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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/08/10 in tutte le aree
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Prima di affrontare direttamente l’oggetto titolo della discussione, bisogna fare una “piccola” premessa storica che illustra le motivazioni che portarono alla nascita del cavallo, un nuovo nominale, tanto apprezzato nel Regno di Napoli. I regnanti Angioini, per conquistare la corona del regno di Napoli, oltre ai loro eserciti, si affidarono anche a condottieri e famiglie nobili che dopo la vittoria provvidero a “ringraziare” affidandogli territori del regno riducendo quindi quest’ultimo in pratica ad un sistema feudale. Con la venuta poi a Napoli degli Aragona, il primo re napoletano di questa dinastia, Alfonso I, cercò in qualche modo di contrastare e modificare questa situazione “feudale” in quanto il potere economico del regno era in pratica più nelle mani dei baroni che non del Regio Demanio. Per far ciò, il re cercò in tutti i modi di far sviluppare il commercio e sfruttare le risorse che il regno offriva. Nacquero così imprenditori, commercianti, armatori, concessionari di miniere che, con la loro rapida crescita economica, andarono subito a scontrarsi con il potere dei Baroni che erano sicuramente abili nella guerra, ma poco portati al commercio. Questa situazione, aggravata dal fatto che comunque il re tendeva a favorire famiglie spagnole rispetto a quelle baronali presenti sul regno, causarono un malcontento da parte di quest’ultime che iniziarono a soffrire il governo aragonese ed a rimpiangere quello angioino. Quindi la morte di Alfonso I ed il successivo insediamento sul trono di un suo figlio illegittimo, Ferdinando I d’Aragona, furono scintille scatenanti una rivolta per cercare di far tornare il regno sotto il dominio angioino. Tale rivolta inizialmente fu appoggiata anche dal papa, infatti la Chiesa aveva da sempre considerato il regno come un suo feudo tanto che nessun re poteva sedersi sul trono di Napoli senza essere incoronato dal papa. Callisto III quindi si rifiutò di incoronare re Ferdinando I, venendo meno alla promessa fatta ad Alfonso I, causando la feroce reazione di Ferdinando che iniziò quindi una battaglia contro i baroni ribelli. L’incoronazione di Ferdinando fu comunque solo una questione di tempo, infatti Callisto III morì poco tempo dopo ed il suo successore, Pio II provvide a farlo incoronare re nel 1459 nella città di Barletta. Ciò non sopì le sue ire che continuò la sua lotta contro i ribelli fino al 1462 quando li sconfisse definitivamente. Naturalmente per affrontare questa vera e propria guerra, le casse dello stato avevano bisogno di molto denaro e Ferdinando per procuraselo in gran quantità fu l’artefice di una vera e propria falsificazione di Stato, infatti per pagare le proprie truppe fece abbassare il valore intrinseco dei tornesi aumentandone a dismisura la loro coniazione. Pare che proprio per aumentare questa produzione facesse aprire delle zecche in alcune città del regno quali, oltre Napoli, Barletta, Gaeta, Salerno, Cosenza, Lecce, Capua ed Isernia. Addirittura sembra fece coniare questi tornesi anche da alcuni potenti commercianti napoletani, facendosi anticipare la somma che essi ne avrebbero ricavato. Questa enorme immissione di tornesi dal basso contenuto di fino, anche se diede inizialmente al re la possibilità di finanziare la guerra, col passare del tempo creò un forte malcontento popolare. Infatti la popolazione si vedeva costretta ad accettare come valuta una moneta che aveva un contenuto di fino molto basso e che, addirittura, in alcune di esse l’argento non fosse proprio presente. Questa situazione costrinse quindi il re a correre ai ripari e nell’aprile del 1472, per eliminare questa circolazione di moneta scadente e falsificata, fece coniare il cavallo, moneta in rame puro dal peso di 2 grammi che aveva un valore intrinseco pari al valore nominale, quindi non conveniente da falsificare. Il cavallo fu ben accetto dal popolo e ben presto si diffuse enormemente in tutto il regno e oltre che a Napoli fu coniato ad Amatrice, all’Aquila, a Brindisi, Capua (?) e Sulmona. Nel 1486 il re si trovò ad affrontare una seconda rivolta da parte di alcuni Baroni ribelli ed anche questa volta la soffocò nel sangue, ma ormai i tempi erano maturi perché il re di Francia rivendicasse i diritti sul regno di Napoli, infatti Carlo VIII, nel 1495, dopo essersi accordato con Ludovico il Moro, scese col suo esercito e conquistò il Regno. Nel frattempo Ferdinando I era morto ed il suo successore, il figlio Alfonso II, malvisto dal popolo a causa della sua ferocia dimostrata nella repressione della rivolta dei baroni, si vide costretto ad abdicare, lasciando il trono al figlio Ferdinando II d’Aragona detto affettuosamente Ferrandino, proprio nel momento in cui Calo VIII conquistava il regno. Ma l’occupazione francese durò solo pochi mesi e Ferrandino poté finalmente salire sul trono di Napoli. In questo rapido alternarsi di regnanti la coniazione di cavalli subì diverse modifiche. Mentre non se ne coniarono durante il regno di Alfonso II, sotto Carlo VIII, in considerazione che questa moneta era ben accetta e nonostante il breve periodo di regno, se ne coniarono in gran quantità. Oltre che a Napoli, se ne coniarono anche nelle città che si erano dimostrate favorevoli alla venuta del regnante d’oltralpe che videro così ringraziarsi con il diritto di coniare moneta; tra queste l’Aquila, Chieti, Manoppello, Ortona, Sora e Sulmona. Fu proprio in questo periodo che si iniziano a ribattere il cavalli. Infatti per far fronte all’enorme quantità di coniazioni e a “marcare” le stesse con le insegne del nuovo re, molti cavalli con le impronte di Ferdinando I, vengono ribattuti con le nuove impronte di Carlo VIII, lasciando spesso visibile sul tondello i segni di entrambi i coni. Con il ritorno sul trono di Ferdinando II d’Aragona avviene il contrario. Almeno inizialmente non vengono approntati nuovi coni, ma si preferisce ribattere i cavalli con l’impronta di Carlo VIII con i coni di Ferdinando I anche per cancellare dalle monete “l’impronta” dell’invasore (vista la gran quantità di cavalli emessi da Carlo VIII nel Regno, si decise di lasciarli circolare). Fu probabilmente verso la fine del regno di Ferdinando II che si approntarono dei nuovi coni con l’effige di Ferrandino, ma a causa della sua improvvisa morte, ne fu subito interrotta la coniazione. Il Crusafont riporta un cavallo con l’effige di Ferdinando I d’Aragona ma con la legenda FERRANDVS II REX, quindi riportante il numerale di Ferdinando II. Non ho mai avuto modo di visionarlo dal vivo, ma non ne metto in dubbio la sua autenticità, anzi, a sua conferma va detto che era prassi nel periodo descritto utilizzare coni dei sovrani precedenti modificando la legenda. Un discorso a parte merita la zecca di Brindisi, dove invece vengono coniati cavalli con al D/ la testa di Ferdinando II ed al R/ lo stemma della città. E’ per questo motivo che sono da attribuire a Ferdinando II i cavalli di Carlo VIII ribattuti con i coni di Ferdinando I. Con la venuta di Federico III d’Aragona si procede alla coniazione di cavalli a suo nome, ma contemporaneamente si continua a ribattere i cavalli di Carlo VIII ancora in circolazione con l’effige del nuovo sovrano. La coniazione di questa moneta terminò il 13 gennaio 1498 e nel marzo dello stesso anno ne fu vietato il loro utilizzo a causa delle continue riduzioni di peso della stessa che ormai ne avevano dimezzato il valore (era passato da 1/12 di grano in origine ad 1/24 di grano alla fine). Al suo posto Ferdinando III d’Aragona fece coniare una nuova moneta chiamata sestino (1/6 di grano) dal valore di 2 cavalli. Questo a mio avviso rimane uno dei periodi più affascinanti sia a livello storico che numismatico del Regno di Napoli, e chiedo venia se ho ridotto all’osso le vicende storiche per parlare delle monete e perdonatemi se vi è qualche inesattezza che spero venga segnalata.1 punto
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Buona sera a tutti. Riesumo questa discussione (che forse troverebbe migliore collocazione nella neonata sezione degli approfondimenti), perchè sono in possesso di un dato che potrebbe confermare, definitivamente, la tesi che ho finora sostenuto ovvero che i quasi 7 milioni di pezzi aurei da Lire 20 con millesimo 1882, siano stati interamente battuti nella zecca di Roma in quell'anno. Fino a questo punto della discussione credo si possano ritenere ragionevolmente acquisite le seguenti certezze: - il contingente battuto con il detto millesimo di quasi 7 milioni di marenghi (che trova rispondenza incrociata attraverso la consultazione di diversi testi consultati e tabelle allegate); - la disponibilità del cospicuo metallo prezioso necessario alla suddetta coniazione (il famoso prestito europeo di 644 milioni di lire, in buona parte somministrato dai finanziatori in verghe e monete auree); - il riferimento al testo della vigente Convenzione della U.M.L., che imponeva di riportare rigorosamente, sulle monete in oro ed in argento, il millesimo di fabbricazione. Premesso quanto sopra, le obiezioni sollevate a questa tesi, sono finora essenzialmente due: - la prima è quella secondo cui molti dei cataloghi attualmente in uso riportano (pur senza documentare l'affermazione) che i marenghi con il millesimo 1882 vennero battuti per molto tempo, addirittura durante il regno di V.E.III; - la seconda, anch'essa però non sostenuta finora da dati concreti ma da semplici supposizioni, in base alla quale la zecca di Roma non sarebbe stata in grado, all'epoca, di produrre una così cospicua quantità di tondelli monetali. Vorrei a questo punto aggiungere che dai cataloghi oggi in commercio, la zecca di Roma nel 1882 non avrebbe coniato soltanto il marengo ma anche altre tipologia monetali, che di seguito riporto nel loro complesso (i dati delle emissioni sono tratti dal Catalogo Gigante 2010): Monete in oro da Lire 100.........................nr. di esemplari 1.229.- Monete in oro da Lire 20...........................nr. di esemplari 6.970,007.- Monete in argento da Lire 2.......................nr. di esemplari 2.859.206.- Totale complessivo: 9.830.442 monete coniate con il millesimo 1882 nella zecca di Roma. Occorre dunque verificare se la zecca romana, nel 1882, fosse tecnicamente in grado di produrre una tale quantità di moneta. La fonte da cui, accidentalmente, ho tratto la risposta, è il testo di Luigi Repossi dal titolo: Milano e la sua zecca, pubblicato dall'editore Loescher nel 1877 e che, a prima vista, non c'entrerebbe nulla con la zecca di Roma. Ma non è così........... B) L'autorevolezza dello scrittore ma sopratutto la data di pubblicazione del libro (avvenuta 5 anni prima della data che ci interessa), dovrebbero rendere le informazioni di questo testo particolarmente attendibili..... Ma veniamo al dunque. Nella parte finale del libro, alla pagina 136, l'Autore si lamenta della probabile prossima chiusura della Zecca meneghina e coglie l'occasione per fare un confronto fra la produttività giornaliera di questa e la potenzialità produttiva di quella romana. Leggete di seguito cosa scrive in proposito il Repossi: Scopriamo dunque che nel 1877 la zecca di Roma è in grado di produrre 30.000 monete al giorno (incredibile la capacità produttiva di quella milanese....con "più di un milione di tondini al giorno"i!!!!). Dunque, se moltiplichiamo 30.000 pezzi al giorno per 310 giorni lavorativi all'anno (ho tolto 52 domeniche e tre festività), la produzione che si ottiene è di 9.300.000 pezzi all'anno, quindi più o meno compatibile con il complesso delle coniazioni dell'anno 1882 riportate dai cataloghi, che abbiamo visto essere indicata in 9.830.442 (mancano all'appello meno di 15 giorni lavorativi, che potrebbero benissimo essere stati recuperati in altrettante domeniche di un anno particolarmente produttivo...). Bene, adesso non potete fare altro che "smontarmi" il Repossi......... B) . Elledi, Tu che sei il più scettico sulle capacità produttive della vecchia zecca romana, che mi dici adesso :lol: ?.................... Saluti. Michele1 punto
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Salve Dopo i vari interventi in questa discussione, riguardo appunto alla variazione del colore della lega usata per la realizzazione dei marenghi, lega per monetazione che teoricamente "dovrebbe" contenere solo oro e rame (dico dovrebbe perchè, se lo contenesse veramente non si avrebbero così diverse sfumature di colore). Nel 1971 H. Kowalski e un ricercatore del BAM (Bundesanstalt fur Materialprufung) di Berlino, P Reimers, fecero uno studio e, poi una relazione presentata al "simposio sull impiego dei metodi nucleari per l'analisi non distruttiva dei metalli preziosi" studio che s'intitolava :"Analisi non distruttiva su monete medioevali". Riassumendo il più possibile, lo scopo della ricerca è "di dare una risposta all'accusa lanciata nel 1239 da papa Gregorio IX all'Imperatore del Sacro Romano impero e Re di Sicilia, Federico II di Hohenstaufen, chiamandolo " novus monetae falsarius". Praticamente hanno voluto stabilire con notevole precisione il contenuto in argento o oro di una serie di monete a partire da Alessandro III, fino a Carlo I (stateri, solidi, tareni,cavallini ecc...) arrivando poi alle zecche italiane (fiorino, zecchino, genovino, pierreale ecc...) fino ad arrivare a tre marenghi (di cui uno solo italiano, un 20 lire di Vittorio Emanuele II anno 1863). In totale sono state determinate dal punto di vista della composizione circa 50 monete La determinazione di oro rame e argento è stata effettuata mediante l'analisi dell'attivazione prodotta da neutroni le monete sono state "bombardate" appunto da un generatore di neutroni. e insieme a misure di densità si è calcolata la precisa composizione della lega Au-Ag-Cu. Alla fine di tutto il discorso (per farla breve) gli autori hanno riscontrato e circostanza rimasta inspiegabile che le monete moderne (marenghi) contengono anche argento (dallo 0,3 al 0,8 in peso) . Ad esempio Vittorio Emanuele II- 20 Lire 1863 Cosa molto interessante che la presenza dell'argento non è a discapito dell' oro, ma del rame!! (CAPITO? oro ok, meno rame , più argento!) Mentre in altri due marenghi europei il leggero contenuto in argento è a discapito dell' oro!! ...............1 punto
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Ti riferisci al pezzo con data 1911? Tratto da Pag 257 del Simonetti Volume I parte III 87 Prima prova del 5 lire III tipo (note: Quadriga Briosa diam. 37 mm ) Questa prova costituisce un ulteriore miglioramento del tipo delle monete d’argento con la quadriga che,originato dal progetto del 5 lire n. 82 ( note : n. 82 Progetto del 5 lire 1906 Stab. Johnson rif. Pagani Prove e Progetti n. 217 che ricorda MOLTO quello da 2 kg raffigurato dal Pedrotti a pag 13 innanzitutto per il contorno sul bordo della moneta, per la data incompleta 19XX e per la rassomiglianza del carattere 5 del valore nell’esergo e per i motivi stilistici ai lati della cifra 5 del valore ), e successivamente perfezionato con i progetti e le prove della lira effettuati nel 1907 e 1908, di cui si dirà appresso,troverà il suo definitivo assestamento nei tipi adottati per le monete d’argento nel 1914. Nella seduta del 23/VI/1908 la Commissione tecnico-artistico monetaria aveva già preso atto che alcune imperfezioni riscontrate nella moneta da 2 lire, che fu la prima di questa serie a essere emessa,erano già stati corretti in occasione della coniazione dei pezzi da 1 lira. Il Calandra accolse le critiche che ancora venivano sollevate, e presentò due nuovi modelli nella seduta del 12/III/1912 ( note : forse tra questi è presente quello riferito al libro del Pedrotti 5 Lire 1911 Quadriga a pag. 10 ???? ) . In essi il ritratto del Re era stato migliorato , e nel rovescio i cavalli erano stati resi più agili, mentre la figura dell’Italia, che prima stava tra il carro e i cavalli , era stata posta sul carro ( note: si vede bene la differenza sopra descritta tra il 5 lire1911 del Pedrotti e le monete da 2 lire Quadriga Briosa ). L’incisore Giorgi chiese che, per necessità tecniche, alcuni piani venissero abbassati ( note: infatti sul modello raffigurato nel Pedrotti, il bordo sembra meno alto ) e altri alzati, e con queste modifiche i coni, dopo la morte del Giorgi (20/VIII/1912 ), furono incisi dal suo successore A. Motti. Nel gennaio del 1913 il Calandra presentò alla zecca i nuovi modelli modificati, e in base a essi il Motti preparò subito i coni. Nel luglio del 1913 venne coniata questa prova ( rif. al 87 ) e fu sottoposta al Calandra, il quale fece notare che la figura dell’Italia era riuscita un po’ svanita nella parte superiore, mentre nel diritto occorreva ancora perfezionare la mandibola del sovrano e il medaglione del Collare dell’Annunziata. Inoltre desidero far notare che sulla moneta del Pedrotti, si vede molto bene la fibbia che cinge la pancia del 1° cavallo, mentre sulle monete del 1914, anche in alta conservazione ( vedere lotto n.601 asta Nomisma 40 coll Vitalini ) si notano delle righe orizzontali sulla parte alta della chiusura. Spero di aver commesso meno errori possibili, e gradita eventuale correzione o aggiunta di notizie inerenti il 5 lire 1914 Quadriga e nell’esporre queste notizie,corredate dei miei commenti, di aver fatto cosa gradita ai Lamonetiani mr_palanca1 punto
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Ciao guarazone, forse non ti sei spiegato bene nel primo post e ho capito male, ma ricordo che nel caso ci si trovi di fronte a ritrovamenti fortuiti di monete antiche e quindi beni archeologici, bisogna denuciare il ritrovamento alla soprintendenza.1 punto
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Questo è il programma delle emissioni austriache per il 2010. Sembra decisamente interessante. Non conosco al momento i prezzi delle varie monete. Austria 2010.pdf Programma Francia 2010 Questa sarà sicuramente una delle più belle monete del 2010:1 punto
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