La monetazione rinascimentale italiana subisce raramente l’influenza stilistica di atri Regni, mentre più frequentemente questo accade nel XVII secolo. Nuove potenze economiche si affacciano in Europa e ne determinano regole e commerci, così anche la nostra moneta si deve adeguare per essere ben accetta.
Un esempio ne è il tallero di Ferrante II ad imitazione dei Reichtaler battuti nella zecca di Hall in Tirolo dal Conte Massimilano tra il 1612 e 1618. Infatti, ne ricalca lo schema; con la leggenda nel giro esterno, interrotta dal busto in armatura con colletto pieghettato alla spagnola, e la data ai lati. Molto simile anche il rovescio, con lo stemma ai lati del quale due fregi nel tipo tirolese, che Ferrante II sostituisce con due lacci.
Ferrante II sale al potere nel 1575 assai giovane, a soli 12 anni, sotto tutela della madre Camilla Borromeo per proseguire l’opera del padre Cesare, che apre la zecca in Guastalla, fonda l’accademia degli Invaghiti (credo oggi Virgiliana) e fortifica la città, ma al tempo stesso ne apre le porte ad artisti e letterati. Nel 1619 è nominato Conte e nel 1621 Duca ed insignito dell’ordine del Toson d’oro. Valente Capitano, principe colto e liberale, mira a potersi sostiuire ai Gonzaga del ramo principale al governo di Mantova. Aspirazione che rimane tale, muorendo di peste nel 1630.
Come detto il tallero è di pura imitazione o meglio “ispirazione” tedesca, e non potrebbe essere altrimenti dato che dal giugno del 1618 al 31 maggio del 1621 sono Luca e Pietro Xell, tedeschi, i maestri di zecca, e Luca Xell incisore dei conii.
D/ (rosetta) FERDINANDVS . GO - NZA : CAESARIS . FILIVS : (Ferdinando Gonzaga Figlio di Cesare)
busto a destra, corazzato e paludato con colletto pieghettato alla spagnola, e collare del Toson d'oro pendente sul petto; ai lati 16 – 20, sotto al busto 3 e nel giro, in basso : [LX] : intrecciati.
Rv: 3 MELFICTI . PRINCEPS . GUASTALLA . COM. (Principe di Molfetta e Conte di Guastalla – Principato di Molfetta, portato in dote dalla nonna Isabella di Capua. )
Stemma coronato, inquartato con il Leone di Boemia (concesso da Carlo IV), le sei fasce orizzontali dell’antico stemma Gonzaga, quattro scacchi con le armi dei Borromeo (dalla madre Camilla) ed altri quattro scacchi con le armi di Isabella di Capua moglie di Ferrante I e suo nonno. Caricata al centro scudetto con l’aquila. Ai lati due lacci a forma di caramella, in alto 3.
Argento gr. 28,453 diametro 40,42
Bibliografia : Ex Nummis Historia Vol VIII n. 433. CNI Vol IX n. 79. Mario Ravegnani Morosini, Signorie e Principati Vol. II pag. 214, n. 19. Davenport 3914. BAM 569. Lorenzo Bellesia, I Guastalla 62/C (che in nota aggiunge che tutti gli esemplari presentano una rottura del conio al rv: sulle lettere COM, ben visibile anche in questa moneta).
Questa emissione al pari del tipo con il collare del Toson d’oro che raccoglie lo stemma al rovescio è opera di Luca Xell, ed i numeri che vi appaiono (3) sono probabilmente l’identificativo del conio operato per la battitura. Il tallero del 1620 con i lacci è tipologicamente unico, ed appartiene al secondo periodo per le emissioni monetali, cioè quando nella leggenda compare il titolo di Conte. In realtà Guastalla era Contea dal 1428 (da Filippo Maria Visconti), ma perché, secondo l’Affò: “…(Ferrante II) ricercava di farla erigere in Ducato, e perché meglio fosse riconosciuta l’eminenza, a cui si voleva condotta, si volle espressamente il nostro Principe chiamar Conte di Guastalla sul punto che aspettava d’esserne dichiarato duca. “ Ordine mantenuto da Ex Nummis Historia del Conte Alessandro Magnaguti e poi dal Ravegnani Morosini, da cui ho tratto spunto per questo inciso, come detto Ferrante insignito del titolo di Conte nel 1619.