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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/08/10 in tutte le aree
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Uno dei miei papi preferiti, e la mano di un incisore di primissimo ordine, peccato che i piccoli nominali non fossero firmati in quel periodo (raramente lo erano i giuli), è come un quadro d'autore senza firma, attribuibile...:P Anni fa comprai un grosso simile per rovescio, di papa Clemente XII, e rimasi affascinato dallo stile del ritratto di S.Paolo, quasi "troppo bello" per il periodo: I miei "sospetti" furono confermati dal successivo acquisto di questo grosso di Innocenzo XI, il viso di base del santo (S.Pietro in questo caso) proviene dal medesimo punzone del precedente, a cui poi sono state aggiunte le particolari caratteristiche che differenziano i due santi: Probabile quindi che per il grosso di Clemente XII fu utilizzato un conio giacente in zecca da qualche decina d'anni...:P Ciao, RCAMIL.2 punti
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Ciao, inserisco la mia lista aggiornata di doppie. Se qualcuno è interessato mi contatti per MP1 punto
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Stavo cercando di fare un po' il punto della situazione sul circolante straniero in area veneta. Leggendo il buon libro di Saccocci, ho trovato menzione dei noti (ma fino a che punto?) denari ungheresi, di monete tirolesi e di aquileia (quindi straniere queste fino a un certo punto) e dei pfening austriaci. Ora, per il momento, limitandoci all'ungheria, in periodo carrarese quali erano questi denari (e anche piccoli)? Se ne fa nota anche in più documenti dell'epoca sia per il cambio che per eventuali divieti di circolazione in determinate aree. Tenendo conto del periodo di reggenza dei da Carrara, quali tipi di denari provenienti dall'ungheria circolavano in area veneta? solamente quelli di Luigi (o Ludovico) il Grande (1342-82) o anche quelli del precedente sovrano Carlo Roberto (1308-1342), entrambi del ramo Angiò? Nel libro di Saccocci in merito ai rinvenimenti monetali di Noventa di Piave (chiesa di S. Mauro) si parla di un denaro ungherese e, nella fattispecie, si tratta di un denaro di Ludovico il Grande di questo tipo: In ambito prettamente padovano cittadino, c'è un ritrovamento di due denari ungheresi che ha questo repertorio bibliografico che devo ancora verificare per cui non so di quale tipologia di denari si possa trattare: "GORINI G.1973 [1979], Ritrovamento a Padova di due denari ungheresi, Boll.Mus.Civ. di Padova, LXII, pp.131-134; GORINI 1989, p.188." Mentre, come ritrovamento estero, a Gradisca nel 1801 e repertoriato ne "L'Archeografo Triestino n. III - 1831) si descrive un tesoretto poi andato disperso composto da più monete (500) di differenti zecche (1 di Venezia), 6 piccoli di Padova (denaro di Francesco I) e il resto tutte monete ungheresi. Questo il catalogo tipologico descritto: La N.° I. porta l'epigrafe S. Ladislaus l\ex , ed ha una figura in piedi con manto regale, corona in capo, ed intorno di esso raggi, che dinotano santità, un'alabarda nella mano destra , e nella sinistra in mezzo al petto un globo con croce; nel campo al lato sinistro la lettera P. Neil' esergo) alla sommità una croce, e l epigrafe Lodovici Rcgis Ungane. Nel mezzo uno stemma, il di cui campo diviso per metà contiene alla destra quattro fascie , ed alla sinistra sei gigli, come pure due laterali, ed una croce di sopra. N.o II, croce, ed epigrafe Moneta Lodovici, e nel campo il capo di esso Lodovico cinto di sciarpa, rappresentante il diadema regale. Nell' esergo alla sommità una croce , e l'epigrafe liegis Ungane, nel campo doppia croce circondata da varii punti, e di sotto una corona reale. N.o IH , figura di San Ladislao in busto , corona , raggi , e croce in mano coll' epigrafe quasi uniforme, alquanto corrosa. Nell' esergo Lodovici Regis, e stemma simile al N.o I. N.o IV. epigrafe eguale al N.o II., e nel campo un fiore diramato che significa un gruppo di gigli; e noll'esergo lo stemma simile al precedente. N.o V. epigrafe non rilevabile meno di qualche lettera Reg. .../>.... Ha un busto reale con corona sul capo, lunga voluminosa capigliatura, scettro nella destra, ed un globo con croce nella sinistra. Nell' esergo Regis Hunqarie , stemma eguale ai precedenti , e nei lati del campo le lettere B. V. N.o VI. è senza epigrafi , vi ha però il gìglio diramato in un campo , e nell' altro il solito stemma. N.o VII. piccola croce coll' epigrafe Moneta Lodovici , doppia croce nel campo punteggiata all' estremità, e nell' esergo Dei gratin Rex Ungalic, stemma simile ai precedenti. N.o Vili, sembra avere l'epigrafe Andreas Dandolo, il quale regnava nel i34o. Si vede il Doge in piedi col corno sul capo, manto ducale, e vessillo nelle maui. Nell esergo l'epigrafe è corrosa, e soltanto rilevabile nelle lettere S. M. Venet., che potrebbe significare Sanctus Marcus Venetiarum. N.o IX. nella sommità ha una croce in mezzo a due stelle, indi l'edigrafe Civita*, e nel campo la figura la quale secondo il Brunazzi (De Re Num. Palav. cap. n.J significa F, ed esser* il nome di Francesco Primo di Carrara Signore di Padova, la qual moneta da esso è portata al N.o io. Di questo sentimento è pure il Vcrci (dessert, delie Moti, di Pad. art. 8. ) , quantunque il Zanetti è di contraria opinione. Nell' esergo vi ha una stella di sei raggi, che dal centro si allungano alla circonferenza. Nella parte superiore vi è una croce , e fra i raggi cinque lettere , le quali formano T epigrafe Padua. Il Vcrei opina che questa monetuccia scudcllata sia il denaro piccolo Padovano , di sei grani Bolognesi di peso , e che in queste monete vi sia un' oncia incirca per libbra di argento , ed il resto sia rame. Purtroppo il testo in questione, presente anche in formato digitale su google books non riporta nella sua interezza le raffigurazioni delle monete per cui non mi è chiaro perfettamente di quali monete si tratti, sempre riferito all'ambito ungherese (la veneziana mi pare proprio un soldino di Andrea Dandolo). Per il resto, le ungheresi, oltre alla già citata e riprodotta moneta presente anche (come tipo) Noventa di Piave, mi pare di capire che ci sia questa tipologia di denaro: La collocazione temporale del tesoretto potrebbe quindi essere individuata dopo il 1373 visto che delle tre tipologie di monete da me individuate ho avuto modo di intuire (spero correttamente) che la più recente è quella del tipo "denaro ungherese con saraceno o moro" coniata a partire dal 1373. Ora mi chiedo se la composizione di questo tesoretto possa rispecchiare la circolazione (tipologica) in ambito veneto, principalmente padovano, e se sì in quale misura. Inoltre mi piacerebbe capire se in ambito veneto filtrassero denari del sovrano ungherese precedente. A livello ipotetico-probabilistico si potrebbe anche dire di sì, ma ci sono riscontri oggettivi? Esistono ritrovamenti che possano comprovare la cosa? Ingenti quantitativi di moneta ungherese dovrebbero essere giunti in area veneta sicuramente durante la cosiddetta Guerra di Chioggia (anni 1379-81), inoltre sono più volte documentati i rapporti tra la signoria Carrarese e Ludovico d'Ungheria quindi è innegabile l'esistenza di un flusso commerciale-diplomatico-economico tra l'area veneta e l'area dei dominii ungheresi. Voi che dite? Avete osservazioni a riguardo? Ulteriori spunti di indagine?1 punto
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Ciao a tutti, di seguito presento i dati da me raccolti relativamente a CONSECRATIO, DIVINIZZAZIONE e DAMNATIO MEMORIAE relativa agli imperatori romani. Mi pare sia già così una comunicazione corposa, per la parte numismatica, avendo raccolto molti esemplari... vi prego di pazientare! ;) APOTHEO′SIS, (ἀποθεώσις), l' ascesa di un mortale fra gli dei. Il termine apotheosis, fra i Romani, significava propriamente l' elevazione di un imperatore defunto agli onori divini. Questa pratica, che era comune in occasione della morte di quasi tutti gli imperatori, sembra che fosse originata dall' opinione, generalmente diffusa tra i Romani, che le anime o Mani dei loro antenati diventassero divinità; e come era comune per i fanciulli adorare i Mani dei loro padri, così era naturale che gli onori divini fossero pubblicamente conferiti ad un imperatore defunto, che era considerato come il genitore della patria. Quest' apoteosi dell' imperatore era solitamente chiamata CONSECRATIO; e dell' imperatore che riceveva l' onore dell' apoteosi si diceva in deorum numerum referri, o che era stato consacrato consecrari. Si racconta che, nei tempi più antichi, Romolo sia stato ammesso tra le divinità sotto il nome di Quirino (Plut., Rom. 27, 28; Liv., I, 16; Cic., de Rep., II, 10); ma nessun altro re di Roma sembra aver ricevuto questo privilegio e anche nel periodo repubblicano non leggiamo di alcun esempio di apoteosi. Giulio Cesare fu deificato dopo la sua morte e giochi furono istituiti in suo onore da Augusto (Svet., Iul. Caes., 88); e questo esempio fu seguito nel caso di altri imperatori. L'apoteosi di un imperatore era essenzialmente un atto politico attuato dal successore dell'imperatore. La cerimonia viene descritta dettagliatamente da Erodiano (V, 2) nel seguente passo:— "È costume dei Romani deificare gli imperatori che muoiono lasciando successori; e chiamano questo rito apoteosi. In questa occasione si vedono per la città forme di lutto unite a celebrazioni e riti religiosi. Onorano il corpo del morto secondo il rito degli uomini, con un sontuoso funerale; e dopo aver modellato un' immagine di cera il più possibile somigliante, la espongono nel vestibolo del palazzo, su un alto letto d' avorio di grandi dimensioni, ricoperto da un lenzuolo d' oro. La figura è pallida, come quella di un uomo malato. Durante buona parte della giornata i senatori siedono attorno al letto sul lato sinistro vestiti di nero; e le donne nobili siedono sulla destra, vestite con semplici abiti bianchi, come prefiche, senza ori o collane. Questo cerimoniale continua per sette giorni; e i medici si avvicinano uno ad uno spesso al letto, e guardando l' uomo malato, dicono che peggiora sempre di più. E quando ritengono che sia morto, i più nobili tra i cavalieri e giovani scelti dell' ordine senatoriale tirano su il letto, e lo trasportano lungo la Via Sacra, e lo espongono nel Foro antico. Palchi come gradini vengono costruiti su ogni lato; su uno sta un coro di giovani nobili, e su quello opposto un coro di donne di alto rango, che cantano inni e canzoni di encomio del defunto, modulate in una solenne e dolente melodia. In seguito portano il letto attraverso la città fino al Campus Martius, nella parte più larga del quale viene costruita una catasta quadrata di legname della misura più grande, a forma di camera, riempita di fascine e all' esterno ornata con tende intrecciate con immagini d' oro e d' avorio. Sopra questa una camera simile ma più piccola, con porte e finestre aperte, e sopra ancora, una terza e una quarta, sempre più piccole, così che si può compararla ai Phari. Al primo piano mettono un letto, e raccolgono incenso e ogni sorta di aromi, frutta, erba, succhi; perché tutte le città e le persone eminenti gareggiano nel contribuire con questi ultimi doni ad onorare l' imperatore. E quando è stato radunato un grande cumulo di aromi, c' è una processione di cavalieri e carri attorno alla catasta, con gli aurighi che indossano maschere per assomigliare ai generali e imperatori romani più insigni. Quando è stato fatto tutto questo, gli altri appiccano ad ogni lato il fuoco, che prende facilmente grazie alle fascine e agli aromi; e dal piano più alto e più piccolo, come da un pinnacolo, un' aquila viene lasciata libera di volare in cielo mentre il fuoco sale, aquila che i romani credono porti l' anima dell' imperatore dalla terra ai cieli; e da quel momento viene adorato con gli altri dei." In conformità con questo racconto, è frequente vedere sulle medaglie coniate in occasione di un' apoteosi un altare con del fuoco su di esso, e un' aquila, l' uccello di Giove, prendere il volo nell' aria. Le medaglie con questa raffigurazione sono numerose. Solo da queste medaglie possiamo ricostruire un' apoteosi, dal tempo di Giulio Cesare a quello di Costantino il Grande. Nella maggior parte di esse appare la parola Consecratio e su alcune monete greche la parola ΑΦΙΕΡΩϹΙΣ. Allego foto di un' agata, che si pensa rappresenti l' apoteosi di Germanico (Montfaucon, Ant. Expl. Suppl., vol. V, p137). Nella mano sinistra tiene la cornucopia, e la Vittoria sta posando una corona d' alloro su di lui. L' apoteosi dell' imperatore (o piuttosto del suo busto) si trova in un medaglione sul soffito dell' arco di Tito. Sul rilievo del basamento della Colonna di Antonina è rappresentata l'apoteosi di Antonino Pio e di sua moglie Faustina mentre ascendono verso gli dei sorretti da un genio alato, Aion, simbolo dell'eternità. Il genio regge in mano i simboli del globo celeste e del serpente ed è affiancato da due aquile, che alludono all'apoteosi. Ai due lati, in basso, assistono alla scena la dea Roma, in abito amazzonico e seduta presso una catasta di armi, e la personificazione del Campo Marzio, rappresentato come un giovane che sorregge l'obelisco importato da Augusto da Eliopoli ed utilizzato per la grandiosa meridiana del Campo Marzio. Su un altro lato sono raffigurati i membri del rango equestre intenti a celebrare il decursio o decursius, ovvero la giostra a cavallo durante la cerimonia funebre, coi relativi vessilliferi, all'esterno, e un gruppo di pretoriani all'interno.Questo rito, che doveva aver avuto luogo attorno all'ustrinum dove si era svolta la cerimonia di cremazione, si era svolta in due tempi (prima la processione a piedi, poi la giostra a cavallo), ma nella raffigurazione è usato l'espediente della contemporaneità, collocando una parata dentro l'altra. (segue)1 punto
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allora...vi presento come sta la situazione: mio zio(41 anni) sta con una ragazza da marzo. circa a fine agosto casualmente(origliando mia nonna che parlava con mia madre) scopro ke questa aspetta da 4-5 mesi un bambino... mio zio è disoccupato e lei fà la professoressa quindi non hanno molti soldi al momento, non sono sposati. cmq io avevo pensato al battesimo del bambino in questione e mi domandavo cosa regalargli: un braccialetto? una collanina con crocifisso? ma sono troppo scontati a mio avviso! voi che mi consigliate?1 punto
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è un denario di D. Iunius L.f. Silanus per i riferimenti e descrizione: http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G70/3 Al dritto dietro la testa di Roma c'è una lettera di controllo variabile (nel tuo caso la lettera F) Al rovescio sopra la biga un numero di controllo variabile (nel tuo caso XX)1 punto
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Potrebbero essere GV invece? Sembrerebbe un quattrino di Guidobaldo II coniato ad Urbino. Luigi1 punto
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Solo una piccola precisazione. BMC 122-47 non è corretto. Se scrivi così sembra che da 122 a 147 siano tutte la tua moneta. Il Sear non usa il trattino, infatti scrive al n. 3953 = BMC 20.122.47 che significa BMC volume 20 (Galatia, Cappadocia e Syria), pagina 122, n. 47. Se prendi per buono questo riferimento (ma per me non lo è) va indicato solo con BMC 47 oppure BMC p. 122 n. 47 La legenda del tuo esemplare è diversa da BMC 47 che è ……MHTOKOM, mentre la tua è …..MHTPOPKOM ossia BMC p.122 n. 49 L’aquila sul braccio si vede bene; meno evidente il Pegaso a sinistra sotto la Tyche perché centrato dal foro. Luigi1 punto
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Qui non è questione di fare polemiche. Questa che hai scritto è una solenne boiata, e non è la prima. ALCUNI, MOLTI, LA MAGGIOR PARTE DEI MARENGHI hanno valore numismatico nullo. Non I MARENGHI. Ogni tanto tira un respiro prima di scrivere, tanto a diecimila messaggi non si vince niente, ed eviti a tutti gli altri di dover mettere le pezze alla tua disinformazione.1 punto
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I marenghi hanno valore numismatico nullo. Mi sfugge qualcosa. Quindi secondo te un marengo 1873 Roma (tanto per fare un esempio) ha un valore numismatico nullo? :o1 punto
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:blink: :unsure: ...occorrerebbe un esame in mano,dalla foto mi convince poco ciao franco1 punto
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L'impostazione del rilievo precedente è tipica delle scene di apoteosi (si veda l' Apoteosi di Sabina in un rilievo dal cosiddetto arco di Portogallo - vedi allegato), con la parte inferiore occupata da figure sedute o distese e quella centrale/superiore con una figura alata, che si innalza obliquamente recando in cielo i personaggi da deificare. La tradizione ebbe inizio con la dichiarazione del Senato della divinizzazione di Giulio Cesare dopo la sua uccisione nel 44 a.C., atto che scosse l'opinione pubblica di Roma. Quando Augusto morì 58 anni più tardi, ricevette anche lui onori simili fornendo così un modello per i futuri imperatori. Gli obiettivi dell'atto erano di rinforzare la maestà della carica imperiale e, più immediatamente, di associare l'imperatore in carica ad un illustre predecessore. Per esempio, quando Settimio Severo rovesciò Didio Giuliano per prendere il potere nel 193, favorì l'apoteosi di Pertinace, che aveva regnato prima di Giuliano. Ciò permise a Severo di presentarsi come erede e successore di Pertinace, sebbene i due non fossero imparentati. L'Apoteosi non era un processo automatico, almeno all'inizio dell'era imperiale. Gli imperatori che non erano ricordati con benevolenza o non erano graditi ai loro successori, generalmente non venivano divinizzati. Per esempio, Caligola e Nerone, che erano considerati da molti contemporanei come tiranni e il cui regnò terminò in modo violento, non furono divinizzati dopo la loro morte. (segue)1 punto
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