato da una eccezionale capacità di analisi approfondita delle vicende ed una altrettanto eccezionale capacità di sintesi delle implicazioni e delle conseguenze. Cosa che, in parte, riuscì a trasmettere anche a qualcuno di noi. PERCHE' L'EURO Il Movimento Federalista Europeo aveva come scopo di operare per la realizzazione della unificazione politica dell'Europa con un ordinamento federale, che fosse quindi rispettoso delle caratteristiche proprie di tutti i popoli che avessero fatto parte della futura federazione degli stati europei. In quel periodo, come membri del MFE, eravamo sempre alla ricerca di strumenti di pressione politica e di informazione e formazione dellopinione pubblica sulla opportunità e sulla necessità dell'Unione Federale dell'Europa che fossero efficaci ed incisivi. Si era in una fase avanzata del Mercato Comune per cui ci pareva assurdo continuare a pensare ad una economia che andava integrandosi ma mantenendo tante monete diverse. Perché non pensare ad una sola moneta, la stessa per tutti i paesi? Idea semplice, forse, ma allora quasi rivoluzionaria. Impensabile! Ma noi la pensammo. E la realizzammo! Cercavamo così anche dei mezzi di autofinanziamento perché le varie iniziative, i bollettini di informazione, i manifestini, ecc. costavano. Più delle nostre scarse risorse economiche personali. In quegli anni su diversi aspetti della politica internazionale vi era un profondo contrasto tra gli Stati Uniti ed alcuni paesi europei, con in testa la Francia di De Gaulle, che vedevano con crescente insofferenza la leadership americana che a molti appariva meno benevola e assai più interessata di quanto si affermava da parte statunitense. Mentre la Francia rivendicava per sé e per l'Europa un ruolo più autonomo ed in economia voleva che venisse abbandonato il dollaro come moneta internazionale di scambio e minacciava il ritorno alloro. Una moneta comune europea sarebbe venuta quindi a porsi come elemento di stabilità ed anche come possibile alternativa al dollaro. Liniziativa dellEuro tuttavia non fu una iniziativa del MFE, dalla direzione centrale di Milano fu anzi inizialmente ignorata e un poco snobbata e neppure partì da Altiero Spinelli, né fu ispirata da lui. Anzi Spinelli personalmente non se ne interessò, anche se, una volta avviata, la approvò. Si trattò proprio e soprattutto di una iniziativa personale, ideata e portata avanti dai quattro giovanissimi dirigenti federalisti bolognesi suddetti, cioè Maurizio Rosa, Jacopo Di Cocco, G.Carlo Cassoli e Dino Buzzetti, che ne furono i promotori e i realizzatori. Quindi noi quattro giovani federalisti bolognesi pensammo di sollevare l'attenzione su tali problemi e di farlo realizzando una moneta europea simbolica. La moneta inoltre era una delle forme in cui sempre si era espressa la sovranità di uno stato. Proporre una moneta unica europea aveva, a nostro parere, una notevole importanza politica, perché significava proporre implicitamente, o evocare ed auspicare, una autorità statale europea, che ancora non cera, alla quale trasferire le prerogative di sovranità degli stati nazionali sulla politica monetaria. Ritenevamo certamente molto importante tale iniziativa, assai più delle altre che già avevamo condotto o conducevamo in quegli anni, assieme alle altre sezioni del MFE in Europa, come quella di premere perchè si arrivasse alla elezione diretta a suffragio universale dei membri del Parlamento Europeo, allora semplicemente designati dalle autorità o dai parlamenti degli stati membri. I contatti con l'opinione pubblica avvenivano a volte in occasione di manifestazioni per strada, con banchetti come quelli che ora vengono utilizzati per le raccolte di firme per i referendum ed in effetti in quelle occasioni chiedevamo spesso firme su appelli e petizioni al Parlamento. Parlavamo alla gente di qualcosa di così lontano come una federazione europea, qualcosa che dicevamo assomigliare al paradiso ma che aveva, per allora e per molti decenni, ancor meno influenza sulla loro vita di quanto ne avesse il paradiso. Cercavamo di ottenere il loro sostegno alle nostre iniziative di propaganda e di pressione sui politici nazionali ed anche di averne un piccolo aiuto economico alla nostra attività. Dovevamo perciò mostrare loro qualcosa di tangibile, dovevamo dare loro qualcosa in cambio. Eravamo degli idealisti ma proprio per questo sapevamo che di solito gli altri avevano bisogno di simboli forti. COME NACQUE L'EURO Una volta presa la decisione ci trovammo di fronte alla scelta se fare della cartamoneta, come avevamo pensato fino ad allora, qualcosa che riprendesse l'esempio mazziniano, oppure realizzare delle monete di metallo, che ci sembrava però una impresa assai impegnativa e troppo onerosa per le nostre forze. Poi risultò invece che proprio la cartamoneta presentava difficoltà non semplici da superare ed anche possibili complicazioni e sorprese, anche sul piano legale, che invece non sembravano sussistere con la moneta in metallo. Ci orientammo quindi verso la moneta metallica. Anche per il nome la scelta non fu semplice. Furono presi in esame i nomi di varie monete già esistenti e quelli di alcune antiche e gloriose monete di stati italiani. Esaminammo, valutammo ed escludemmo via via dollaro, franco, marco, scellino, ducato, fiorino, scudo. A parte i ricordi nazionalistici o campanilistici uno dei difetti di tali nomi era che esistevano da tempo delle traduzioni nelle diverse lingue e quindi sulle monete emesse e circolanti nei diversi stati della futura federazione sarebbero apparsi nomi diversi, spesso incomprensibili per una parte dei cittadini europei e talvolta anche avversati. Avevamo anche lesempio di monete bolognesi come bolognino, carlino, baiocco. In particolare bolognino ci piaceva, non solo per ragioni campanilistiche, ma perché richiamava immediatamente lo stato da cui era emesso. Quindi dovevamo trovare qualcosa di simile, che richiamasse immediatamente lidea del futuro stato federale europeo. Però europino o europio, oltre che sembrarci incredibilmente brutti e poco incisivi, avrebbero richieste sempre delle traduzioni. Era chiaro che il nome della moneta comune doveva essere lo stesso in tutte le lingue, non doveva essere necessaria alcuna traduzione. Ci sarebbero state solamente, inevitabili, le differenze di pronuncia. Era infatti impensabile stampare banconote e monete con tanti nomi che avrebbero rimarcato ancora di più la divisione dell'Europa. E poi quante lingue sarebbero state necessarie? Quante lingue parlavano quelli che sarebbero stati i cittadini della futura federazione europea? Quanto grande avrebbe dovuto essere una moneta per contenere il nome in tutte le lingue? Lo stesso valeva per il plurale perchè ovviamente sarebbe stato legato alle diverse declinazioni nelle singole lingue degli Stati nazionali "precedenti" l'unificazione. Era quindi preferibile trovare un nome diverso, nuovo, che fosse uguale in tutte le lingue ed indeclinabile, così che si presentasse, rassicurante e neutrale, allo stesso modo per tutti. E ciascun paese, ciascun cittadino europeo doveva poter sentire la nuova moneta come propria. Fui io a suggerire per primo il nome Euro: il fratello di un amico d'infanzia, Mauro Pozzi, aveva quel nome e la cosa mi aveva sempre colpito, tantopiù in una famiglia che aveva dovuto lasciare la propria città, Fiume, diventata straniera. Quel nome mi era sembrato quasi un richiamo ad una sorta di identità europea, una sorta di invocazione ed affermazione insieme. E ne avevo sempre avvertito la forza. Il nome Euro, anche se era piuttosto il nome poetico di un vento, era corto, facile ed immediato e richiamava immediatamente lidea dellunità europea, che era poi lo scopo fondamentale per cui volevamo realizzare la moneta. In fondo si trattava di togliere dalla parola "europeo" la parte declinabile e conservare la radice invariabile. Quindi tale nome sarebbe stato indeclinabile, come doveva essere il nome della futura moneta, uguale in tutte le lingue sia al singolare che al plurale, così che non vi fossero degli Euri, degli Euren, degli Euros. Più che un nome in una qualunque preesistente lingua europea sarebbe stato il primo vocabolo di una futura, e tutta da costruire, lingua comune del futuro stato federale europeo. Dopo qualche iniziale perplessità di qualcuno, legata piuttosto al fatto che sembrava trattarsi di un nome troppo generico ed incompleto, tali argomentazioni fugarono ogni dubbio e la scelta fu unanime. La decisione della indeclinabilità fu quindi praticamente contemporanea alla adozione del nome. Costituimmo quello che chiamammo EURO-COMITATO FEDERALE EUROPEO, proprietario e titolare delliniziativa e del quale noi quattro eravamo i soci. Furono previste quattro cariche a vita: Governatore, Cassiere, Vice Governatore e Vice Cassiere. Alle prime due nominammo rispettivamente Maurizio Rosa e Jacopo Di Cocco. Alle altre due andammo io e Dino Buzzetti. Ci interessammo anche delle possibilità di protezione legale e di brevetto della nostra iniziativa. Liniziativa comunque divenne possibile solo perché un imprenditore bolognese, anche lui europeista e federalista, Giancarlo Monti, mise a disposizione la somma di denaro necessario allacquisto dellargento, allo studio dei bozzetti ed alla realizzazione dei conii per cui si poté arrivare alla emissione delle prime monete. Poi liniziativa crebbe e divenne autosufficiente. Fu suggerita da Monti anche la ditta milanese che realizzò le monete, la Fratelli Lorioli, che allora aveva sede in via Bronzetti ed i cui artisti elaborarono insieme a Rosa i bozzetti delle prime tre monete. . Verso la fine del 1963 cominciammo a lavorare alla moneta e nel giro di qualche tempo coniammo il pezzo da 1 Euro in argento. Avevamo stabilito che il valore di 1 Euro (11,5 g di argento 800/1000) fosse pari ad un grammo di oro fino, che allora era di poco più di settecento lire. Quello era allora anche il valore di un dollaro e quindi fummo profeti anche per quanto riguarda la quotazione della futura moneta. Inizialmente vendemmo il pezzo da 1 Euro a 750 lire, poi per avere un utile per finanziare e pubblicizzare liniziativa e le altre azioni politiche e di propaganda europeista connesse, portammo il prezzo di vendita a 1000 lire. In seguito, negli ultimi tempi, vi furono ulteriori evoluzioni di prezzi secondo l'evoluzione del costo dellargento. Seguirono poi la moneta da 10 Euro in oro (10 g di oro 900/1000), quella da 5 Euro in oro (4 g di oro 900/1000). In seguito, agli inizi degli anni 70, la serie fu completata con i pezzi da 2 Euro in argento (25 g di argento 800/1000) e da 20 Euro in oro (20 g di oro 900/1000). Maurizio Rosa fu il principale artefice dell'iniziativa, cui si dedicò completamente. I bozzetti delle monete da 1 Euro, da 5 e da 10 Euro furono ideati da Rosa e studiati con uno dei bozzettisti abituali della ditta milanese Fratelli Lorioli che realizzò poi le monete. La faccia della prima moneta risulta semplice: la cifra ed il nome della moneta campeggiano in grande per dare più forza all'idea della nuova moneta. Anche la dimensione della moneta fu scelta con quello scopo, assai più grande di quelle che poi furono scelte quasi quaranta anni dopo dalla BCE per l'euro messo in circolazione. E certo risultò assai più indovinata la nostra scelta di allora. Il motto venne ideato sull'esempio di "E PLURIBUS UNUM" e la scelta del latino risultò ovvia, in quanto lingua universale e prima vera lingua europea. In quel periodo si faceva sentire in tutta la sua evidenza e con tutte le conseguenze che ne derivavano la debolezza dell'Europa in confronto ai colossi americano e russo. Quindi fu scelto l'accenno alla forza, che deriva dalla unificazione: "IN UNITATE ROBUR". Per alcuni l'accenno alla forza era soprattutto riferito alla forza morale, anche se io invece ero sempre stato un convinto assertore, e lo sono ancora di più ora, della necessità di disporre di una forza reale, una forza militare e non solo economica. E quindi ho sempre inteso quel "robur" anche come "potenza". La sigla "MFE" per Movimento Federalista Europeo e "B" per Bologna completano la prima faccia. Il motivo del retro, la ghirlanda di braccia e di mani che si stringono circondando la "E" allungata, simbolo del Movimento Federalista Europeo, rappresenta la fratellanza di tutti gli uomini e i popoli d'Europa. Sul pezzo da 10 Euro "il ratto d'Europa" da parte di Giove trasformatosi in toro risultò quasi scontato. Per il pezzo da 5 Euro invece fu scelta l'immagine di Giano bifronte per simboleggiare le due facce che avrebbe dovuto avere l'Europa unita e federalista, l'una forte e sicura verso l'esterno, l'altra all'interno attenta alle esigenze di tutte le sue popolazioni. Nei successivi "pezzi" da 2 Euro in argento e da 20 Euro in oro il bozzetto è invece opera di un ceramista di Faenza, Matteucci, il cui nome compare sulle monete. Su una faccia di queste, che hanno lo stesso motivo, compare la bandiera del Movimento Federalista, che allora era considerata la Bandiera dell'Europa, che sventola sovrastando i pennoni con le sei bandiere degli stati fondatori della Comunità Europea. In queste monete compare la scritta "EUROPAE FOEDERATAE UNA RATIO AERARIA". Aveva partecipato con alcune idee al bozzetto anche il pittore bolognese Paolo Gasperini, anche lui iscritto al MFE. Tutti questi aspetti furono curati e trattati direttamente da Maurizio Rosa, senza dubbio il principale motore dell'iniziativa dell'Euro bolognese. Era lui che teneva i rapporti con la ditta Lorioli che stampava le monete, dopo che Buzzetti, che aveva studiato e studiava al Politecnico di Milano e quindi era spesso in quella città, ebbe perfezionato i contatti iniziali. Ed era sempre Rosa che elaborava e studiava i vari aspetti, le innovazioni nella distribuzione, a volte moderato da Di Cocco. Così che in tanti finirono per chiamarlo il "dott. Euro". LO SVILUPPO, LA CONCLUSIONE, GLI EFFETTI Verso la metà del 1965 aderì al MFE di Bologna l'onorevole Giovanni Bersani, che era il Presidente del Comitato Provinciale per l'Europa del Movimento Europeo, quindi l'europeista più autorevole della provincia e della regione, allora deputato al Parlamento italiano, poi senatore e quindi membro del Parlamento Europeo. Era entusiasta dell'iniziativa dell'Euro e creammo appositamente per lui una carica di Presidente. Verso la fine dello stesso 1965 si tenne a Cannes un congresso straordinario del Movimento Europeo e vi parteciparono lo stesso Bersani, Rosa e Di Cocco, che portarono con sé una valigetta piena delle nostre monete e le presentarono ufficialmente e le distribuirono in tale occasione a congressisti di tutta Europa, pur tra le difficoltà che si avevano allora a diffondere tali oggetti nella Francia di De Gaulle, dove erano stati vietati gli adesivi "EU" (Europa Unita) da attaccare accanto alla targa dell'auto e che si stavano diffondendo sempre più. Le occasioni di diffusione della nostra moneta erano molteplici. Di Cocco, Buzzetti ed io eravamo impegnati anche in politica universitaria. Di Cocco era il Presidente del Congresso dell'O.R.U.B., cioè dell'Organismo Rappresentativo Universitario, che era una specie di Parlamento studentesco, Buzzetti era il Presidente di Comunità, l'associazione di politica universitaria di cui facevamo parte tutti, mentre io ero l'Incaricato Esteri della Giunta Studentesca, cioè una sorta di Ministro degli Esteri degli studenti e per tale ragione avevo stabilito contatti con molte Università europee, come Francoforte, la Sorbona, Lovanio, Heidelberg, Bordeaux ed altre, ed avevo quindi buone possibilità di muovermi in giro per l' Europa ed incontrare sia i rappresentanti degli studenti che i Rettori di quelle Università, così come avevo frequenti incontri con il Rettore di Bologna. Erano tutte altrettante occasioni per mostrare e "distribuire", cioè "vendere", l'euro. In realtà quelle occasioni di incontro con le altre università avvenivano perchè cercavo di portare avanti due mie idee che propagandai almeno quanto l'euro e forse più e che incontrarono molto interesse proprio nelle sedi universitarie sopracitate. Una idea era di realizzare un Giornale Universitario Europeo in almeno quattro o cinque lingue che fosse un veicolo di cultura ed informazione ed insieme costituisse un legame tra i giovani delle università del nostro continente. Ovviamente contavo che la redazione principale rimanesse a Bologna. L'iniziativa andò abbastanza avanti e diversi anni dopo lessi che era stato realizzato. Non so se sia stata una iniziativa effimera. Per documentarmi e prepararmi all'iniziativa avevo partecipato anche ad un corso di giornalismo, assieme al presidente della Giunta ORUB, Carlo Monti, nel castello di Urio, sul lago di Como, dove avevo conosciuto anche il direttore di "Studi Cattolici", Cavalleri, e gli avevo venduto un euro. L'altra idea, in fondo collegata alla prima, era di consentire agli studenti di compiere cicli formativi e corsi di studi in diverse università d'Europa, come facevano un tempo i chierici vaganti. Io naturalmente poi, uscito dall'università e non avendo seguito una carriera universitaria, non potei continuare ad occuparmene via via che il seme che avevo gettato cominciava a germogliare, ma è con molto orgoglio e fierezza che ho visto, molti anni dopo, che quella idea aveva dato origine a quella splendida iniziativa che è nota come ERASMUS, lanciata in occasione del nono centenario dell'Università di Bologna. Tanto che avevo pensato che fosse dovuta anche all'influenza che Jacopo Di Cocco, diventato nel frattempo professore universitario, poteva avere esercitato sull'amico rettore. A me l'idea era venuta parlando con un giovane studioso e poeta francese, Henri Giordan, che era qui a Bologna per studio, conosciuto per caso in autobus, e col quale avevo fatto amicizia. Ero rimasto poi in contatto epistolare anche negli anni successivi, tanto che mi aveva invitato a degli incontri sulla poesia che aveva promosso in Provenza. Nel periodo precedente la Pasqua del 1966 ci fu un grande convegno a Brighton, in Inghilterra, sul tema "What kind of Europe", dei cui organizzatori i Professori Federico Mancini e Nicola Matteucci del Mulino erano una sorta di corrispondente italiano ed i cui partecipanti provenivano da tutte le parti del mondo. Vi partecipammo anche io e Jacopo Di Cocco guidando la delegazione di Bologna, portando con noi alcune decine di monete che mostrammo e vendemmo. In quella occasione io ne vendetti una a Riccardo Perissich, il futuro Capo di Gabinetto di Spinelli e Dirigente della CEE. Ne conservammo alcune, per poterle mostrare e distribuire alcuni giorni dopo, proprio nella settimana di Pasqua, in Austria nel corso di un incontro fra federalisti italiani, austriaci e tedeschi che si tenne nel castello di Neumarkt, in Stiria. In seguito ci fu il congresso dell'associazione Europea degli Insegnanti e poiché molti insegnanti erano europeisti e federalisti iscritti al MFE vi fu una notevole diffusione di euro. Vendetti una moneta anche a Nuccio Fava, il futuro giornalista RAI, che era il presidente dell'UNURI, l'organismo di rappresentanza nazionale studentesca, in occasione di un incontro con il Senato Accademico bolognese sul "piano Gui" per l'università. Così in questo modo la moneta da noi ideata aveva cominciato a diffondersi in Europa e con essa il forte messaggio politico che le avevamo attribuito. Si sviluppò inoltre una rete di fiduciari e distributori in tutta Europa, di solito iscritti del MFE o di qualche altra organizzazione europeista e federalista, che provvedevano a vendere ovunque la nostra moneta. Negli anni settanta, con lenorme aumento dei costi delle materie prime ed in particolare dei metalli preziosi, non fu più possibile continuare e la iniziativa si esaurì. I costi avrebbero portato a prezzi di vendita troppo elevati le singole monete ed inoltre la crisi economica faceva diradare, se non scomparire, i possibili compratori. Inoltre distribuire una moneta simbolica europea a prezzi altissimi era controproducente sul piano politico. Erano stati coniati fino ad allora oltre diecimila pezzi, che erano stati distribuiti in vari paesi europei attraverso le associazioni europeiste ed i loro congressi ed in qualche punto vendute direttamente al pubblico con dei banchetti nelle piazze, in manifestazioni apposite, come quelle cui partecipai io stesso a Bologna e Firenze. Si può dire che in tutta Europa circa diecimila europeisti hanno avuto in tasca o in un cassetto la nostra moneta. E tra essi anche diversi funzionari degli organismi comunitari, giornalisti o politici. Io stesso avevo continuamente in tasca una moneta da 1 Euro racchiusa in una bustina per poterla mostrare e venderne altre. Da allora l'ho sempre avuta con me, in ogni momento, e sono sicuramente l'unico cittadino europeo che ha in tasca un Euro da oltre quaranta anni. Il successo delliniziativa consentì di istituire un gruppo di studio costituito da professori di economia e presieduto dal prof. Majocchi, dellUniversità di Pavia, che elaborò studi e documenti sulla moneta comune che furono poi sottoposti alla Commissione europea verso la fine del 1969. Dall'inizio del 1970 divenne Commissario della CEE Altiero Spinelli che si portò a Bruxelles come capo di Gabinetto Riccardo Perissich. Poco dopo la commissione affidò al primo ministro lussemburghese Werner la presidenza della commissione di studio sulla moneta unica che elaborò il famoso "Rapporto Werner" che è alla base dei processi di unificazione monetaria successivi. Per cui è difficile non vedere un nesso tra la nostra iniziativa e quella ufficiale. Anche se poi per arrivare alla realizzazione della moneta unica circolante ci vollero altri trenta anni. Perché dalla nascita del nostro primo Euro si arrivasse a quello attuale sono stati necessari circa trentacinque anni. Ma da quando la nostra iniziativa si esaurì, a metà degli anni settanta, alle prime risoluzioni su una moneta unica, lECU, passarono solo alcuni mesi. Non posso quindi affermarlo con certezza assoluta ma mi sembra piuttosto evidente, e ne sono convinto, che fu la nostra scelta di allora per il nome della moneta, oltre alla presenza tangibile dei nostri Euro nelle tasche o nei cassetti ed alla presenza non tangibile ma efficace nelle menti di molti, a influire sulla scelta finale del nome da parte delle autorità monetarie europee. Le immagini mostrano i pezzi da 1 Euro e da 10 Euro. Si tratta di emissioni del 1965 che possiedo personalmente. Non sono mai arrivato a permettermi il pezzo da 5 Euro. Io stesso, infatti, non ero in grado di comprare le monete per me e potei permettermi solamente qualche moneta da 1 Euro, che allepoca costava lequivalente di quindicimila lire, circa sette euro attuali, ma con ben diversa disponibilità economica, e potei averne delle altre solo quando, in seguito al successo delliniziativa, decidemmo di compensare con una moneta da un Euro i fiduciari o distributori che ne vendessero almeno venti o venticinque. Io ne avevo vendute circa cento fino a quel momento e dopo di allora ne vendetti personalmente oltre quattrocento in tutta Europa. Che mi consentirono di conquistare un pezzo da 10 euro e dieci da 1 Euro. Ma quando fui in grado di comprare il pezzo da 5 Euro, di tali monete non ce nerano più. E non ne ho mai più avuti. Lo stesso fu per i pezzi da 2 Euro in argento e da 20 Euro in oro, che furono venduti solo come parti di una serie completa di tutti cinque i pezzi, cioè quelli da 1 Euro e 2 Euro in argento e quelli da 5 Euro, 10 Euro e 20 Euro in oro. Tale serie, detta celebrativa, era allora irraggiungibile economicamente per me. Non condivisi, infatti, e non mi piacque tanto, lidea di una emissione, che fu definita celebrativa o commemorativa, in scatola, in serie numerata, quasi per numismatici, decisa da Rosa e Di Cocco su richiesta di diversi distributori. Mi sembrava che svilisse liniziativa ad operazione commerciale e che le facesse perdere limportanza politica e di promozione dellidea. Inoltre il prezzo elevato avrebbe assai limitato il numero di possibili acquirenti. Infatti io ne ho solamente avute alcune confezioni per le mani, per brevissimo tempo, per distribuirle. CONSIDERAZIONI ATTUALI - VALORE - LE MONETE ATTUALI DELLA BCE ORA IN CIRCOLAZIONE A solo titolo di curiosità su quale possa essere il valore economico attuale di una di tali monete che naturalmente dipenderà di volta in volta dal mercato, mi risulta che nell'autunno del 1999 furono vendute in Francia, non so se in asta o per trattativa diretta, due delle nostre monete da 1 Euro per un controvalore, ciascuna, di circa 5.000 Euro attuali. Recentemente in Italia una moneta è stata ceduta per 6.000 Euro, mentre sia una associazione che ne cercava una per farne dono ad una personalità ospite sia un Comune che voleva regalarne una al sindaco di una città gemellata non sono riuscite a trovare qualcuno che se ne privasse pur arrivando ad offrire cifre consistenti. Due anni addietro è stata consegnata una delle nostre monete al Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che che si era detto interessato ad averne, mentre io stesso, assieme all'amico Jacopo Di Cocco, nella primavera del 2003 ne ho consegnata una al Presidente della Commissione dell'Unione Europea, Romano Prodi, in occasione delle celebrazioni per l'ottantesimo anniversario del Liceo Augusto Righi, della cui Associazione di ex Alunni sono Presidente. Ed in quella veste ho avuto il piacere di consegnargliela come riconoscimento per quanto aveva fatto perchè l'Italia rientrasse fin dall'inizio nel numero dei paesi iniziatori dell'euro. Sarebbe stata una beffa che gli ideatori dell'euro non potessero essere tra i primi cittadini europei a farne uso. Ora ricorre il quarantesimo anniversario del nostro euro e mi aspetto da parte del presidente dell'Unione Europea Prodi e da parte del Presidente Ciampi un segno di riconoscimento per questa nostra priorità italiana e bolognese. Una considerazione, attuale, circa la scelta delle monete in circolazione emesse dalla BCE e sulla discussione se sia tra le cause dell'aumento di molti prezzi. E' fuori di dubbio che l'ingresso dell'Italia nel gruppo dei paesi che per primi hanno adottato l'Euro sia stata estremamente positiva per il nostro paese in un periodo come questo. E' però altrettanto indubbio che coloro che hanno deciso e realizzato i tagli della moneta e le sue caratteristiche realizzative o sono stati quantomeno degli sprovveduti o sono stati addirittura degli irresponsabili. La scelta di realizzare monete da 1 euro e da 2 euro senza anche le banconote, la scelta di non prolungare di almeno cinque anni la circolazione parallela delle monete nazionali, ma soprattutto la realizzazione delle monetine rosse ed anche di quelle gialle così ridicolmente piccole rispetto al loro valore, toglie ai cittadini la percezione del valore reale della moneta. Io stesso ho ancora difficoltà a rendermi esattamente conto del reale valore delle cose e della moneta. Credo che sarebbe il caso di rivedere aspetto e dimensioni di tutte le monete ed anche della banconota da 5 euro. L'eguaglianza "1 Euro = Mille Lire", ormai radicata in tutti, è un errore di cui dobbiamo ringraziare la BCE senza alcun dubbio. La moneta che realizzammo noi quaranta anni addietro aveva ben altra dimensione e ben altra percezione del valore da parte dei cittadini. Da Bologna, città natale dellEuro ( fonte: http://www.euro-pius.it/Il%20primo%20euro.htm )1 punto
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LEGGETE ATTENTAMENTE NELL'INSERZIONE: NON ACCETTO LA RESTITUZIONE PERCHE' QUELLO CHE VENDO E' qFDC - PERFETTO DA PERIZIARE - qFDC QUINDI SAREBBE INUTILE DIRE SODDISFATTO -O- RIMBORSATO ovviamente il rigo in cui scrive "QUINDI SAREBBE INUTILE DIRE" è scritto piccolo piccolo.... <_< . Con un giro di parole inganna sia il neofita da un punto di vista collezionistico (la moneta è falsissima, ma chi è alle prime armi non riesce a fare il distinguo) sia dal punto di vista commerciale ("simula" un soddisfatti o rimborsati). TRUFFA TRUFFA TRUFFA!!! ATTENZIONE RAGAZZI LINK DELL'ASTA1 punto
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ciao, la moneta è un piccolo o bagattino di Francesco Foscari 1423 1457 al D/ FF DV croce accantonata da lettere R/ leone in moleca con il vangelo tra le zampe anteriori. anepigrafe rif. biaggi 2883 paolucci 13 papadopoli 16 allego una foto per confronto saluti Latino ;)1 punto
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Moneta Russa 1 copeco di Nicola I zar di Russia data 1844 zecca EM , Ekaterineburg il vaore e` sopra la parola kopechi ed e` consumato ciao1 punto
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.. gli addetti ai lavori e coloro ai quali loro concedevano l'ingresso.. di "7 uomini d'oro" o di "banda del buco" non credo se ne sia mai parlato nell'inchiesta ...1 punto
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Non si finisce mai di stupirsi in quasto disgraziato paese! Ma come si fa a rimproverare qualcuno per aver collaborato con l'autorità giudiziaria??? Un cittadino, in più funzionario dello stato non può/non deve collaborare con i giudici, gli investigatori??? Datemi un pizzicotto e ditemi che sto sognando.... :o :o :o :angry: :angry: :angry: Incredibile....... Conosco solo superficialmente la vicenda delle monete sparite (=rubate) dal medagliere di Palazzo Massimo e sarebbe finalmente una forma di rispetto verso tutti i cittadini italiani (=i proprietari) che si facesse piena luce su quanto è avvenuto, quando, con quali modalità e per responsabilità di chi. E' compito prima di tutto proprio dei responsabili del medagliere dire pubblicamente come stanno le cose. L'autorità giudiziaria mi pare si sia già espressa e, pur non condannando tecnicamente nessuno, mi pare di capire che l'operato delle persone coinvolte è sotto indagine della magistratura contabile. E' giusto? Anni fa richiesi al Museo di poter accedere al medagliere per una ricerca numismatica, mi fu negato il permesso a causa, dicevano, della carenza di personale e del fatto che parte del materiale fosse in restauro. Ok, me ne son fatto una ragione. :( Mi chiedo però chi potesse invece accedervi, a parte gli addetti ai lavori, e chi quindi sarebbe stato ipoteticamente in grado di prendere, sostituire, portare fuori i pezzi... Lo verremo mai a sapere? Perchè quando si tratta dello stato, delle amministrazioni pubbliche, non si trova mai un responsabile, che sia uno, al quale sia possibile addebitare una colpa, che sia dolo oppure negligenza? Fino a quando durerà la pazienza dei cittadini???1 punto
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ciao Carlo , mi ricordo di quella discussione. Per chi volesse saperne di più riporto un link interessante evidenziato dal buon paolino67 grazie per i vostri apprezzamenti sulla foto, ringrazio di nuovo rickkk per il suo aiuto e le sue dritte! :) F. Mi sembra giusto, si ringrazia colui che ha riportato il link ma manco si nomina lo gnurante che ha illustrato il fenomeno :D :D1 punto
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